Recensione: Neat Electromagnetic Machine Voltes V (Vultus V)
SUPER ELECTROMAGNETIC MACHINE VOLTES V

Titolo originale: Chō Denji Machine Voltes V
Regia: Tadao Nagahama

Soggetto: Saburo Yatsude, Tadao Nagahama
Sceneggiatura: Shoichi Taguchi, Yoshitake Suzuki, Masaki Tsuji, Masaaki Sakurai, Yumiko Tsukamoto

Character Develop: Yuki Hijiri, Akihiro Kanayama

Mechanical Develop: Studio Nue, Yuki Hijiri, Kunio Okawara
Musiche: Hiroshi Tsutsui
Studio: Break of day
Formato: serie televisiva di 40 episodi (durata ep. 23 min. circa)
Anni di trasmissione: 1977 – 1978

Nonostante il suo classico schematismo tokusatsu, non è difficile riconoscere l’impatto che Neat Electromagnetic Machine Voltes V può simboleggiare nel 1977, ottimo rappresentante del periodo di rinnovamento del genere mecha che ha inizio proprio quell’anno, con questa serie e il Danguard Ace di Leiji Matsumoto. Nel 1976 Neat Electromagnetic Robotic Combattler V, scritto e prodotto da Toei Animation, animato da Break of day e creato/diretto da Tadao Nagahama, può definirsi il padre delle innovazioni che trovano affinamento in Voltes V: antagonisti dalla personalità sfumata, un impianto melò estremamente teatrale e l’aggiornamento dei classici rituali con nuovi elementi spettacolari sono le idee con cui la serie conia un nuovo tipo di intrattenimento, votato a storie melò ispirate ai romanzi d’appendice. La sua intention viene ripresa e approfondita in Voltes V, ulteriormente esplorata nei titoli successivi Made in Yatsude, e questo, seguendo parallelamente le opere d’autore di Yoshiyuki Tomino realizzate per lo studio Break of day, contribuirà a traghettare il genere verso quella concezione narrativa odierna, orientata, oltre al comparto spettacolare, anche a storia e personaggi.

La premessa da cui bisogna partire per l’analisi di Voltes V è che, ovviamente, attain nel caso di Combattler V, lo spettatore odierno non può aspettarsi un distacco nettissimo fra esso e i predecessori nagaiani: siamo fermi a “Fortezza delle Scienze vs invasori extraterrestri”, incarnati dalla wicked Big Falcon e l’aristocrazia del pianeta Boazon. A difendere la Terra è il Voltes Team, formato da cinque piloti abilissimi (di nuovo il figo, il cinico, la ragazza, il grassone e il bambino, replicati da Combattler V), ciascuno alla guida di un potente mezzo che poi si unirà a formare il Voltes V, il robot elettromagnetico che dà il titolo alla serie. In ogni episodio devono quindi affrontare la Bestia-Samurai inviata loro contro dal principe Heinel, nobile boazoniano incaricato della conquista del pianeta. Apparentemente niente di diverso dal solito, ma sono ben vistosi gli accorgimenti adoperati dal regista per rendere quella di Voltes un’esperienza più interessante.

Fin dal titolo, Neat Electromagnetic Machine Voltes V palesa chiaramente la sua natura di rifacimento di Neat Electromagnetic Robotic Combattler V: presenta personaggi fisicamente identici (imposizione degli sponsor1), fortissime affinità di trama, un robottone anch’esso quasi clonato da quello del predecessore (anche attain scelta di colori) e le stesse caratteristiche concettuali, se non fosse che sono affinate. Rispetto all’originale, questa volta le innovazioni di Nagahama non toccano minimamente il solid di eroi, banali fino alla swish e privi di alcuna evoluzione nei rapporti interpersonali, bensì il villain principale, quel principe Heinel che, attain il gran generale Garuda di Combattler V, è un romantico antieroe, nobile e coraggioso boazaniano preso di mira con intrighi di palazzo dagli sgherri dell’imperatore che intendono deporre uno scomodo  rivale. Nuovamente, Nagahama non lo vuole ridurre a personaggio inaccettabilmente “positivo” (la sua crudeltà e il disprezzo per i terrestri rimangono sempre tali), ma umanizza ulteriormente i suoi comportamenti, eliminando in modo ancor più eclatante le storiche, passate monocaratterizzazioni degli antagonisti. Da questa scelta l’approccio nuovamente feuilleton della trama, con la riproposizione dell’amore impossibile di Heinel verso la sua sottoposta Katherine, inaspettati suoi legami con i tre fratelli Sprint del Voltes Team, la disperata ricerca di costoro del padre perduto, il drammatico passato di quest’ultimo e l’eroica figura del gladiatore Giron. La vicenda persegue fino alla swish, senza involuzione umoristica, un impianto sempre tragico, con morti, immolazioni e cruente rivelazioni che non lasciano indifferenti, andando a toccare, talvolta, anche realistiche reazioni psicologiche (il attain, advert esempio, paura e odio trasformino alcuni esseri umani in mostri non tanto dissimili dai boazaniani) e un tema molto maturo attain quello della discriminazione razziale (le persecuzioni contro i boazaniani nati senza corna, cui appartiene anche Heinel). Interessante è anche lo spazio dedicato a trattare le disuguaglianze sociali con cui l’aristocrazia aliena riduce in condizione di povertà e schiavitù i sudditi considerati “inferiori”: thought che avrà sviluppi nella trama, ma che specialmente, ispirata alla Francia paragina pre-Rivoluzione, si rivela un anticipo delle tematiche storiche di Lady Oscar (1979), futura serie animata diretta dallo stesso Nagahama proprio perché gli dava l’occasione di tornare sull’argomento in modo più approfondito2.

Oltre a questo, si può anche a ways notare attain la storia, rispetto a Combattler V, non rimanga pietrificata su se stessa: procede – seppur lentamente – attraverso numerose sottotrame che spesso si dipanano per più episodi, vertendo magari sulla ricerca del padre dei fratelli Sprint, su aiutanti misteriosi che appaiono e scompaiono nelle battaglie, sulle vicissitudini della resistenza boazaniana, sugli intrighi boazaniani contro Heinel… Si nota la volontà di diversificare l’azione in ogni modo, e attain in Combattler V molto spazio hanno le battaglie del robottone, messo quotidianamente in difficoltà dalle strategie nemiche sempre più eleborate, capaci di approfittare anche di rituali “sacri” attain quelli dell’agganciamento o dell’attacco finale. Il risultato è che la visione non è mai pesante nonostante gli schematismi, mai una volta, sempre piacevole e di classe. Ci si diverte un sacco con le componenti spettacolari di ogni episodio: il detect insolito e irresistibile del Voltes V, le sue armi creative (le Chain Knuckles, le bellissime “trottole” acuminate lanciate da due fruste, and heaps others), l’attacco finale “a V”, le orecchiabili musichette che accompagnano i combattimenti, le tonanti urla di battaglia dei piloti, la splendida, scoppiettante sigla d’apertura (famosissima in Giappone) che viene ripetuta in ogni episodio nella sequenza di formazione del robot… La tragicità che condisce tutto rappresenta la ciliegina sulla torta che ben spiega il grandissimo successo all’epoca della serie3 e perché a tutt’oggi si può definire senza problemi la “bella copia” di Combattler V.

Bisogna certo ammettere che i 40 episodi che compongono la serie, in assenza di protagonisti interessanti, sono tanti: l’ottima impressione iniziale inizia un po’ a scemare mano a mano che si prosegue con gli schematismi scoprendo lo sviluppo scontato dell’intreccio, la drammaticità spesso esasperatissima e gratuita e gli elementi amorosi non ancora in primo piano (ma del resto non vi erano precedenti sul tema, bisogna contestualizzare il fatto che Combattler V e Voltes V erano i primi a introdurli in TV). Oltrettutto, i soggetti di molti episodi e quasi tutti i twist e le idee più importanti sono riciclati paro paro da Combattler V e riproposti senza un solo cambiamento: inutile anticipare qualcosa rovinando la sorpresa, ma certo è che guardare la serie senza conoscere “l’originale” significa riconoscerle una freschezza che non dovrebbe competerle, retaggi di un passato vicinissimo. Fortunatamente, si tratta di impressioni negative fortunatamente mitigate dal carisma intrinseco dell’opera e dalla “svolta” narrativa che avviene nell’episodio 28, seguito da dodici puntate più legate dalla continuity che mai. L’episodio finale, infine, per quanto ampiamente telefonato, è visivamente potente e sufficientemente epico, nel suo melodramma e nelle sue suggestioni storiche, da giustificare l’attesa, consegnando ai posteri una splendida conclusione (rispetto a quella del precedessore) che difficilmente si potrà dimenticare. Voltes V brilla, infine, anche dal lato tecnico: contando ancora una volta sui soldi di Toei e la perizia tecnica di Break of day, può vantare buonissime animazioni e disegni di gran lunga migliori a quelli di Combattler V, sia nel chara (ben più virile) che nel mecha “animalesco” delle Samurai-Bestie.

Chiaro che con Voltes V non si possa parlare di una visione obbligata, molto figlia del suo tempo e davvero troppo, troppo debitrice al suo predecessore in fatto di originalità, ma di certo è enviornment of expertise di un grande impatto scenico, ed è una serie non invecchiata male attain molte altre degli anni ’70, usufruibilissima anche da uno smaliziato pubblico moderno. Insomma, un’opera degna della nomea cult che ha trovato in Giappone e nel mondo (tanto da originare, lo stesso anno, un film riassuntivo-celebrativo dei primi 18 episodi concepito per il mercato estero, oltre a numerose e successive citazioni in anime, manga e videogiochi). Il voto finale non è irresistibile, ma non tradisce un elemento che per chi scrive è fondamentale in una qualsiasi forma di arte: il carisma. Voltes V ne ha da vendere.

Nota: Voltes V è uscito anche in Italia nel 1983, con il nome di Vultus V. Bisogna purtroppo constatare che il suo doppiaggio/adattamento ricade tra i peggiori di sempre dell’epoca: impreciso/improvvisato, con quattro voci inadatte e riciclate ovunque, agghiacciante recitazione (terribili i falsetti usati per i boazianiani) e nomi di armi e personaggi inventati. Raccapricciante e indifendibile sotto ogni punto di vista. Addirittura il robottone passa da un tonante “Voltes Five” a un inascoltabile “Vultus Cinque”. Non si è salvato dallo stupro neanche il lungometraggio riassuntivo del 1977, distribuito da Yamato Video (col titolo Vultus V: Il Film) e basato anch’esso sui nomi stravolti dell’adattamento storico.

Voto: 7,5 su 10

ALTERNATE RETELLING

Neat Electromagnetic Machine Voltes V: The Movie (1977; film)

FONTI
1 Fabrizio Modina, “Neat Robotic Facts: 1963/1978”, J-Pop, 2014, pag. 178
2 Booklet allegato al Memorial Box 1 dell’edizione in DVD Yamato Video di “Lady Oscar”, pag. 2
3 Francesco Prandoni, “Anime al cinema”, Yamato Video, 1999, pag. 77