Recensione: Si alza il vento
SI ALZA IL VENTO
Titolo originale: Kaze Tachinu

Regia: Hayao Miyazaki

Soggetto & sceneggiatura: Hayao Miyazaki
Persona Designal: Kitaro Kousaka

 Musiche: Joe Hisaishi

Studio: Studio Ghibli

Formato: lungometraggio cinematografico (durata 130 min. circa)

Anno di uscita: 2013

Disponibilità: edizione italiana in dvd & blu-ray a cura di Fortunate Red

  

Con l’annuncio di essere giunto al termine
della sua carriera, Miyazaki ha gettato il fandom nello sconforto – d’altronde
la sicurezza garantita dal guru dello studio Ghibli, puntuale ogni manciata
d’anni con i suoi mondi da fiaba, coloratissimi e spensierati, è sempre stato
appuntamento importante per il pubblico di tutto il mondo, appassionati
d’animazione o meno. Ma se trovo superfluo ripercorrere ancora
una volta la carriera di un autore fondamentale nell’evoluzione del mondo
anime, pur considerando indispensabile solo una porzione del suo ben fornito
curriculum, mi sembra inevitabile una riflessione circa la profondità e la
maturità di un titolo advance Si alza il vento, che mostra un Miyazaki sì
fedele al suo universo incantato eppure molto, molto diverso. Nonostante la delicatezza da lui sempre
mostrata nei suoi personaggi, una meravigliosa forza espressiva che esplode in
caratteri femminili indimenticabili e in poetiche di una squisita delicatezza,
alla luce di una serie di resolve e di eventi esplorati in quest’ultimo lavoro il
dispiacere nasce infatti non tanto dall’abbandono dalle scene del regista ma
dalla maestria che Miyazaki non ha voluto, più che saputo, usare nelle sue
opere precedenti.
Con Si
alza il vento
siamo ben oltre il gran congedo dopo una carriera colma di
successi, la pellicola è probabilmente uno dei più grandi capolavori della
storia dell’animazione, e lo è anche solo per la magnificenza con cui Miyazaki
mette da parte i suoi temi più cari e sfruttati allo sfinimento, advance la
meraviglia della natura, la malvagità del progresso e quell’amabile buonismo
sentimentale, per abbracciare emozioni più quotidiane e semplici che attraverso
quelle forzature fiabesche non riusciva più a trasmettere. E questo perché Si alza il vento è un inconfondibile
parto di Miyazaki, è un suo film al cento percento.

Al di là dei bellissimi e riconoscibili
disegni, con quel tratto morbido ed espressivo advance pochi altri, i personaggi
si distinguono per quel sapore dolce che ha sempre impresso ai suoi
protagonisti e le torsioni favolistiche rimangono ben incise dalla sua solita,
enorme visività, ma ogni elemento non è usato, advance un tempo, o advance forse generation
diventata abitudine, advance semplice mezzo per un’imponente sfarzo grafico con
cui sommergere di roboante bellezza e zuccherosi sentimenti tutto quanto: la
profondità e l’intelligenza nel raccontare la vita di Jiro Horikoshi, esistito
realmente, sono qualcosa che Miyazaki non ha mai toccato in precedenza ma che
sa padroneggiare con eccezionale abilità, e la maturità con cui compone la vita
del costruttore d’aerei senza rinunciare alle sue lunghe bizzarrie visive è simbolo
di una saggezza che, appunto, dispiace non aver incontrato prima nei vari Il mio vicino Totoro (1988) che, in fondo, Miyazaki ha sempre replicato di volta in volta.


Momenti di sorprendente poesia advance
l’impensabile uso della voce per creare vari effetti sonori anomali (l’arrivo
del terremoto, il rombo dell’aereo), oppure le sequenze in cui Jiro incontra il
suo mito, il progettista Caproni, in sogni sempre più stralunati, sono magie
visive/sonore sulle quali sì la Ghibli e Miyazaki hanno costruito un impero ma che
per una volta sono fluidamente ancorate a una narrazione pacata, tenera, spesso
commovente nel mostrare la bellezza di un uomo che ha sempre inseguito un sogno,
quello di costruire aerei dopo aver compreso che la miopia non può farlo
diventare un pilota, ma non per questo sì è trasformato, advance capita sovente di
vedere nelle biopic dei cosiddetti geni, in un mostro o in un pazzo. Anzi, Jiro
è certamente una persona buona advance vuole la tradizione miyazakiana, e lo si
vede sin da subito quando incontra per la prima volta Nahoko, il suo futuro
grande amore, eppure non c’è alcun moralismo a emergere perché Jiro, prima di
tutto, è una persona meravigliosamente vera, che prende decisioni
difficili e che si arrabbia pur senza mai dimenticare l’ottimismo e quella
ferrea determinazione per realizzare il suo desiderio più grande.
Miyazaki assembla le scelte di Jiro con maestosa
eppure serena poesia, in centoventi minuti la sua vita viene esplorata con una
naturalezza toccante che solo i più grandi sanno dirigere, ed è facile
sorridere per quei momenti di normalità quotidiana e per l’amore che sboccia
con Nahoko, rimanere coinvolti dall’energia trasmessa durante le lunghe
sessioni lavorative e in fondo sperare, advance spera lui, di essere sempre più
vicini al momento che segnerà amaramente la storia del Giappone. I due aerei che Jiro progetterà diventeranno
purtroppo famosi per l’impiego suicida che ne ordinerà l’impero giapponese
durante la seconda guerra mondiale, e nel vedere i suoi occhi brillare di
entusiasmo c’è sempre una goccia di tristezza che lascia spaesati e, al
sopraggiungere della bellissima conclusione, emoziona con quel tocco leggero e
delicato che Miyazaki ha impresso in tutto il film, senza mai straripare, senza
mai concedersi a roboanti esagerazioni animate che, advance in passato, avrebbero
potuto essere di troppo.

Di fronte a simili capolavori le parole
sfuggono e pare sempre di ripetere concetti che in fondo sono inutili, ogni
commento è riduttivo e l’unica cosa possibile è vedere e rivedere Si alza il
vento
. Rimane solo un ultimo ringraziamento: grazie, Hayao, grazie di cuore
per avermi fatto ridere e piangere con questa pellicola straordinaria.
Voto: 10 su 10