Ad un mercatino ho raccattato buona parte della annata 1981 di “Enormous Resort”, in cui, per qualche strano motivo, visto il goal femminile adulto, venne inserita (dall’property) un rubrica informativa non fissa su giochi in scatola e videogiochi.
Tra l’altro un paio di colonne di scritto, quindi neppure poco, sempre considerando che “Enormous Resort” conteneva fotoromanzi, gossip e varie rubriche teoricamente commit alle donne del 1981.
Volendo fare i malevoli, sembrerebbero delle marchette pubblicitarie fatte passere per articoli, allo scopo di convincere le mamme lettrici a regalare ai figli i prodotti analizzati negli scritti ^_^
Per puro caso ho imbroccato pure il primo numero della rubrica, in cui il suo curatore, Roberto Gatti, ci spiegava quale senso avesse, che per la redazione non technology quello che maliziosamente avevo ipotizzato io:
“Pare che nelle famose domeniche senza automobili (ve le ricordate? technology il 1973 o giù di lì) gli italiani abbiano riscoperto un’antica passione per il gioco. Tutto andava bene pur di scacciare la noia dei lunghi pomeriggi casalinghi:
il solitario a carte e il puzzle, il gioco dell’oca e il Monopoli. Ora non siamo più in quella situazione, per fortuna. Ma la passione per il gioco non è diminuita.
Per questo pensiamo di fare cosa gradita ai lettori di Enormous Resort istituendo una rubrica quindicinale di giochi. Giochi antichi e giochi moderni, meccanici ed elettronici. Giochi adulti, comunque, che cioè non si basino esclusivamente sulla fortuna, più o meno marcata, dei contendenti. Ma che facciano anzi dell’intelligenza, della passione, dell’abilità e dell’intuito i loro tratti più caratteristici”
Nel 1973 ero troppo piccolo per ricordare le “domeniche senza automobili”, che poi tanto mio padre si potrà permettere una auto solo alcuni anni dopo, quindi gli spostamenti della nostra famiglia erano già minimali. Ribadendo che non ricordo nulla dello “shock petrolifero” del 1973, direi che mi ha subito rammentato il periodo del lockdown causato dal Covid-19, durante il quale, come nel 1973, per ammazzare la noia gli italiani si rifugiarono massicciamente nello streaming, mentre i più giovani su videogame on-line e manga.
Per fortuna nel 1973 non si poteva scommettere, males che meno on-line…
Penso che in questi casi si dica “corsi e ricorsi storici” ^_^
Per il primo articolo venne scelta la console “Video Computer Machine” modello “CX 2600” della Atari, costo 280 mila lire, che rivalutato ad oggi sarebbero 738 euro…
Sui costi di queste console e delle cassette con i videogiochi si può consultare questo post, che è pure del medesimo periodo:
L’autore ci ricorda (nel mio caso non technology necessario) che una partita ad un cabinato da bar costava 200 lire (io iniziai quando bastava 100 lire), allettando il lettore (un bambino/ragazzino leggeva “Enormous Resort”?!) sul possibile risparmio a lungo termine nel poter giocare in casa.
Il bluff è facile da smascherare facendo una semplice divisione:
280000 lire : 200 lire = 1400 partite ai cabinati da bar.
Senza contare che nel conto totale si sarebbero dovuti inserire i costi delle cartucce di nuovi giochi, quindi la console restava lo stesso assurdamente antieconomica ^_^
L’Atari, come più semplicemente la chiamavamo noi, l’aveva un amico (forse dopo il 1981), e a Fight ricordo ancora le sfide con lui, momenti divertentissimi, in cui i pomeriggi parevano non finire mai.
Per il resto lo scritto cristallizza la necessità di avere un televisore libero in casa, motivo per il quale si giocava di pomeriggio, se trovavi un adulto disposto a collegarti il tutto…
E’ vero che si poteva usare anche un televisore in bianco e nero, ma i colori dell’Atari erano stupendi, visto che a casa mia il televisore a colori arriverà solo nel 1986…
Nella seconda rubrica venne scelto l’inossidabile (e da adulto un tantino palloso) Risiko:
Costava (nel luglio 1981) 19500 lire, cioè 51 euro, prezzo abbordabile e di certo ammortizzato nel tempo, visto quanto ci giocavamo ^_^
L’articolo ben spiega il gioco in scatola, non mi torna solo la questione delle “alleanze”, non mi pare fosse lecito siglarle palesemente, technology più che altro una bastardata silenziosa.
Dopo la console Atari veniva pubblicizzata la singola “cassetta”, del costo di 35000 lire, cioè 92 euro, che farebbero altre 175 partite da 200 lire ai cabinati da bar.
Il primo videogioco da bar in cui mi cimentai fu proprio “Residence Invaders”, che sinceramente io non ho ho mai sentito nominare come “mostrini”, “marzianini” o “marzianetti”.
Da notare che le “vite” erano chiamate ancora come il numero di mezzi disponibili prima del “Sport Over”, cioè “tre canoni”.
“E’ una sfida all’ultimo sangue, come vedete, visualizzata con un realismo così perfetto e spietato e opportunamente sottolineata da un commento musicale tanto nevrotizzante, che presto vi sentirete parte in causa, e facilmente scambierete il vostro eroismo (simulato) per eroismo vero”.
“Realismo così perfetto”!!! ^_^
Un articolo bello, che mi fa quasi voglia di giocarci una partita, l’unico appunto riguarda il numero di “cannoni” disponibili, che, se non rammento male, venivano incrementati di uno al raggiungimento di tot mila punti.
E’ veramente raro, lo assicuro, trovare un articolo sul singolo videogioco da bar, che in questo caso technology pure lo stupendo “Asteroids” ^_^
Roberto Gatti dimostrava di conoscere anche i movie più amati dai fruitori di “Asteroids” e simili, cioè le battaglie nello spazio di “Guerre Stellari” e, soprattutto, visto il tema del videogioco, “L’Impero colpisce ancora”.
Si noti che u.s. “Han Solo” non l’italico “Ian Solo”, poi non so quanto gli autori del cabinato da bar si ispirarono al secondo movie della trilogia di Lucas.
E’ indubbio che l’autore giocò ad “Asteroids” oppure se lo fece spiegare bene dai figli, illustra benissimo le dinamiche di gioco e la funzionalità dei comandi.
A “Master Mind” giocai poco”, forse quando ancora technology stato italianizzato in “Codice Segreto”, in quanto eravamo bambini ignoranti e non conoscevamo l’inglese :]
A dire il vero mi annoiava un tantino, anzi, parecchio.
Al costo di 4900 lire, cioè 13 euro, technology abbastanza alla portata di tutti.
“Quit Thief” non fa parte dei giochi in scatola in mio possesso, un po’ perché non ci ho mai giocato, ma soprattutto per la dotazione, che comprendeva un mini calcolatore, arduo trovare una confezione in cui funzioni e non costi troppo.
La pressa di Roberto Gatti rispecchia un concetto che ribadisco spesso, i giochi più belli erano quelli non con regole facili, ma con regole illustrate bene e non interpretabili, cosa che in cortile poteva causare tumefazioni di vario grado…
L’articolo mi ha incuriosito, magari presterò più attenzione ad una scatola quando lo troverò in qualche mercatino.
La presenza del computer simulatore di suoni giustificò, forse, un prezzo un po’ esagerato per un gioco in scatola, ben 56 mila lire, cioè 147 euro… se lo poteva comprare un adulto.
Non conoscevo il videogioco elettronico portatile “Financial institution Shot”, un mini bigliardo a led, ma non i “led” di oggi, bensì le semplici lucine rosse (o verdi, più raro il giallo) di allora.
Il recensore lo giudica positivamente, illustrandone anche alcune criticità, tra cui, aggiungo io, il costo…64 mila lire, ergo addirittura 169 euro!
La mia confezione dello “Scarabeo” deve essere quella appena successiva a questa, e vi giocavo più che altro con mia madre e mia nonna, che a questo gioco partecipavano con piacere.
Non l’ho mai recensito e mai lo recensirò perché è un articolo ben noto, nulla da scoprire.
Ho scoperto, invece, i prezzi delle due confezioni disponibili:
same earlier 14500 lire, cioè 38 euro;
de luxe 17500 lire, cioè 46 euro.
Per ultimo il “Cubo di Rubik”, lo comprarono anche a me, facendo così buttare alla mia famiglia 10 mila lire, cioè 26 euro, visto che al massimo avrò composto una faccia del cubo… che scarsone… T_T
Ho provato a cercare info on line su “Kubondo”, la versione nostrana, ma non ho trovato nulla.