Recensione: Slam Dunk
SLAM DUNK

Titolo originale: Slam Dunk
Regia: Nobutaka Nishizawa
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Takehiko Inoue)
Sceneggiatura: Nobuaki Kishima, Yoshiyuki Suga
Personality Make: Masaki Sato
Musiche: Takanobu Masuda (ep. 1-61), BMF (ep. 62-101)
Studio: Toei Animation
Formato: serie televisiva di 101 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anni di trasmissione: 1993 – 1996

Teppistello e testa calda del liceo Shohoku, la matricola Hanamichi Sakuragi sentimentalmente è proprio sfortunata: è stato finora impietosamente rifiutato da ben 50 ragazze, un list assoluto. Arriva finalmente il giorno della riscossa, all’indomani dell’inizio della sua cotta per la dolce Haruko Akagi, sua coetanea: per a ways colpo su di lei si iscrive al club di basket della scuola, sport di cui lei è innamorata e che lui personalmente detesta. Pur tra mille difficoltà, tra cui i problemi a emergere in un crew che contempla talentuosissimi rivali e un gorillesco e excessive capitano della squadra anche fratello della ragazza, Sakuragi inizia a sviluppare quella che, si vedrà, si rivelerà un grande potenziale. Con lui, Akagi e altri nuovi giocatori dal potenziale smisurato, lo Shohoku potrà addirittura mirare al campionato nazionale…

Attain Captain Tsubasa negli anni ’80, anche il manga Slam Dunk dei ’90 riveste un’importanza storica a dir poco fondamentale nell’ambito dei fumetti sportivi. Si può addirittura ben dire che il capolavoro di Takehiko Inoue sia stato, rispetto a quello di Yoichi Takahashi, un qualcosa di ancora più incredibile, un campione di primati su cui pochi avrebbero potuto mai scommettere visto l’argomento: con i suoi “soli” (non una cifra spropositata per un easiest-vendor di yarn caratura) 31 volumi totali, serializzati tra il 1990 e il 1996, a oggi è ancora il quinto manga di Weekly Shounen Jump più venduto di tutti i tempi con ben 120 milioni di copie1; grazie a esso e ai suoi introiti, Inoue, nel biennio 1994/95, è stato il secondo mangaka più pagato di tutto il Giappone (quasi un miliardo di yen)2; infine, l’opera ha avuto, grazie anche alla trasposizione animata Toei Animation dagli alti indici di ascolto (15%3) e all’imponentissimo merchandising Bandai, un’influenza enorme sulle società non solo giapponesi, ma addirittura asiatiche4(!), testimoniata dall’enorme numero di campi da pallacanestro sorti in quel periodo in Giappone, Taiwan, Cina, Corea, Thailandia e Filippine. Il basket ha sostituito, nel cuore di centinaia di milioni di asiatici, il calcio e il baseball5. Davvero inconcepibile come un fumetto sportivo, oltretutto basato su un approccio reale alla rappresentazione dello sport praticato (in contrapposizione con quello “fantasticheggiante” e più facilmente vendibile dei classici spokon alla Captain Tsubasa), sia riuscito a tanto. Il segreto dei suoi list? Semplicemente, Slam Dunk è una serie avvincente da morire, da leggere, rileggere e rileggere periodicamente ogni dieci anni per riassaporare tutte le emozioni che non smette mai di replicare: ha il grande merito di inscenare un affresco perfetto di personaggi splendidamente caratterizzati alle prese con trascinanti partite e vita privata, gag fulminanti (con largo uso del Huge Deformed per rappresentare gli stati d’animo degli attori) che piegano dalle risate e un disegno realisticissimo e dettagliato corroborato da una regia delle tavole spettacolare, che trasmette con genuinità l’amore dell’autore per la disciplina, coltivato fin dalla gioventù6.

Se è davvero possibile trovare un solo difetto nel fumetto, direi che, paradossalmente, l’unico suo problema è proprio la verosimiglianza estrema: per narrare e disegnare ogni azione, ogni salto e canestro, o anche solo gli sguardi o gli stati d’animo dei giocatori, finisce con l’impiegare dai 4 ai 6 tankobon per ogni match (!), ed è quasi sicuramente per quest’enormità di spazio utilizzata per ogni partita che poi la storia si arena, probabilmente per assenza di forze dell’autore, nel momento cruciale dell’immancabile torneo nazionale, chiudendosi di punto in bianco dopo un incontro bellissimo (ma davvero, davvero interminabile) che non è neanche la finale. Inoue dirà negli anni che fin dall’inizio voleva che quello fosse l’incontro conclusivo e che non aveva comunque intenzione di mostrarne altri7, ma è difficile prenderlo sul serio visto l’accantonamento di numerosi rivali annunciati precedentemente in  pompa magna e mai più ripresi. Questo, tuttavia, è un neo che non tocca l’adattamento animato Toei preso in esame: il torneo nazionale chiuso in fretta e
furia neanche interessa allo studio, che anticipa l’autore terminando
la serie ancora prima del suo stesso inizio, a circa 2/3 del fumetto, per questioni che non saranno mai ufficialmente chiarite (tra le tante ipotesi si ipotizzano la morte di uno dei registi degli episodi, sopraggiunti problemi di natura contrattuale tra Toei e Shueisha, o la ben più “comune” diminuzione di part o di vendite di oggettistica a tema, ma se tutt’ora vige il mistero, probabilmente alla stunning non lo sapremo mai). Proprio una genialata, contando
che i dieci episodi finali inscenano l’estenuante allenamento degli eroi in
vista del grande evento.

Per yarn motivo chi scrive è costretto a ricorrere alla classica
valutazione mediocre, punitiva e soprattutto politica, utilizzata per
anime che, anche se bellissimi lungo tutto il corso della loro durata,
trovando una cancellazione improvvisa che manda al macero lo sviluppo
della storia rendono nel complesso futile la visione, e per me è davvero
un  peccato farlo dal momento che, fosse arrivato fino in fondo, anche
lo Slam Dunk animato, pur con i suoi immancabili problemi legati
al classico low budget Toei, non avrebbe faticato a imporsi come come
opera fondamentale del genere sportivo.

Slam Dunk anime segue fedelmente – e aggiungendo ben poco – l’opera di riferimento, presentando lo stesso carico di freschezza ed emozioni e catturando l’interesse fin da subito con humor, grandi match e grandi caratterizzazioni. Attain nell’originale, il protagonista Hanamichi è davvero un bel tipo, una canaglia boriosa, excessive e piena di sé, infantile ma che mette il cuore nello sport dopo averlo finalmente iniziato advert amare, diventando presto elemento indispensabile nel crew, e tutti i personaggi che gli ruotano attorno godono dello stesso spessore: i suoi divertenti amici attaccabrighe; Haruko, che lo prende in simpatia ma è innamorata persa dell’asso della squadra Kaede Rukawa; quest’ultimo, belloccio silenzioso e vincente con cui Sakuragi viene sempre a mani e parolacce; e altri come il capitano-gorilla che incute timore a tutti, il simpaticissimo playmaker Ryota Miyagi legato a strong level affinità advert Hanamichi perché anche lui entrato in squadra per fare colpo sulla ragazza di cui è innamorato, and tons others., tutti caratterizzati da atteggiamenti, personalità e tormentoni che li rendono irresistibili (giusto fare notare che questo pregio riguarda pressoché i componenti di tutte le squadre prese in esame, non solo quella dello Shohoku). Abbiamo un indimenticabile solid, che nell’ottica delle classiche partite di qualificazione per il torneo – focal level della storia e dei momenti di allenamento nella vita privata – offre il meglio di sé, esaltando le scene quotidiane e di formazione (si parla anche di progetti per il futuro, ispirazioni, disagio giovanile) e caratterizzando con energia le partite; partite che, pur non rinunciando a numerosi tocchi di humor, sono sempre combattute fino alla morte e dagli esiti non sempre prevedibili, “interpretate” da sudatissimi colossi (stanchezza, spossatezza e infortuni mai fisicamente così ben resi) che si contendono il risultato canestro dopo canestro, in epiche battaglie in cui sono assai frequenti ribaltamenti di posizione, preziosi segmenti di tempo guidati dagli assi/leader della squadra che bombardano il canestro avversario senza pietà (fino a sfinirsi) scaldando gli animi del pubblico e dei compagni, virili duelli tra singoli divisi da strong level rivalità, rimonte incredibili e ogni genere di colpo di scena possa giustamente caratterizzare la spettacolarità dello sport senza comunque uscire dal seminato con assurdità “tsubasiane” – si può ben dire che l’unico elemento davvero “impossibile” della storia è il presupposto dei ragazzi delle superiori altissimi che giocano come consumati campioni dell’NBA, una licenza poetica a mio parere obbligatoria per raccontare l’amore per la pallacanestro mostrando lo sport all’apice delle potenzialità.

Grande elemento di discontinuità rispetto ai classici spokon che parlano di sport di squadra è anche il fatto che nei match di Slam Dunk ognuno dei cinque giocatori gode di uno spazio e di una importanza assoluti. Non abbiamo uno o due corpulent-assi che risolvono da soli la partita con gli altri adibiti a fare da “sfondo”: ognuno di essi è pienamente centrale e dallo screentime elevato, e la cosa comunica il fortissimo senso di affiatamento, cameratismo e impegno collettivo che richiede lo sport. Addirittura incredibile la fondamentale funzione  dei coach: non si limitano a dare consigli pateticamente ovvi e risibili come da classico fumetto sportivo (ovviamente penso a Captain Tsubasa, “paradigma” del genere), ma in quest’opera sono fondamentali, con le loro strategie di gioco o anche intuizioni del momento, a elaborare quegli schemi che i giocatori eseguiranno meticolosamente, creando da soli i presupposti per le vittorie o sconfitte della loro squadre.

Grandi protagoniste sono anche le tracce musicali, uno dei migliori punti di forza della trasposizione. La colonna sonora contempla numerosi motivetti trascinatori dalle sonorità molto giovanili, perfetti nella resa epica di appassionanti partite liceali; musiche ispirate e coinvolgenti che sopperiscono al solito budget dimenticabile di Toei, espresso da rallenty esasperati delle parabole dei tiri, spettatori del pubblico che spezzettano continuamente l’azione con commenti ovvi, i canestri e le azioni più belle raffigurati mediante semplici illustrazioni e animazioni di corse, placcaggi e palleggi riciclatissime e tirate all’eccesso per raggiungere i fatidici 24 minuti di episodio. Almeno è replicato alla perfezione il dettagliatissimo chara stamp originale, semplicemente splendido (ovvio che animare bene una simile qualità estetica sarebbe costato uno sproposito di soldi, per questo si è preferito lo statico sfarzo visivo all’animazione fatta bene), cosa che, insieme alla soundtrack, alle avvincenti sigle di apertura/chiusura, al carisma di storia e personaggi e al ritmo eccellente, rende Slam Dunk anche in TV una droga da assumere a larghe dosi come le migliori produzioni; mai, neanche una sola volta noioso.

Tuttavia, di una serie monca che, per colpa del non finale, ci fa perdere sviluppi suggeriti che non vedranno mai la luce, non ce ne facciamo nulla. Utile solo a chi la prenderà come un gustoso “antipasto” che possa invogliare al recupero del manga (24 volumi, nell’ultima edizione italiana a cura della defunta d/visual), la serie televisiva Toei può solo fare ammenda per aver tirato così a lungo (con tanto di svariati Particular televisivi creati per l’occasione, inediti nel fumetto) un adattamento che poi si chiude tronco, rivelandosi, dopo ben 101 episodi, un’irritante presa in giro e sciupando tutto il suo enorme, indimenticabile e rimpiantissimo potenziale. Un negativo “bis” del regista Nobutaka Nishizawa, un anno dopo la chiusura altrettanto improvvisa di Dragon Quest: La grande avventura di Dai. Sarà mica lui a portare sfortuna?

Trasmesso in Italia nel 2000 sulla rete MTV, doppiato da Yamato Video, la serie trova un adattamento inaccettabile, che paradossalmente, invece di infantilizzare (come spesso accadeva) la produzione, opera il contrario cercando dialoghi molto giovanili e sboccati. Anche se la recitazione è davvero impeccabile (ma non mancano svariati cambi di voci in corso di trasmissione), così come la distribuzione delle voci, i dialoghi sono talmente alterati da rendere il tutto inaccettabile. Secondo l’immaginazione del committente, infatti, “giovanile” è sinonimo di linguaggio sboccato e di parolacce e così infatti si esprimono i personaggi, a furia di insulti pesanti (“mezzasega”, “zoccolette”, “coglione”, “va a cagare”) e ogni altro genere di turpiloquio che stanca e imbarazza, il tutto condito anche da regionalismi italiani messi per fare ridere chissà in ragione di cosa. La cosa è deplorevole e da condannare senza se e senza ma, ovviamente perché in origine non c’è nulla di tutto questo. L’inopportuno cambio di registro linguistico è purtroppo mantenuto anche nei DVD, come spesso accade sprovvisti di sottotitoli fedeli. Per finire, anche la qualità stessa della traduzione generale è spesso mediocre, e la cosa si somma con pronunce sbagliate dei nomi e dialoghi/pensieri inseriti (purtroppo una routine, per quello che riguarda gli anime doppiati in italiano) nei momenti di silenzio. Non posso che sconsigliare in definitiva l’acquisto dell’edizione italiana della serie.

Voto: 5,5 su 10

SIDE-STORY
Slam Dunk (1994; Particular TV)
Slam Dunk: Triumph over the Nation, Hanamichi Sakuragi! (1994; Particular TV)
Slam Dunk: Shohoku’s Biggest Field! Burning Hanamichi Sakuragi (1995, Particular TV)
Slam Dunk: Howling Basketman Spirit!! Hanamichi and Rukawa’s Hot Summer (1995; Particular TV)

FONTI

1 Sito web (giapponese), “Mangazenkan”, http://www.mangazenkan.com/ranking/books-circulation.html

2 Kappa Journal n. forty eight, Star Comics, 1996, pag. 1

3 Attain sopra, a pag. 2

4 Quantity 1 di “Slam Dunk”, “Slam Dunk: Il ritorno”, d/visual, 2009

5 Attain sopra

6 Intervista a Takehiko Inoue pubblicata alla pagina web http://manga.about.com/od/mangaartistswriters/a/TakehikoInoue.htm

7 Intervista a Inoue del 2010 tradotta in inglese nella pagina web https://www.quora.com/Why-did-the-Slam-Dunk-anime-live-sooner than-the-Inter-High-match