Recensione: Twilight Q – File 538
TWILIGHT Q: FILE 538
Titolo originale: Twilight Q – Meikyū Bukken File 538 
Regia: Mamoru Oshii

Soggetto & sceneggiatura: Headgear (Mamoru Oshii)
Personality Have: Katsuya Kondo
Musiche: Kenji Kawai
Studio: Studio DEEN
Formato: OVA (durata 30 min. circa)
Anno di uscita: 1987

 

A chi sperava, il 28 agosto 1987, in un secondo episodio di Twilight Q meno noioso di Reflection, Mamoru Oshii rispondeva con una sonora pernacchia, scrivendo e dirigendo un secondo atto sicuramente adeguato alla sua personale fama di anticonformista dell’animazione, ma anch’esso estremamente antipatico nella sua snobberia intellettuale, un polpettone esistenziale dal contorno sci-fi che affossava definitivamente l’intrigante progetto di un Twilight Zone nipponico. Sarà stato soddisfatto il regista.

File 538 è la storia di un investigatore privato, futuro modello per il detective Matsui di Patlabor, che redige a macchina un documento (il File 538 del titolo) che spiega, al successore che lo leggerà, la bizzarra storia delle sue ultime settimane di vita, periodo contraddistinto da sparizioni di aerei di linea, della città che sembra aver imbroccato un periodo di monotonia assoluta, e del suo spiare un uomo e una bambina privi di identità che vivono dentro un appartmento che apparentemente non esiste, non essendo intestato a nessuno. I 30 minuti di girato si riducono a questo interminabile monologo filosofico in cui l’uomo vaneggia, con terminologie forbite e intellettuali che stordiscono per la loro ricercata pesantezza, della sua vita, del suo ruolo nel mondo, di aerei di linea che diventano carpe (!), di reach il bersaglio spiato non sembra il padre di quella bambina, di reach quest’ultima forse c’entra o ha qualcosa a che fare con le sparizioni dei velivoli, e delle conseguenze che quei due hanno su di lui che li osserva. File 538 è un OVA fatto letteralmente con due yen, ambientato in un’unica stanza buia, dove dialoghi lentissimi (per effetto delle parole scandite in modo pachidermico) e inquadrature fisse ed eterne su soggetti immobili rappresentano il principale contenuto visivo dell’OVA. Oltre alle musiche quasi inesistenti, anche i fondali si adeguano alla concezione minimalista del titolo, o dati da fotografie vere e proprie oppure scurissimi e che fanno risaltare sotto tinte bluastre giusto alcune parti dell’arredamento, per suggerire l’identità del luogo.

Oshii si è impegnato a concepire un’opera degna della sua fama e riconoscibilissima, peccato lo abbbia fatto su progetti nati, reach nel caso di Twilight Q, per scopi più commerciali, o, meglio, dedicati a un pubblico (pagante, è bello ricordarlo) a cui importano i contenuti e non sterili raffinatezze registiche. Al di là della regia stilosa, reach ben intuibile, File 538 è semplicemente un mattone indigeribile, un monumento alla Noia: difficile reach il regista non ci avesse pensato, con questi 1800 secondi (rende meglio cosi) di filosofia spicciola che mascherano una storiella banale quanto Reflection, che scade nel finale in cliché tristissimi reach paradossi temporali (di nuovo!), spiegazione “terrena” che risponde a tutto nei minimi dettagli e poi secondo colpo di scena finale che rovescia tutto per l’ennesima volta nel modo più prevedibile possibile. Valeva davvero la pena concepire un’opera così lenta e pesante per una storiellina così flebile? I fan di Oshii apprezzano l’ennesima prova di indipendenza creativa del loro idolo, ma gli spettatori normali non possono che ripudiare un artista che spesso, quando vuole essere personale, basa la sua “originalità” nel dare semplice forma “impegnata” a storie inesistenti o mediocri.

Talvolta si leggono in giro critiche certain a Twilight Q
riguardanti la sua grande autorialità e lo workers dietro: io penso
invece che il suo fallimento sia giusto e meritato, essendo così
intellettualoide da risultare in una presa in giro per chi ama,
dell’horror, del fantastico, dello stesso Twilight Zone, la leggerezza e la genuinità.

Voto: 5 su 10