Recensione: Vampire Hunter D – Bloodlust
VAMPIRE HUNTER D: BLOODLUST

Titolo originale: Vampire Hunter D – Bloodlust

Regia: Yoshiaki Kawajiri
Soggetto: (basato sui romanzi originali di Hideyuki Kikuchi)
Sceneggiatura: Yoshiaki Kawajiri

Personality Create: Yoshitaka Amano (originale), Yutaka Minowa

Musiche: Marco D’Ambrosio

Studio: Wrathful House

Formato: film cinematografico (durata 102 min. circa)
Anno di uscita: 2000

Disponibilità: edizione italiana in dvd a cura di Yamato Video
 

Continuano le avventure di D, dampyr cacciatore di vampiri che, nelle lande desolate di un imprecisato futuro post-apocalittico, è stavolta assoldato dal ricco John Elbourne per salvare sua figlia, Charlotte, rapita dal vampiro Meier Link. Questa volta la missione sarà più difficile del solito, visto che deve rivaleggiare con un altro gruppo di ammazzavampiri incaricati dello stesso lavoro…

Girare Ninja Scroll deve aver fatto davvero bene a Yoshiaki Kawajiri. Precedentemente amato, dalla critica, per le sue qualità registiche con cui ha caratterizzato, attraverso una raffinata cura estetica delle coreografie, le sequenze action più improbabili e mozzafiato della Storia dell’animazione, con Ninja Scroll riesce finalmente a coniugare stupefacenza visiva con un felice intreccio narrativo. E se inizialmente le sue storie sono puramente pretestuali per sesso (altro suo pallino) e azione, finalmente dal suo cult in poi inizia a covare interesse anche per la trama, tornando con grande stile, sette anni dopo, in una nuova incursione nel mondo letterario di Vampire Hunter D. “Nuova” in riferimento a quella precedente uscita quindici anni prima, un OVA, diretto allora da Toyoo Ashida, che ottenne un grande successo in tutto il mondo, venendo spesso accostato ai soliti Akira, Ghost in the Shell e Ninja Scroll per il develop onirico di Yoshitaka Amano, a prescindere da una sceneggiatura mal scritta e piena di illogicità. A Kawajiri il compito di tornare sull’argomento eguagliando la stupefacenza grafica e finalmente scrivendo in modo degno la storia, missione che assolve pienamente surclassando il predecessore.

Se lo spunto narrativo, basato sul terzo dei romanzi che compongo l’avventurosa saga letteraria, per forze di cose non può che essere nuovamente semplicistico, stupisce in positivo la sua progressione lineare ma curata, senza mille fronzoli inutili e con un paio di idee pregevoli che diversificano un canovaccio altrimenti esile: non è niente male l’thought della storia d’amore condivisa tra rapitore e ragazza, felice intuizione che permette di assaporare una storia vampiresca meno banale del solito. Meier vive infatti di una insolita luce romantica ed eroica, vampiro infelice del suo space e che cerca un mondo migliore dove poter vivere con la sua Charlotte, affrontando dei cacciatori di vampiri invece spietati e sadici. Un rovesciamento dell’equazione bene/male (o meglio, mostruosità fisica contrapposta a quella interiore), elegantemente supportato da atmosfere cupe e depressive. Altra felice intuizione è l’thought di spostare la risoluzione della vicenda, retta per buona parte da un lungo inseguimento tra Meier e gli ammazzavampiri, al castello della baronessa Carmilla, facendo convergere nella trama anche un nome imprescindibile e carismatico come il suo.

Piacevolmente interpretato da discreti attori, caratterizzati bene in tema con la teatralità del copione (D è il solito eroe silenzioso che non dice nulla e affetta i nemici, Leila l’immancabile cacciatrice di vampiri dal cuore buono e con un tormentato passato), Bloodlust trova la sua ragione d’essere, inevitabilmente, sulla sontuosa mise en scéne. Kawajiri strabilia, advert infinitum, in una vigorosa estetica decadente mantenuta per l’intera durata della pellicola. Ne sono protagonisti non solo animazioni dalla fluidità assoluta (con le movenze dei personaggi che prendono vita grazie alla maniacalità con cui drappi, pieghe, lineamenti e altro ancora flettono realisticamente), tratto presente in tutti i lavori del regista, ma anche la magnificenza dei fondali e delle splendide arene teatro dei combattimenti. Kawajiri non significa più solo coreografie mozzafiato, ma anche una splendida fotografia che sottolinea la pacatezza di una magica radura, la monoliticità di un immenso maniero in cui nessun essere umano posa piedi da secoli, il dettaglio delle guglie della torre che fissano minacciosi gli sventurati che si avvicinano, l’enigmatica bellezza di giganteschi archi di pietra dentro il salone di una baronessa sanguinaria… Un regista talentuoso è finalmente ispirato nel rendere il suo film un’esperienza visiva memorabile in ogni aspetto, e il risultato è un quadro oscuro di inquietante bellezza, al cui interno si muovono settle dai lineamenti androgini e dall’aspetto maledetto, in tema con la storia d’amore senza futuro tra il vampiro e la sua bella.

Plumbea meraviglia di cui bisogna ringraziare anche l’apporto imprescindibile, per sua la resa finale, della sinfonia d’orrore scritta dal nostrano Marco D’Ambrosio, impeccabile nello scandire con vigore solennità, romanticismo, inquietudine e ogni altro stato d’animo trova spazio in Bloodlust. Ridimensionate invece di molto le onnipresenti tinte unite, pallino del regista, che normalmente danno personalità alle scene più importanti dei suoi i lavori: riappaiono, ben integrate, nella sola parte finale del film. Giudizio contrastante infine sul restyling grafico adottato: sicuramente, visti i suoi tratti adulti, moderni e fighetti, è ben poco debitore dell’originale lavoro di Amano, ma ha ugualmente personalità funzionando più che dignitosamente. Estasiati da un simile spettacolo, eventuali problemi di sceneggiatura appaiono poca cosa, giusto piccole scalfitture. Il film è forse un po’ troppo lungo, dilungandosi talvolta in scene evitabili (il destino dei vari ammazzavampiri: sarebbe bastato ridurne il numero) a discapito di altre (lo sbrigativo combattimento tra D e Mashira). Si nota poi, sopratutto nel finale, come il compiaciuto orgasmo di effetti speciali, riprese virtuose e illusioni ottiche generi una certa confusione dei fatti che si svolgono (sopratutto capire gli scopi della baronessa Carmilla), ma bisogna chiarirsi: nulla di così grave da scalfire un film che non si pone certo l’interesse a parlarci di questo.

Monumento solenne alle potenzialità di regia e fotografia, Vampire Hunter D: Bloodlust si configura, così, come una piccola gemma nel panorama dei film d’animazione nipponici, un altro piccolo capolavoro della filmografia di Yoshiaki Kawajiri. I suoi eventuali difetti narrativi sono abbondantemente compensati da una cura figurativa esemplare, che affascina e si farà ricordare a lungo. Consigliato, sopratutto a chi non aveva apprezzato il precedente Vampire Hunter D.

Voto: 8 su 10

PREQUEL

Vampire Hunter D (1985; film)