Recensione: Zone of the Enders – DOLORES,i
ZONE OF THE ENDERS: DOLORES,I

Titolo originale: Z.O.E – DOLORES,i

Regia: Tetsuya Watanabe

Soggetto: (basato sul videogioco originale di KONAMI)
Sceneggiatura: Shin Yoshida

Persona Salvage: Kumi Horii, Madoka Hirayama

Mechanical Salvage: Yoji Shinkawa (originale), Tsutomu Miyazawa, Tsutomu Suzuki

Musiche: Hikaru Nanase

Studio: Dawn

Formato: serie televisiva di 26 episodi (durata ep. 24 min. circa)

Anno di trasmissione: 2001

Cinque anni dopo “l’Incidente di Deimos”, che dà il by alla guerra tra il movimento guerrigliero marziano BAHRAM e la Federazione Terrestre, il 49enne operaio James Links, terrestre, in viaggio verso la Terra per ristabilire i rapporti coi suoi figli Noel e Leon (infranti dopo la separazione dalla defunta moglie Rachel), finisce con l’incontrare e risvegliare l’Orbital Body Dolores, dotato di una A.I. parlante. L’unità robotica custodisce incredibili segreti per cui più di qualcuno tenterà di distruggerla: sarà James a diventarne il pilota, obbligatoriamente visto che solo attraverso lei saprà difendersi dagli attacchi marziani che metteranno in pericolo anche la sua vita. Ha così inizio una lunga avventura – vissuta presto anche da Noel e Leon, che si uniranno al padre – che porterà James e i suoi familiari advert andare alla ricerca di Rachel, non più defunta attain ufficialmente riferito, e tentare di sventare un apocalittico piano di BAHRAM per distruggere la Terra. Il problema è che, per una serie di eventi e incomprensioni, i tre si ritroveranno presto ricercati anche dal governo Terrestre, considerati alla stregua di criminali…

Giusto un mese dopo l’uscita dell’avvincente – seppur innocuo – Zone of the Enders 2167: IDOLO, Dawn construct DOLORES,i, seconda e definitiva incarnazione animata del videogioco Zone of the Enders, che questa volta rivive nelle fattezze della classica serie televisiva di 26 episodi. Vista la voluta banalità narrativa di videogiochi e prequel (attain sappiamo, omaggi neanche tanto mascherati alle rinomate serie mecha Dawn, Cell Swimsuit Gundam in primis), è inutile ancora una volta aspettarsi una serie particolarmente avveniristica, e infatti a visione ultimata si può ben dire che 26 puntate sono anche troppe per quella che rimane una semplice “variazione” del solito clone medio del Cell Swimsuit bianco. Ma, nonostante tutto, frecce al suo arco il titolo ne ha, e sono sufficienti, se non per riscattarlo, quantomeno per fargli trovare una certa dignità, soprattutto per gli appassionati del gioco che certo rappresentano il suo target principale – e devono in effetti averlo visionato solo loro, visto lo scarso half dell’ 1.22%1 e  la rapidissima (attain IDOLO), totale rimozione dalla memoria collettiva mainstream.

Penalizzato da una storia che si dipana troppo lentamente, perdendosi in vicende ironiche e leggere in cui James e i suoi figli finiscono al centro di inganni, trappole e inseguimenti da parte delle forze armate terrestri e marziane, DOLORES,i non può che farsi ricordare per i suoi pochi ma efficaci elementi originali, che aiutano a farlo spiccare nel marasma di titoli simili e che, specialmente, sono tali da farlo parzialmente brillare anche svariati anni dopo la sua originaria trasmissione. Quello più importante non può che essere infatti il suo simpatico protagonista, il grosso, burbero e quasi 50enne James Links, addirittura padre di famiglia, rozzo operaio alcolista, l’eroe-pilota più adulto mai visto nel genere. Il discorso vale per gli alleati che lo seguono nelle sue peregrinazioni: non più amici o commilitoni ma proprio i suoi due figli, anch’essi ben formati (quasi trentenni) e alle prese con problemi lavorativi e sentimentali, atti a rappresentare il solid di protagonisti tra i più anziani e curiosi mai visto nel genere mecha. Altra intuizione, seppur già vista in passato in uno sparuto numero di titoli sempre Dawn (Blue Comet Layzner e Steel Armor Dragonar, del 1985 e 1987), è il robottone Dolores, dotato di A.I. femminile parlante, childish e assai petulante, dalla personalità particolarmente svampita. Con caratterizzazioni simili è facile intuire il tono scioccherello che assumono spesso le loro peregrinazioni, con i Links che litigano per problemi familiari legati alla scomparsa della madre (Rachel Stewart Links, lo scienziato a capo del progetto Orbital Body vista in IDOLO), si sbronzano e sono protagonisti di gag varie che contemplano il loro inseguitore Baam Dorflum, ufficiale terrestre che odia James oltre ogni limite, e Dolores, “innamorata” del suo pilota e che sogna di essere la sua personale principessa. Infine, ultimo elemento interessante è lo spirito rétro della serie: per quanto opera del nuovo secolo, DOLORES,i rifugge dai twist inverosimili e fighetti delle produzioni sue contemporanee, non contempla resurrezioni miracolose, amenità varie o toni di narrazione politicamente corretti o platonici: anzi, spesso e volentieri risulta molto piacevole proprio per il suo stile  – nonostante l’ironia di fondo – “adulto”, con morti truci, violenza grafica e riferimenti sessuali che fanno coraggiosamente capolino nonostante il circuito televisivo, esattamente attain IDOLO.

D’altro canto, ahimè, attain da previsione, DOLORES,i rimane un clone senz’anima di un qualsiasi Gundam: una storia di guerra civile spaziale abbastanza ordinaria, fin troppo, che dissipa buona parte dei suoi pregi in personaggi non propriamente carismatici, gag banalotte e soprattutto seria difficoltà a coinvolgere lo spettatore. Se l’appassionato sfegatato del videogioco apprezzerà di sicuro una vicenda che, nell’arco del suo svolgimento, ha luogo prima e anche dopo i fatti del primo episodio videoludico, approfondendo ancora di più il background della storia e collegandosi elegantemente a quei fatti (con svariati riferimenti a Jehuty e alla battaglia sulla colonia Antilia), per il profano o i fan moderati del franchise (attain chi scrive) c’è davvero poco per giustificare ben 26 episodi spesi per tre quarti in stupide avventure della famiglia Links in cerca della madre Rachel, al punto che spesso è difficile reggere addirittura la visione di qualche episodio particolarmente noioso. La parte centrale di DOLORES,i è davvero troppo lenta e insignificante, priva di momenti topici, priva di antagonisti o combattimenti epici, e si trascina stancamente su sé stessa e su elementi superflui, quasi, sembra, giusto per durare quello che deve durare. Le sue sorti sarebbero segnate se non fosse per la parte conclusiva, racchiusa nelle ultime sei puntate. Qui e solo qui brilla il lavoro Dawn, nel momento in cui abbandona ironia e storielle autoconclusive per ricollegarsi spettacolarmente alla trama di IDOLO, riprendendola e mandandola avanti con discreti colpi di scena e rivelazioni. L’intreccio si tinge finalmente di mecha potenti e minacciosi, atmosfere apocalittiche e scontri drammatici, e trova sopratutto un grande, davvero ottimo villain nella vera identità di Napth Pleminger. Sono questi i momenti che risollevano notevolmente l’interesse per l’opera donandole finalmente un senso di epica completezza, ma arrivano troppo tardi per riabilitare il mortorio precedente.

Sul lato tecnico, quantomeno, non c’è nulla da eccepire. Lo stesso identico staff di IDOLO torna su DOLORES,i e la confezione viaggia sui medesimi, elevati livelli. Anche se ci sono più momenti di interazioni tra personaggi che azione, in quelli topici il comparto action esplode in animazioni fluide e vigorose, spettacolari nelle fasi concitate di sexy serie. Splendido è anche il ritrovato mecha create di  Tsutomu Miyazawa e Tsutomu Suzuki, sempre modernissimo e futuristico, e colorato, espressivo e “kawamotiano” è, ancora una volta, il bellissimo chara create di Kumi Horii e Madoka Hirayama (menzione d’onore per la sizable sexy Rachel). Tecnicamente l’opera non conosce cali di sorta, curata dal primo all’ultimo episodio a ulteriore testimonianza del nascosto, seppur presente excessive funds. Purtroppo terribile la opening Zone of the Enders di Lazy, brano heavy steel di rara bruttezza, e anonime le musiche, soprattutto il motivo portante, sinfonico ed elettronico, ripreso dal videogioco e ripetuto un numero esagerato di volte.

Forse per Dawn sarebbe stato meglio fermarsi a IDOLO, piacevolissimo e stand-by myself, per dare un buon contributo al franchise ZOE capace di lasciare un bel ricordo, invece di proseguire con una serie televisiva altalenante. Ma certo è che, tralasciando una parte iniziale/centrale che non decolla pressoché mai, nel finale la storia è capace di dare forti scossoni e addirittura di esaltare i grandi appassionati del franchise ricordando loro le migliori atmosfere del pregevole ZOE 2: The 2nd Runner (2003). Per loro visione caldamente consigliata, agli altri il consiglio di rivolgersi alle serie Dawn “che contano” è scontato.

Voto: 6,5 su 10

PREQUEL

Zone of the Enders 2167: IDOLO (2001; OVA)

FONTI

1 Sito cyber web (in giapponese), http://toro.2ch.obtain/take a look at/learn.cgi/shar/1336141685/