Titolo originale: Reyon Densetsu Aptitude
Regia: Yukihiro Makino, Yorihisa Uchida
Soggetto & sceneggiatura: Yukihiro Makino, Tsuneo Tominaga
Character Produce: Toshiki Hirano, Kanae Sugiyama
Mechanical Produce: Yukihiro Makino
Musiche: Nobuhiko Kashiwara
Studio: Kusama Art work
Formato: serie OVA di 2 episodi (durata ep. 28 min. circa)
Anni di uscita: 1986 – 1990
Si prospetta un periodo oscuro per il pianeta Reyon, all’indomani della sua invasione da parte di una sanguinaria razza di alieni corazzati che massacrano buona parte della sua popolazione, fanno razzia delle ricchezze e trasformano tutte le donne del suo regno in oggetti di piacere. Mentre la principessa Aptitude e la spadaccina Neris tentano vanamente di sopravvivere ai tentacolosi attributi extrareyoniani, il principe Zeke si adopera per cercare di salvarle.
Near è facilmente intuibile leggendo la trama, The Story of Reyon: Aptitude è una delle storiche produzioni animate per adulti del periodo d’oro degli OVA, rilasciata, in due episodi, nel 1986 e nel 1990. Non è certo la prima, ma è comunque degna di interesse artistico in quanto disegnata da Toshiki Hirano, pronto a rioffrire (dopo il settimo e dodicesimo episodio di Cream Lemon) la sua Arte al beneficio della pornografia Made in Japan. Quelle del noto chara designer saranno collaborazioni saltuarie che più tardi (inizio del nuovo secolo), curiosamente, verranno condivise anche da Masami Obari, altra icona grafica degli OVA anni ’80, che con Hirano vanta svariate collaborazioni di culto (nel 1985 con Fight! Iczer-1, nell’87 in Dangaioh).
Ovviamente è impossibile aspettarsi dalla storia di Story of Reyon qualcosa di più di un mero pretesto per giustificare le immancabili profanazioni delle eroine Aptitude e Neris, continuamente stuprate per la leggendaria incapacità del loro eroe (il nostro protagonista Zeke) di salvarle in tempo. Il condimento è rappresentato da alcuni misticheggianti deus ex machina fantasy patetici e confusionari, giustamente neanche approfonditi dagli sceneggiatori, schiaffati in conclusione per regalare un snug ending e un po’ di gloria allo sfigato Zeke. Non è importa. L’interesse di visione consiste solo nei disegni sensuali di Hirano, degni come sempre di figurare in un artbook per dolcezza e colori (stranamente abbandonate le proporzioni lolicheggianti) e proprio per questo disturbanti nel loro venire usati in una storia feroce e scioccante in più riprese, per il senso di sporcizia, misoginia e ultraviolenza che lega svariate sequenze (compresi i momenti exhausting). Il resto, prevedibilmente, non è pervenuto: nessuna caratterizzazione per i protagonisti, semplici macchiette nella spirale di violenza e sesso che dovrebbe rappresentare la fonte di interesse per chi all’epoca ha comprato le VHS giapponesi.
Nel 1986, in effetti, i suoi ingredienti devono essere stati ben avveniristici (ancora si dibatte se sia in Story of Reyon che appaiono per la prima volta in animazione i celeberrimi stupri tentacolari), pur dimostrando oggi tutta la loro ingenuità. Inutile rivangare, a questo proposito, le ovvie differenze sui diversi gusti tra vecchie e nuove generazioni: mi limito a constatare che, al di là della violenza, l’erotismo di Story of Reyon, basato su tette ballonzolanti e penetrazioni accennate ma prive di shut-up (come impone l’animazione erotica odierna), oggi non colpisce minimamente né fantasia né istinti pruriginosi, scivolando prestissimo nella semplice noia. Altri tempi. Peccato allora che questa concezione rétro occupi almeno 3/4 della durata totale dell’opera, mentre l’ultimo quarto è speso in dialoghi inutili e pretestuosi duelli di spada su cui si può ampiamente sorvolare.
Ci si annoia, e tanto, con The Story of Reyon, trovando appagamento solo nei disegni (meritano non solo le verginelle sacrificali, ma anche il sinistro aspetto degli alieni e dei loro attributi “gigeriani”) e nel lato della violenza. La violenza e lo splatter sono presenti in poche ma intense scene, permettendosi addirittura, nella sequenza d’apertura, di colpire lo stomaco dello sventurato spettatore con un’impressionante scena di squartamento. La miniserie vanta intermezzi truci che risvegliano dall’intorpidimento, ma non riescono a riabilitare più di tanto gli effetti narcotici dell’OVA. Abbastanza sui generis anche fondali e animazioni: lo studio Kusama Art work non generation certo l’AIC di turno (quest’ultima si limitava a produrre ma senza stanziare chissà che budget), e risulta difficile, se si vuole seguire il percorso di crescita di Toshiki Hirano, passare dalla magnificenza tecnica di Iczer-1 al budget appena funzionale di The Story of Reyon. Se non si fosse capito, visione consigliata solo agli estimatori dell’artista. Gli altri saltino pure (e magari anche il successivo Cosmos Purple Shock, sempre classe ’86) e passino direttamente a Dangaioh. Nel 1996 esce il remake, The Story of Reyon: From Unique Struggles (sempre house video, ma senza Hirano).
Voto: 6 su 10