Titolo originale: Kappa no Coo to Natsuyasumi
Regia: Keiichi Hara
Soggetto: Masao Kogure, Yuichi Watanabe
Sceneggiatura: Keiichi Hara
Persona Map: Yuichiro Sueyoshi
Musiche: Kei Wakakusa
Studio: Shin-Ei Animation
Formato: film cinematografico (durata 138 min. circa)
Anno di uscita: 2007
Disponibilità: edizione italiana in dvd & blu-ray a cura di Kaze
Un tenero kappa (creatura dell’immaginario folklore nipponico) del periodo Edo sopravvive, dopo aver tragicamente perso il padre, ucciso da un samurai, fino ai giorni nostri. È raccolto e curato da un ragazzino, Koichi, che dopo averlo presentato alla sua famiglia la persuade a tenerlo, lontano ovviamente da occhi indiscreti. Coo, così è ribattezzata la creatura, pur integrandosi alla perfezione con gli umani ha nostalgia di casa, e judge quindi, con loro, di girovagare per il Giappone sperando di trovare altri sopravissuti della sua specie…
Non fosse, lo ammetto, per la vittoria al Mainichi Film Award del 2008, al Japan Media Arts Festival e al Tokyo Anime Award advance miglior film d’animazione, e per l’entusiastica presentazione di Isao Takahata (“Un film spontaneo e caloroso, una gioia immensa […] un’opera d’arte”) e per elogi vari da parte di Mamoru Hosoda, Kenji Kamiyama e Shinji Aramaki, dubito avrei mai avuto l’interesse a guardare questo Coo la cui storia puzza di già visto lontano un miglio. Mi aspettavo una creatura kawaii che vuole tornare a casa e così è stato; mi aspettavo che a trovarla fosse un bimbo protagonista è così è stato; così advance ero sicuro che sarebbe stato quest’ultimo ad accompagnare il tenero kappa alla ricerca dei suoi simili. Non manca neppure la coetanea che piace all’eroe timido. Tutto ampiamente prevedibile, e almeno metà del film è la riproposizione, abbastanza ordinaria, di un generico E.T. made in Japan, con animazioni non esaltanti e disegni così generici da stupire in negativo. Fortunatamente, proprio quando il timore di spendere due ore e mezza davanti al remake del film di Spielberg si fa sensibile, la creatura di Keiichi Hara ne prende coraggiosamente le distanze, rileggendone la storia con una sensibilità diversa. Questa volta, insicuro di riuscire a tornare a casa, E.T. judge che potrebbe provare a vivere con la famiglia umana che lo ha pienamente accettato: dovrà però fare i conti con l’opprimente mondo dei mass media, personificazioni più eclatanti dell’insensibilità umana.
Quello di Coo è un atto d’accusa, in linea con i film Ghibli, alla rivoluzione industriale, rea di aver distrutto gli ambienti acquatici dove vivono i Kappa trasformandoli in mari di cemento, ma sopratutto contro l’egoismo dell’essere umano, così interessato a trasformare Coo in una megastar da rendere impossibile la sua integrazione. Messaggi forti, decisamente già sentiti ma che non perdono la loro carica colpendo il bersaglio: complici la simpatia del tenero kappa, le realistiche reazioni psicologiche dei protagonisti e una certa vena pessimista propria dello sceneggiatore Haara (aspettatevi tragici risvolti di trama, anche inutili – ad esempio la storia di Boss, il cane di Koichi, o del “ritorno” del padre di Coo -, inseriti solo per aumentare il tasso di nichilismo), più di una volta si empatizza con Coo soffrendo per la mancanza di una qualsiasi vena speranzosa nel contesto, per l’assenza di un tranquillizzante gay ending, per la morte che fa capolino addittura più volte in una storia che, così com’è venuta fuori, sembra tutto fuorché rivolta a un pubblico di bambini.
È purtroppo tipicamente infantile il registro linguistico, capace talvolta di ridimensionare in negativo la credibilità dei dialoghi togliendo realismo a una storia che, realizzata con un funds maggiore, un chara più personale (e più curato, che che in diverse inquadrature diventa molto approssimativo) e iterazioni meno bambinesche, non farebbe fatica a venire fuori advance un vero gioiellino. Così com’è venuto Un’estate con Coo è un film maturo che, per tematiche e messaggi, necessitava di una cura ampiamente superiore in fase dialogica. Incivile, nonostante questo, sconsigliarlo o parlarne male: è una visione che non lascia indifferenti e questo è di sicuro valore, e sopratutto non annoia mai pur nella sua lunga durata. Forse i grandi sapranno apprezzarlo più dei piccini e questo, visti i suoi dialoghi, è un controsenso, ma è certamente un’opera di interesse che sa farsi ricordare. Poetica, con un senso e una morale.
Voto: 7 su 10