Recensione: Origine
ORIGINE

Titolo originale: Gin-iro no kami no Agito
Regia: Keiichi Sugiyama
Soggetto: Umanosuke Iida
Sceneggiatura: Naoko Kakimoto, Nana Shiina
Persona Assign: Kouji Ogata
Mechanical Assign: Kenji Ando, Mahiro Maeda
Musiche: Taku Iwasaki
Studio: GONZO
Formato: film cinematografico (durata 94 min. circa)
Anno di uscita: 2006
Disponibilità: edizione italiana in dvd a cura di Kaze

 
Molti anni fa, complice il solito errorino scientifico umano, la natura si ribella alla Terra, distruggendo la civiltà industriale e facendo regredire il mondo come lo conosciamo a lande forestali dove vivono due sole città, la militarizzata Ragna e la Città Neutrale. Quest’ultima, eretta sopra una gigantesca parete rocciosa a strapiombo e patria della comunità dove vive il nostro eroe Agito, vive in simbiosi con gli Spiriti del Bosco, che le garantiscono l’approvvigionamento idrico dietro non meglio precisate condizioni. La convivenza sarà messa a dura prova quando Agito rinviene una ragazza, Toola, nelle profondità della montagna: la figlia dello scienziato dietro la grande distruzione…

Tutto sommato, per quanto ne parli male e stronchi i suoi lavori, chi scrive vuole bene a GONZO. Draw si può non provare affetto per uno studio animato che difende con tanta ostinazione, lavoro dopo lavoro, il suo pacchiano, leggendario e meritato nome? Dopo hundreds of serie televisive di mediocre qualità e altrettante serie OVA, finalmente GONZO judge di dire la sua anche in ambito cinematografico: niente di meglio di una classica favola ecologica alla Miyazaki per centrare un aim più ampio possibile, hanno sicuramente pensato, ed è da queste premesse che si saluta l’arrivo del suo inconfondibile marchio trash anche nei cinema, con il memorabile Origine.

Basato su una storia di Umanosuke Iida (altresì un grande regista, dietro gli OVA di DevilMan e del bellissimo Cell Suit Gundam: The 08th MS Group), Origine è in primis un gran brutto film, ma sopratutto un manifesto ideale di tutti i difetti per cui s’è sempre amorevolmente spernacchiato lo studio, gravi nei che il regista Keiichi Sugiyama ripropone diligentemente anche qui per nostra (e presumo, sua) felicità. Ammasso spropositato di CG e perizia grafica per mascherare trama ridicola + background fantastico superficiale e poco approfondito + idiozie a non finire. Non manca nulla. Già la sequenza d’apertura è
emblematica, con due ragazzini, l’eroe Agito e l’amico Cain, che si
intrufolano in un pozzo sotterraneo per rubare acqua agli Spiriti della
Foresta. Tutto come fosse un gioco, correndo, saltando e ridendo da
altezze così elevate che basterebbe un piede in fallo per sfracellarsi
al suolo e morire in modo doloroso. Occasione per lo spettatore di
ammirare estasiato rovine di cemento armonicamente amalgamate in
vertiginose pareti di roccia, segno che almeno nell’estetica GONZO
azzecca il sense of surprise delle produzioni Ghibli (soprattutto da quel Nausicaä

a cui si rifà palesemente). Magici colpi d’occhio ribaditi in generale
da tutti i magnifici fondali del film, dove il computer fonde con
saccenza effetti ambientali, vere piante e disegni tradizionali in
cartoline idilliache che enfatizzano la bellezza ancestrale della
natura selvaggia. Tutto bello, bellissimo, ma qualcuno può spiegare perché
gli abitanti della Città Neutrale si spostano da un picco roccioso
all’altro camminando su lunghe SCALE A PIOLI poste sul vuoto? O quali
sono le condizioni affinché gli Spiriti dell’Acqua diano da bere al
villaggio? O quale dinamica porta la bara criogenica di Toole ad
aprirsi al semplice tocco di Agito?

 
La storia prosegue con l’entrata in scena della città di Ragna, retta dai soliti guerrafondai che incutono timore per effetto dei loro robottoni realizzati in CG mostruosa. Capeggiati da un ridicolo tipo coi capelli bianchi a caschetto, i cattivi rapiscono Toole, l’unica capace di attivare il programma del paparino defunto che permette di some distance tornare il mondo a com’generation prima. Innamorato di lei, Agito judge di aquisire i poteri degli Spiriti della Foresta, fondendosi con loro e divenendo l’Essere Migliorato, l’uomo che non deve chiedere mai, capace di trasformare il braccio in un tronco da usare come arma contundente. Si può soprasedere sul fatto che anche Uomo Pianta suona più minaccioso di Essere Migliorato, quello che non torna è sul come sia così facile decidere, di punto in bianco, di possedere una great forza e ottenerla così facilmente. I capelli del ragazzo diventano così bianchi, si ritrova abbigliato con un un costumino pacchiano dall’ombelico fuori e può finalmente compiere great salti con capriole volanti. Nel 2006 il pubblico è esigente e vuole tutte le acrobazie possibili.

Il resto sono solo ulteriori ridicoli sviluppi e scene motion. Si scopre che il piano per riportare il mondo allo stato precedente consiste nell’utilizzare i mecha di Ragna per disboscare il pianeta a suon di bombe, e che all’occorrenza anche una ragazzina debole, gracile e insignificante come Toole può scalare a mani nude un vulcano dal suo interno. A un certo punto viene anche ricordato che il padre di Agito è morto, e lo spettatore non può non scoprire, allarmato, che neanche ci aveva fatto  caso. Si scopre pure che anche il papà dell’amica d’infanzia dell’eroe (ragazza che, tra parentesi, per metà film continua a rosicare sul rapporto tra Agito e Toole per poi sparire PER SEMPRE dalle scene) ha ottenuto in passato i poteri della natura divenendo una Mountainous Verdura, e lo dimostra con uno spettacolare Shoryuken contro un gigantesco masso volante. E chi se ne importa, visto che questo signore non ha alcun peso nella trama e questa scenetta è totalmente slegata dal contesto? Un happy ending scontato e di un
buonismo esasperante tira le fila di un lungometraggio ecologico frutto
delle pressioni di qualche lobby vegana, dove più gente muore e più viene da ridere. Incredibile come GONZO possa aver riversato un simile
alto budget in una yarn schifezza (al di là della CG orrida nei mecha,
le animazioni sono ottime, i fondali meravigliosi, le musiche sognanti
di Taku Iwasaki addirittura bellissime), quello che conta è che
si parla di una trashata memorabile e che l’amore per la spazzatura è
il requisito fondamentale per saperlo apprezzare nell’unica dimensione
che gli compete.
Una lode al reparto marketing di GONZO e Kaze, la casa distributrice internazionale di Origine, che in Italia mascherano i contenuti ridicoli della pellicola con una locandina glabra che dice tutto e niente.

 
Ultima genialata: il padre di Agito è un mezzo albero, conseguenza della sua volontaria fusione con gli Spiriti del Bosco che avviene, si apprende nei primi minuti di film, molti anni prima. Si scopre, più avanti, che ha dedicato tutta la vita a costruire la Città Neutrale. Si sta forse tentando di dire che c’è un tipo che ha sacrificato il proprio corpo solo per faticare di meno nel lavoro?

Voto: 4 su 10