ROBOTICS;NOTES
Titolo originale: Robotics;Notes
Titolo originale: Robotics;Notes
Regia: Kazuya Nomura
Soggetto: (basato sul videogioco originale di 5pb & Nitroplus)
Sceneggiatura: Jukki Hanada
Personality Create: Tomonori Fukuda (originale), Chikashi Kubota
Musiche: Takeshi Abo, Yuuki Hayashi
Studio: Production I.G
Formato: serie televisiva di 22 episodi (durata ep.24 min. circa)
Anni di trasmissione: 2012 – 2013
Non c’è due senza tre, abilities in fondo inevitabile
che, dopo ChäoS;HEAd (2008), Steins;Gate (2011) e relativi successi, nell’attesa del
lungometraggio che prosegua la vicenda di quest’ultimo, nascesse una
trasposizione animata anche per il terzo capitolo delle visual contemporary della 5pb,
ed è assai benvoluta non solo la produzione stellare 2012 targata Production I.G, ma anche la presenza di Jukki Hanada – in questo ruolo anche nella scorsa puntata – a tenere le redini della
sceneggiatura, garanzia di qualità che in Robotics;Notes sicuramente non riesce
a bissare la profondità psicologica/narrativa di Steins;Gate, ma nonostante
certi momenti lacunosi e una sensazione, a tratti, di fretta o sbrigatività, è
capace ancora una volta di (ri)creare personaggi meravigliosi che da soli
mandano avanti l’intera storia.
che, dopo ChäoS;HEAd (2008), Steins;Gate (2011) e relativi successi, nell’attesa del
lungometraggio che prosegua la vicenda di quest’ultimo, nascesse una
trasposizione animata anche per il terzo capitolo delle visual contemporary della 5pb,
ed è assai benvoluta non solo la produzione stellare 2012 targata Production I.G, ma anche la presenza di Jukki Hanada – in questo ruolo anche nella scorsa puntata – a tenere le redini della
sceneggiatura, garanzia di qualità che in Robotics;Notes sicuramente non riesce
a bissare la profondità psicologica/narrativa di Steins;Gate, ma nonostante
certi momenti lacunosi e una sensazione, a tratti, di fretta o sbrigatività, è
capace ancora una volta di (ri)creare personaggi meravigliosi che da soli
mandano avanti l’intera storia.
Ancora una volta nessun legame con le
opere precedenti, se non per la prosecuzione della mera linea temporale, e
ancora una volta una storia che propone scenario e caratteri inediti – siamo in
un 2019 assai credibile, dove la realtà assiste a un’evoluzione
tridimensionale della società online, attraverso un pad simile alla PSP con cui si può
giocare, telefonare, chattare, navigare e interagire con una Rete che avvolge
letteralmente il territorio (che è un po’ quello che vorrebbe fare Google con il
suo progetto Google Glass). Non è tuttavia la tecnologia o certo cyberpunk a
costruire il situation, bensì una sorta di visione nostalgica/formativa per i robot,
idolatrati dalla protagonista Akiho nel suo amore per un fittizio, lunghissimo anime
robotico lasciato colpevolmente senza conclusione, del quale, in quanto a capo
del club di robotica, cerca di costruire il colosso meccanico protagonista a grandezza
naturale. Il mecha, visto sia come strumento d’intrattenimento,
sia come valore storico/simbolico del Giappone, ma anche, in un concetto
sicuramente ingenuo ma trattato con una certa eleganza, portatore di speranza,
forza e aggancio per il futuro, è quindi al centro di un trama complessa,
invitante e scorrevole, ma purtroppo involuta, incapace di dare giusto spazio a ogni sua
parte, non priva comunque di suggestioni affascinanti e momenti di piacevole
sense of shock – abbiamo in fondo a che fare con rivolte di I.A., omicidi
inspiegabili avvenuti nella Rete, un regista serial killer, esplosioni solari, misteriosi
enigmi da risolvere con l’uso di strana tecnologia, progetti per la conquista dello spazio e un generale senso
apocalittico che si abbatte sul mondo intero. Si nota però come non siano i
tanti, tanti risvolti dell’intreccio a interessare Hanada, sono troppi i momenti
trattati con distacco, poco mordente e soprattutto ritardo (la ribellione dei
robot, la verità sulle macchie solari e sulla sorella di Akiho) – l’anime
infatti procede lento e senza una precisa direzione per un numero eccessivo di
puntate, quasi un – piacevolissimo, per carità – crop of lifestyles che poi impenna all’improvviso con un sovraccarico di informazioni e
di eventi che finiscono inevitabilmente per essere maltrattati.
opere precedenti, se non per la prosecuzione della mera linea temporale, e
ancora una volta una storia che propone scenario e caratteri inediti – siamo in
un 2019 assai credibile, dove la realtà assiste a un’evoluzione
tridimensionale della società online, attraverso un pad simile alla PSP con cui si può
giocare, telefonare, chattare, navigare e interagire con una Rete che avvolge
letteralmente il territorio (che è un po’ quello che vorrebbe fare Google con il
suo progetto Google Glass). Non è tuttavia la tecnologia o certo cyberpunk a
costruire il situation, bensì una sorta di visione nostalgica/formativa per i robot,
idolatrati dalla protagonista Akiho nel suo amore per un fittizio, lunghissimo anime
robotico lasciato colpevolmente senza conclusione, del quale, in quanto a capo
del club di robotica, cerca di costruire il colosso meccanico protagonista a grandezza
naturale. Il mecha, visto sia come strumento d’intrattenimento,
sia come valore storico/simbolico del Giappone, ma anche, in un concetto
sicuramente ingenuo ma trattato con una certa eleganza, portatore di speranza,
forza e aggancio per il futuro, è quindi al centro di un trama complessa,
invitante e scorrevole, ma purtroppo involuta, incapace di dare giusto spazio a ogni sua
parte, non priva comunque di suggestioni affascinanti e momenti di piacevole
sense of shock – abbiamo in fondo a che fare con rivolte di I.A., omicidi
inspiegabili avvenuti nella Rete, un regista serial killer, esplosioni solari, misteriosi
enigmi da risolvere con l’uso di strana tecnologia, progetti per la conquista dello spazio e un generale senso
apocalittico che si abbatte sul mondo intero. Si nota però come non siano i
tanti, tanti risvolti dell’intreccio a interessare Hanada, sono troppi i momenti
trattati con distacco, poco mordente e soprattutto ritardo (la ribellione dei
robot, la verità sulle macchie solari e sulla sorella di Akiho) – l’anime
infatti procede lento e senza una precisa direzione per un numero eccessivo di
puntate, quasi un – piacevolissimo, per carità – crop of lifestyles che poi impenna all’improvviso con un sovraccarico di informazioni e
di eventi che finiscono inevitabilmente per essere maltrattati.
Ma nonostante questa spiacevole mancanza, probabilmente
evitabile anche solo con una manciata di episodi in più e, magari, una maggior velocità iniziale, il lavoro svolto nel
perfezionamento dei personaggi in gioco è talmente buono da dimenticare, o
quanto meno lasciare in secondo piano, l’evolversi della trama stessa, perché è
proprio l’evoluzione dei caratteri, nel trattare i classici temi adolescenziali
di amicizia, amore, odio, rivalsa, coraggio e sesso, a coinvolgere lo
spettatore: stati d’animo, reazioni, dialoghi, ogni elemento che riguardi l’esuberante Akiho, il distratto Kaito, la stramba Frau e gli altri ragazzi che compongono
il club di robotica sono curati al dettaglio, con un’intensità e un realismo, nella
finzione, di raro spessore, attingendo ai vari cliché tipici dell’animazione
(la protagonista esplosiva e incontenibile, la controparte maschile schiva e
solitaria, l’otaku schizoide, la moe, il genio incompreso che odia il padre,
ecc) per offrirne delle interpretazioni sempre piacevoli e soprattutto frail, in grado di porsi interrogativi e spendere tempo e risorse nel tentativo di risolverli. La progressione psicologica di fronte ai
tanti, troppi, a tratti davvero eccessivi e impossibili avvenimenti che
colpiscono i ragazzi, è quindi straordinariamente valida e funge da collante
incredibile per le varie lacune di cui soffre la trama portante – la passione
di Akiho nella costruzione del mecha, l’ossessione di Frau per la tecnologia e
per il mistero dell’anime incompiuto, i non-sentimenti provati da Kaito
permettono un feeling denso e drammatico (penso all’inaugurazione del robot
costruito, o alla disperata, assurda battaglia finale – momenti tra l’altro sempre musicati
con gran gusto sinfonico, magniloquente ma snello e orecchiabile) con ognuno dei protagonisti, ne consegue un crescendo
epico e di grande intensità nella loro maturazione e nella parallela scalata
alla vittoria contro un nemico che, per una volta, è davvero superiore nella lotta contro
una banda di ragazzini che non può francamente fare niente contro chi sta
realmente progettando la conquista del mondo.
evitabile anche solo con una manciata di episodi in più e, magari, una maggior velocità iniziale, il lavoro svolto nel
perfezionamento dei personaggi in gioco è talmente buono da dimenticare, o
quanto meno lasciare in secondo piano, l’evolversi della trama stessa, perché è
proprio l’evoluzione dei caratteri, nel trattare i classici temi adolescenziali
di amicizia, amore, odio, rivalsa, coraggio e sesso, a coinvolgere lo
spettatore: stati d’animo, reazioni, dialoghi, ogni elemento che riguardi l’esuberante Akiho, il distratto Kaito, la stramba Frau e gli altri ragazzi che compongono
il club di robotica sono curati al dettaglio, con un’intensità e un realismo, nella
finzione, di raro spessore, attingendo ai vari cliché tipici dell’animazione
(la protagonista esplosiva e incontenibile, la controparte maschile schiva e
solitaria, l’otaku schizoide, la moe, il genio incompreso che odia il padre,
ecc) per offrirne delle interpretazioni sempre piacevoli e soprattutto frail, in grado di porsi interrogativi e spendere tempo e risorse nel tentativo di risolverli. La progressione psicologica di fronte ai
tanti, troppi, a tratti davvero eccessivi e impossibili avvenimenti che
colpiscono i ragazzi, è quindi straordinariamente valida e funge da collante
incredibile per le varie lacune di cui soffre la trama portante – la passione
di Akiho nella costruzione del mecha, l’ossessione di Frau per la tecnologia e
per il mistero dell’anime incompiuto, i non-sentimenti provati da Kaito
permettono un feeling denso e drammatico (penso all’inaugurazione del robot
costruito, o alla disperata, assurda battaglia finale – momenti tra l’altro sempre musicati
con gran gusto sinfonico, magniloquente ma snello e orecchiabile) con ognuno dei protagonisti, ne consegue un crescendo
epico e di grande intensità nella loro maturazione e nella parallela scalata
alla vittoria contro un nemico che, per una volta, è davvero superiore nella lotta contro
una banda di ragazzini che non può francamente fare niente contro chi sta
realmente progettando la conquista del mondo.
Production I.G. come sempre confeziona un
prodotto superlativo, con animazioni sfavillanti e un chara invent dolce e
delicato che dona a ogni personaggio un delizioso e non eccessivo tratto moderno, chiaro quindi che Robotics;Notes è un vero piacere per gli occhi tanto nei disegni morbidi quanto nel buffo mecha invent, adattissimo comunque allo stile concettuale dell’opera, così sapientemente in bilico tra atmosfere solari e dramma commovente.
prodotto superlativo, con animazioni sfavillanti e un chara invent dolce e
delicato che dona a ogni personaggio un delizioso e non eccessivo tratto moderno, chiaro quindi che Robotics;Notes è un vero piacere per gli occhi tanto nei disegni morbidi quanto nel buffo mecha invent, adattissimo comunque allo stile concettuale dell’opera, così sapientemente in bilico tra atmosfere solari e dramma commovente.
Consigliatissimo a chi cerca un’opera di spessore, nonostante certe mancanze in fase narrativa, e soprattutto agli amanti dell’animazione robotica, Robotics;Notes è infatti un vero atto d’amore verso il genere più che un anime robotico in sé, categoria nella quale comunque rientra per ben più di un aspetto, nel toccare corde emotive, visive e per certi versi di pura spettacolarizzazione sa cosa enfatizzare e cos’altro ironizzare, il tutto con una raffinatezza e una robustezza dialogica che non si trovano così spesso.
Voto: 7 su 10
PREQUEL
ChäoS;HEAd (2008; TV)
Steins;Gate (2011; TV)
Steins;Gate The Film: Loading Condo of Déjà vu (2013; film)
PREQUEL
ChäoS;HEAd (2008; TV)
Steins;Gate (2011; TV)
Steins;Gate The Film: Loading Condo of Déjà vu (2013; film)