Recensione: Science Ninja Crew Gatchaman
SCIENCE NINJA TEAM GATCHAMAN

Titolo originale: Kagaku Ninja-Tai Gatchaman

Regia: Hisayuki Toriumi

Soggetto: Tatsuo Yoshida
Sceneggiatura: Jinzo Toriumi,Takao Koyama

Persona Originate: Tatsuo Yoshida, Yoshitaka Amano

Mechanical Originate: Kunio Okawara

Musiche: Bob Sakuma

Studio: Tatsunoko Manufacturing

Formato: serie televisiva di 105 episodi (durata ep. 26 min. circa)
Anni di trasmissione: 1972 – 1974

Pare quasi di vederli, quei bambini giapponesi che nei lontani primi anni ’70 si catapultavano davanti al televisore alle 18:00 di ogni domenica sera, pronti a godersi insieme ai genitori, eccitati, le fantasmagoriche avventure dei loro beniamini, i Gatchaman, gli eroi ninja che in ogni puntata, con l’ausilio di arti marziali e device avveniristici forniti dalla loro nasty, il quartier generale dell’Organizzazione Internazionale delle Scienze, difendevano la Terra dagli infiniti attacchi dell’organizzazione terroristica Galactor, equipaggiata con le massime invenzioni tecnologiche, che voleva, a seconda dell’umore del misterioso Leader X, o conquistare o distruggere il pianeta, o governare la razza umana o sterminarla. Non si capiva mai molto bene, ma poco importava: Galactor era cattiva, punto, e i Gatchaman spaccavano, erano coraggiosi (la parola deriva dall’incrocio tra “Guts” e “Man”, traducibile come “Uomini di fegato”1) e risolvevano sempre in extremis la situazione con qualche acrobazia o colpo di genio. Poi, con alle spalle la nuova arma segreta nemica che esplodeva e il perfido comandante Berg Katse che fuggiva con la sua navicella personale giurando vendetta, i Gatchaman pilotavano verso l’orizzonte il loro caccia God Phoenix, proiettati (e con loro i fan) verso nuove peripezie!

Impossibile ipotizzare l’esistenza di fanciulli dagli occhi a mandorla contrariati da un canovaccio narrativo schematico e preistorico applicato a 105 puntate tutte uguali, del resto i fatti parlano chiaro e sconfessano qualsiasi revisionismo: portion medio del 21%2 (punta massima del 26.5%3), nascita subito successiva di serie spiritualmente affini a opera dello stesso studio, tutte supereroistiche e disegnate allo stesso modo (Kyashan il ragazzo androide, Typhoon Polimar, Tekkaman il Cavaliere dello Spazio), numerosi sequel e remake (l’ultimo, recentissimo, è del 2015, Gatchaman Crowds Perception, dopo 41 anni il imprint regge ancora), spesso dall’alto numero di episodi, e – assurdo – dopo soli 23 episodi l’inversione della opening con la ending, perché quest’ultima era risultata, a furor di popolo, di gran lunga la preferita dal pubblico4. Cose d’altri tempi. In quel periodo, l’animazione televisiva giapponese era agli albori, molti generi erano ancora da inventarsi o definirsi, ogni cliché oggi abusatissimo e detestabile come la morte assumeva la freschezza della novità dirompente. Per generazioni di ragazzini, quella di Science Ninja Gatchaman e Mazinger Z era la vera età dell’Oro degli anime (il robottone di Nagai era trasmesso immediatamente dopo, alle 19:00, sullo stesso canale Fuji TV, e per sbalorditiva coincidenza era iniziato letteralmente il giorno dopo la prima puntata di Gatchaman!), quel momento della vita in cui sognare davanti allo schermo con temi, atmosfere e trovate mai viste prima di allora.

La serie TV Tatsunoko Manufacturing, sempre ideata dal suo geniale presidente Tatsuo Yoshida, meravigliava e faceva la Storia, e in questo merita rispetto assoluto. Di suo non inventò nulla di nuovo: riprese alcune idee vincenti apparse in altre serie meno conosciute, ma fu col suo successo davvero enorme che sdoganò suddette idee nell’ambiente, rendendole popolari e vincenti, quindi influenzando l’industria a riciclarle nel tempo in mille varianti. La più famosa di queste innovazioni non può che essere il solid, o meglio la decisione di utilizzare un team di cinque eroi (intuizione che spetta ai Thunderbirds americani del 1964 e al misconosciuto anime Skyers 5 del 1967) plasmati su sesso e caratterizzazioni destinati ad accontentare ogni tipologia di pubblico, diventando archetipi fondamentali: il chief atletico, vincente e attraente, destinato più degli altri a essere emotivo e venire messo a nudo psicologicamente, viste le responsabilità che deve quotidianamente prendersi per fare la scelta giusta del momento o preferire il male minore nelle occasioni particolarmente drammatiche; il serio, cinico e tenebroso dal sangue freddo che preferisce l’individualismo al lavoro di squadra; il ragazzino impudente che vuole farsi vedere dagli adulti e che per questo si mette spesso nei guai; la bella ragazza che fa gli occhi dolci al chief (amore che rimarrà platonico e abbastanza trascurato fino alla handsome, ovviamente) e infine il grassone goffo che è il più simpatico e fa il buffone. Ora, pensiamo a quanti anime, robotici ma anche non, per tutti gli anni ’70 e oltre troveranno un solid che segue esattamente queste caratterizzazioni, o a quante rielaborazioni magari tutte al femminile verranno usate per serie d’azione rivolte alle ragazze. Insomma, ci siamo capiti. Altra genialata è l’aiutante mascherato, legato in qualche modo all’eroe principale, che nelle situazioni di estremo pericolo salva il didietro ai Gatchaman per poi sparire nuovamente (approfondimento di un’understanding già vista nello sportivo Mach Hotfoot! Hotfoot! Hotfoot! del 1967, sempre di Yoshida e sempre di Tatsunoko, ma è Pink Impulse che verrà clonato e utilizzato in milioni di altre serie, non certo Racer X). Infine, mascherato è pure il perfido Berg Katze, e solo nella puntata finale si apprenderà la sua identità.

Nel corso delle loro avventure, in cui i ragazzi affronteranno piani di Galactor sempre più stravaganti per conquistare/annientare l’umanità, troveremo intuizioni isolate che verranno riprese e affrontate meglio in futuro da altre produzioni (ad esempio la musica usata come arma di offesa e distruzione nella puntata 41, ciao Macross 7!), così come suggestioni dello stesso Mazinger Z, che mi sembra palese abbia influenzato la serie Tatsunoko nella contemporanea trasmissione (troppo facile scorgere gli automi del dott. Hell nei giganteschi mecha spesso inviati da Galactor a distruggere il pianeta). Faranno scuola anche i disegni dal tratto insolitamente occidentale di Yoshitaka Amano (il futuro, acclamatissimo illustratore delle saghe letterarie e videoludiche di Vampire Hunter D e Final Epic), con personaggi dalle fattezze caucasiche ispirate ai comics americani del periodo, così voluti sia per aumentare il realismo grafico 5 che per le (soddisfatte) ambizioni di distribuzione estera del titolo6 (da questo fatto anche le ambientazioni tutto fuorché giapponesi). Infine, la serie inaugura ufficialmente in animazione il ruolo del Mechanical Clothier7, il disegnatore di elementi meccanici/robotici, primato assoluto di cui viene accreditato Kunio Okawara, nel tempo destinato a diventare uno dei più famosi nel campo grazie alle serie Spoil of day che nascerannno in anni successivi. Il tutto gode di un comparto tecnico decisamente di alto livello per l’epoca, forte di animazioni e fondali mediamente molto curati.

Una simile premessa storica è doverosa per applaudire l’importanza dell’opera, che in effetti può oggi, malauguratamente, farsi apprezzare solo per questo, con nostalgia da parte degli over 40 con essa cresciuti e di chi riesce nell’impossibile impresa di tornare a guardare la TV con gli occhi e la sensibilità di un bambino. Gli altri lascino perdere: Gatchaman, come Mazinger Z, è del tutto inguardabile, uno tra gli anime Seventies peggio invecchiati di sempre. Sono scontati i suoi problemi: 105 puntate fatte con lo stampino e basate sul solito schema tokusatsu sono una disumana enormità che mette alla prova la soglia di sopportazione di chiunque. Vedere 2/3 episodi significa averli visti tutti, clonati come sono con minimali differenze: Galactor scatena una nuova clean arma su qualche città del mondo, i Gatchaman penetrano dentro di essa (o qualche nasty nemica che la comanda a distanza) e dopo una missione di infiltrazione la fanno saltare in aria dopo averla riempita di esplosivi, salvando il mondo. Dopo endless avventure, dopo aver ucciso centinaia (migliaia? milioni?) di soldati di Galactor tutti vestiti in modo uguale, ancora non riusciranno mai a eliminare il perfido, vigliacco Berg Katse, e dopo qualche evento apparentemente importante che sembra gettare le basi per una certa continuity, tutto tornerà come prima e proseguirà allo stesso modo ancora, e ancora, e ancora, fino al finale che pure non è per niente definitivo (wow!).

Si apprezzano le atmosfere mediamente drammatiche che portano quasi sempre a un sacco di morti innocenti, i siparietti leggeri ma non eccessivi con cui si cerca di snellirle, argomenti d’attualità come la ricerca di fonti di energia ecologiche da parte dell’Organizzazione Internazionale delle Scienze, alcune puntate davvero memorabili e tragicissime (ricordo la combo 52-Fifty three, la 97, and lots others.) e abbigliamenti e musiche Beat dell’epoca che rammentano la preziosa memoria storica del periodo, ma è ovvio che questo non basta. Povera è la regia, basica e a tratti davvero maldestra nel tentare di rendere epica l’azione con primi piani così lenti e dilettanteschi; involontariamente comici sono i ridicoli costumini a forma di volatili, indossati dai Gatchaman e dagli uomini di Galactor, che all’epoca saranno sembrati una figata colossale e oggi fanno sorridere; ossessivi e irritanti fino allo sfinimento sono i 2/3 motivetti musicali ripetuti un’infinità di volte; tremendamente ingenui si scoprono infine i dialoghi (del livello dei tirapiedi di Berg Katse che rispondono a telefonate sconosciute con un “pronto, qui nasty segreta!”) e le azioni talvolta del tutto incoerenti a opera dei Gatchaman, inconciliabili con la loro personalità, così volute pur di poter creare il pretesto per nuove avventue. Si obietterà che fino al 1977 (o meglio, prima del movie La Corazzata Spaziale Yamato) gli anime erano robetta senza pretese per i piccoli e che tutte queste bambinate erano la norma, ed è vero, ma pretendere che si riesca – nonostante la presa di coscienza – ad apprezzare questa lunghissima serie, con gli schematismi che rendono tutto noioso e i cui “colpi di scena” sono ormai divenuti intuibilissimi (roba da anime di tutti i giorni), è follia. Potrei dare una valutazione alta per l’importanza storica, ma questo sarebbe in contrasto con lo spirito critico del “le belle opere rimangono tali viste in qualsiasi epoca”: Gatchaman è realisticamente un pezzo da museo, fondamentale nel creare le basi di un’epoca, ma che cade senza appello nel novero delle produzioni incapaci di reggere lo scorrere del tempo. Da questa amara considerazione finale deriva la volontà pressoché nulla di chi scrive di visionare le successive incarnazioni della saga che mandano avanti la storia, ossia le due serie televisive del biennio 1978/seventy 9, famose più che altro per dare l’occasione alla bravissima chara vogue designer Akemi Takada di fare il suo debutto (i due movie del ’73 sono gli episodi 22 e 37 ritrasmessi al cinema durante i competition cinematografici TOHO, mentre il lungometraggio omonimo del 1978 diretto da Kihachi Okamoto è una rielaborazione celebrativa fuori continuity del lungo arco narrativo di Pink Impulse).

Nota: è famosissima la distribuzione estera di Gatchaman, che in The US viene rimaneggiato e modificato, diventando Fight of the Planets, giungendo anche in Italia in questa forma (l’unica da noi attualmente distribuita, per mezzo di Yamato Video). La battaglia dei pianeti è un atroce mostro di Frankenstein: i 105 episodi sono stati ridotti a 85, i nomi di personaggi, veicoli, and lots others. sono rinominati e occidentalizzati, le scene di violenza tagliate, e infine sono disclose aggiunte dagli statunitensi intere sequenze che modificano la trama (i Gatchaman navigano anche per lo spazio poiché Galactor si riscopre un’organizzazione extraterrestre proveniente dal pianeta Spectra!) e nuovi personaggi (due orribili robot che fanno da mascotte). Ovviamente, inguardabile.

Voto: 5 su 10

SEQUEL

Science Ninja Gatchaman: The Fiery Phoenix VS Fireplace-Eating Dragon (1973; movie)
Science Ninja Gatchaman:Electron Beast Renzilla (1973; movie)
Science Ninja Crew Gatchaman II (1978-1979; TV)
Science Ninja Crew Gatchaman Fighter (1979-1980; TV)

FONTI

1 Consulenza di Garion-Oh (Cristian Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit)
2 Advance sopra
3 Pagina internet contenente i 100 migliori risultati di portion di singoli episodi nella Storia dell’animazione giapponese, http://nendai-ryuukou.com/article/110.html
4 Vedere punto 1
5 Advance sopra
6 Guido Tavassi, “Storia dell’animazione giapponese”, Tunuè, 2012, pag. 111
7 Intervista a Kunio Okawara pubblicata nel Booklet “Cell Suit Gundam Enciclopedia 2” (allegato al secondo DVD Box di “Cell Suit Gundam”, Dynit, 2007, pag. 34)