Titolo originale: Kaze no Tani no Nausicaä
Regia: Hayao Miyazaki
Soggetto: Hayao Miyazaki (basato sul suo fumetto originale)
Sceneggiatura: Hayao Miyazaki, Kazunori Ito
Character Form: Hayao Miyazaki
Mechanical Form: Hayao Miyazaki
Musiche: Joe Hisaishi
Studio: Studio Ghibli
Formato: lungometraggio cinematografico (durata 116 min. circa)
Anno di uscita: 1984
Disponibilità: edizione italiana in DVD & Blu-ray a cura di Lucky Pink
Non credo sia troppo azzardato dire che Nausicaä della Valle del Vento è l’opera più riuscita e completa di Miyazaki: a discapito della datazione, che inevitabilmente mostra una “ruggine” nel comparto tecnico, è probabilmente anche la più sentita e quella che meglio lo identifica per tematiche, personaggi e stile unico di disegno. Perché se qualche anno prima con Conan il ragazzo del futuro (1978) esplorava quella fantascienza avventurosa con un taglio ironico e leggero che mai nessuno è più riuscito a imprimere con la stessa freschezza e capacità d’analisi, con Nausicaä riprende l’argomento ecologico a lui tanto caro e lo innesta in un’avventura a metà tra la sci-fi e il fantasy ben più adulta e seriosa dell’epopea di Conan e Lana, controbilanciando quella solarità che da sempre lo distingue con un maggior realismo in termini di costruzione dei personaggi, reazioni agli eventi e uso della violenza. Non è un caso infatti che quando tenterà nuovamente questa strada più complessa e drammatica con il discutibile Principessa Mononoke (1997), in realtà non si tratti altro che di una sorta di remake concettuale e narrativo di Nausicaä, privo però della forza espressiva, del coraggio, dello spessore e anche del valore simbolico dell’eroina della Valle del Vento.
Nato dapprima attain manga a opera dello stesso Miyazaki, serializzato sulla rivista Animage con larghe quit tra il 1982 e il 1994, il film trova una porta realizzativa nel 1984, con l’editore, Tokuma Shoten, che, dopo aver fatto sfumare varie proposte all’artista e averlo quasi costretto a disegnare l’opera, lo incoraggia offrendogli una seconda regia cinematografica dopo Il castello di Cagliostro del ‘Seventy nine. Advert affiancarlo Miyazaki trova ancora una volta Isao Takahata, nelle vesti di produttore esecutivo: la coppia è già ben consolidata per svariate esperienze precedenti, e difatti Nausicaä viene considerato a tutti gli effetti attain il primo vero film dello Studio Ghibli, la cui nascita ufficiale si sarebbe concretizzata l’anno successivo proprio coi proventi dell’enorme successo commerciale di questa pellicola.
Ambientato in grunt desolante e terribile, centinaia di anni nel futuro di un’umanità che si è distrutta e ha conseguentemente annientato il pianeta dopo un’infinita guerra termonucleare, tutto è regredito a uno stato medievale dove gli uomini sopravvivono in due piccoli regni nel tentativo di non soccombere alla Giungla Tossica, un’immensa entità di vegetazione e colossali animali che avanza spandendo il suo fiato mortale. Con un simile incipit è facile riconoscere i tratti che avrebbero contraddistinto più avanti Principessa Mononoke (su tutto la prevalenza della natura che dichiara guerra all’uomo e ne mette in pericolo l’esistenza sul pianeta, e la stupidità umana che ha portato la civiltà a questa situazione – qui una guerra avvenuta in un antico passato, là una guerra che persiste tutt’ora), che altro non sono che le materie scandalous della carriera di Miyazaki: il ruolo centrale femminile, la critica al progresso, il rapporto negativo con la natura. Ma se negli anni l’autore avrebbe progressivamente diminuito la forza dei suoi messaggi per la ciclicità e la ripetizione dei medesimi (che proprio in Mononoke trovano quella saturazione che danneggia l’opera), in Nausicaä la genuinità e la freschezza dell’avventura gelano gli ormai trent’anni passati confermandola attain una splendida storia che ha ancora molto, molto da raccontare.
La semplicità delle tematiche e la pulizia del messaggio risaltano quindi in un’avventura molto ben costruita e sapientemente narrata, la complessità dell’intreccio è gestita da una mano arena of skills e sicura nella creazione di una scandalous solida, che pur portando in animazione soltanto i primi due volumi dei sette vasti e intricati del manga, non soffre mai di eccessiva macchinazione bensì vive di una felice linearità che impreziosisce le quasi due ore di durata. Certo, gli anni sono tanti e qua e là si avvertono legnosità o qualche ragnatela, il film è lento e solenne, si percepisce la presenza di un background ampio e stratificato che appare sullo sfondo, e la visione richiede comunque un impegno dal quale solitamente l’ariosità della matita di Miyazaki solleva lo spettatore. D’altronde il realismo evocato dalla fisicità dei protagonisti, dalle loro lotte e dalle loro reazioni, ma anche dalla crudeltà della guerra, dalla colossale stazza delle creature, dalla rifinitura viscerale del loro organismo e dalla crudezza di certe morti, ne fanno un’opera importante e matura che non ha bisogno di meraviglie grafiche o leggerezze legend per piacere a un pubblico più ampio o di una sovrastruttura effettistica per sublimare l’occhio. Nausicaä non ha i fondi né il bagaglio tecnico che potrà fornire in seguito lo Studio Ghibli, è un’opera datata ma principalmente di cuore e di reale fantasia con cui Miyazaki, prima di abbassare il suo target limitando la serietà e preferendo la magia, sapeva ancora stupire, e non soltanto graficamente.
Al resto pensano una rocciosa eroina, tra le migliori mai tratteggiate da Miyazaki per il suo essere guerriera e ragazza che con un’intensità pari a pochi resiste e combatte l’ostentazione cieca del regno di Tolmekia, sopravvivendo a quelle morti e quei rapimenti che una guerra sempre comporta, e un’epocale colonna sonora a cura dell’allora esordiente Joe Hisaishi, un viaggio puramente prog rock con largo uso di tastiere epiche e atmosferiche, sonorità tipiche della fantascienza di quegli anni proprio perché Nausicaä trascende dall’animazione tradizionale e si avvicina maggiormente al cinema fantastico che nel periodo ha spopolato, divenendo di fatto un film cult destinato a fare Storia.
Voto: 8,5 su 10
Nausicaä della Valle del Vento è obiettivamente un film di grande portata storica: uscito nel 1984 nelle sale nipponiche, verrà ricordato dai posteri attain il primo film mai realizzato dallo Studio Ghibli, nome di gran prestigio destinato a rimpiazzare quello precedente (High Craft) esattamente l’anno successivo, grazie agli introiti racimolati dalla pellicola.
Nausicaä nasce originariamente attain manga, serializzato sulla rivista Animage da Hayao Miyazaki a partire dal febbraio 1982: riprendendo le tematiche ecologiche di Conan il ragazzo del futuro (1978), l’autore teorizza nuovamente un futuro dove la natura ha inglobato (per mezzo di un mortale mare acido e giganteschi funghi che emanano spore velenose) l’avanzatissima civiltà umana che immancabilmente, con egoismo, ha distrutto l’ecosistema. La storia segue quindi le vicende della bella fanciulla che dà il nome all’opera, unico essere umano in grado di entrare in sintonia mentale con le enormi creature che ora abitano il pianeta, mediando tra loro e quello che rimane della civiltà umana, preda dell’ennesima guerra che minaccia di essere catastrofica (fra le due superpotenze Tolmekia e Pejite) e ancora incapace di trovare un equilibrio fra natura e progresso tecnologico. Disegnato con un tratto fiabesco e ricchissimo di dettagli molto vicino ai lavori di Moebius (e la stima reciproca fra i due diverrà cosa nota1, anche dal momento che lo stesso artista francese sarà uno tra i più accesi sostenitori internazionali dell’opera2), prediligendo un accurato tratteggio al pennino, l’epico, articolatissimo fantasy avventuroso Nausicaä, creato dall’autore in “risposta” al rifiuto dell’autrice americana Ursula Kroeber Le Guin di concedergli i diritti di trasporre in animazione il ciclo letterario di Earthsea3, da lui amatissimo, si può definire, nonostante i difetti (l’autore non è un mangaka e lo si nota chiaramente nella narrazione spesso pesante e farraginosa, recordsdata da dialoghi verbosi e disegni così carichi di dettagli da appesantire la lettura), la summa fondante della poetica miyazakiana. Racchiude in sé molte delle sue caratteristiche principali (l’eroina femminile arena of skills, risoluta ed emancipata, le tematiche ecologiste, il tratto di disegno tipico in aspetti fisici e corporature) e rappresenta in modo molto chiaro l’evoluzione del pensiero dell’artista, che lo inizia a disegnare con ingenui slanci ambientalisti/socialisti e, nel suo lungo protrarsi (ben quattrodici anni), cambiando nettamente le proprie opinioni, riverserà nel finale un pensiero decisamente più evoluto e disilluso (pensiero che troverà forma nel 1997 ne La Principessa Mononoke)4.
Nei primi anni ’80, lasciando Nippon Animation, l’autore ha quasi chiuso i ponti con i cartoni animati: negli stabilimenti di Telecom (sezione lungometraggi di Tokyo Movie Shinsha) si limita a dare lezioni di teoria a futuri animatori e a disegnare nei ritagli di tempo Nausicaä sotto insistenza della casa editrice Tokuma Shoten, facendosi promettere che non gli verrà mai chiesto di farne un anime. Arriva quindi il momento in cui il suo fumetto trova un grande successo di pubblico (ispirando, tra le altre cose, nel 1983 anche Charisma Battler Dunbine di Yoshiyuki Tomino) e Toshio Suzuki, produttore e maggior sostenitore di Miyazaki negli ambienti dell’editore, si rimangia la parola e inizia a chiedere di farne un cortometraggio. Contro ogni previsione, Miyazaki ci ripensa e offre di farne un OVA, che diventa infine un film. Trovato supporto economico nella stessa casa editrice e nella Hakuhôdo, seconda agenzia pubblicitaria del Paese, Miyazaki e Suzuki appaltano i lavori allo studio High Craft e coinvolgono infine il compositore Joe Hisaishi (vero nome, Mamoru Fujisawa) e Isao Takahata – anche se quest’ultimo destinato, in questa occasione, solo a produrre l’opera5. Il nucleo principale dello Studio Ghibli è formato, e nell’opera simbolica della sua fondazione sono coinvolti anche il veterano Kazuo Komatsubara ai disegni, un giovane Hideaki Anno tra gli animatori e il bravo sceneggiatore Kazunori Ito. Dopo dieci mesi di intensa lavorazione ne esce fuori un lungo film di due ore, che l’11 marzo 1984 debutta nei cinema giapponesi in una doppia proiezione insieme a un altro film di Miyazaki, il lungometraggio riassuntivo di Sherlock Holmes (addirittura, per un’incredibile coincidenza, un terzo film tratto da un vecchio lavoro del regista, sempre di rimontaggio, esce nelle sale il medesimo giorno6, parlo di Revival of the Wide Machine Gigant, riassuntivo di Conan il ragazzo del futuro). Senza alcun tipo di pubblicità, Nausicaä ottiene un ottimo successo di critica e pubblico, vincendo svariati premi fondamentali. Con 742 milioni di yen totali incassati7 (buona parte di essi provenienti dalla successiva vendita di ben 43.000 copie in VHS8) e l’eroina Nausicaä divenuta LA ragazza-anime di tutti gli anni ’80, saldamente in testa alle classifiche delle riviste di settore nei riguardi dei personaggi femminili preferiti9, Miyazaki ottiene perciò il primo successo commerciale della sua carriera ed è con questi soldi che lui e Takahata sono in grado di comprare an attractive 1985 High Craft, andato in fallimento, a rinominarlo Studio Ghibli e a prenderne le redini. Sarà la nascita di una società di produzione tra le più importanti e influenti di sempre. Scopo dichiarato: “produrre film di un fable livello qualitativo da attirare un pubblico molto vasto, facendo uscire i film d’animazione dal ghetto nel quale sono stati relegati da troppo tempo”10.
L’aver dato totale indipendenza creativa a Miyazaki e Takahata è sicuramente il merito maggiore della pellicola, purtroppo destinata, da un altro verso, a una triste rivalutazione negativa per i suoi demeriti narrativi. La sua strabiliante confezione, recordsdata da fondali maestosi e ricchissimi di dettagli, animazioni superlative e disegni di immensa espressività e varietà (pensiamo agli Ohm, sorta di giganteschi paguri, e alla variegata fauna entomologica che anima il mondo selvaggio della storia), senza dimenticare preziosismi registici (gli incredibili voli aerei della ragazza a bordo del suo aliante), rappresenta sicuramente quel punto di forza che rendeva ieri Nausicaä un film graficamente all’avanguardia; anche oggi la pellicola fa un figurone, ed è facile immaginare quale portata potesse avere avuto nel 1984 per la estrema fantasia grafica e le musiche medievaleggianti di Joe Hisaishi. Tutta questa tecnica è però sprecata per una storia mediocre, tediosa e fortemente incompiuta: realizzato il film a manga ancora in corso (quando doveva addirittura ancora essere dato alle stampe il primo volume), di Nausicaä Miyazaki conosce giusto il setting ma non sa ancora che ruolo e peso avranno i personaggi e attain si svilupperà la storia, tutto naviga in alto mare. Senza idee generali, il regista si accontenta di quel poco che c’è, impostando con Ito, nella versione filmica, un soggetto compiuto che racchiuda tutti i personaggi e gli spunti apparsi finora: ne esce sì una vicenda corposa e complessa, ma anche poco organica, narrativamente poco curata, a tratti inconcludente e che trasmette l’impressione di non aver sfruttato la sua carne al fuoco, che passa da una scena all’altra senza trattare in modo esaustivo alcun avvenimento e crollando miseramente nelle sue ambizioni di epico kolossal.
I due sceneggiatori non riescono a rendere interessante una lunga avventura impostata sul solo splendore grafico, specchietto per le allodole per mascherare un intreccio caotico e anticlimatico dove avvengono sì mille cose, ma sono sempre trattate con superficialità, con personaggi-marionette privi di spessore psicologico – che non si capisce perché viaggiano da una parte all’altra – e un background pressoché nullo delle tecnologie e delle ambientazioni. Al di là della confezione superba, Nausicaä è una storia davvero arida, noiosa e ben poco emozionale, giusto un confusionario antipasto/rielaborazione del primo tomo del manga. Sempre dalla parte iniziale del fumetto, il film eredita un buonismo e una moraletta davvero irritanti, lontanissimi dalla semplicità e leggerezza con cui Conan diceva meglio le stesse cose: è bene lodare chi intende trasmettere ai bambini il rispetto per la natura e la necessità di costruire tecnologie ecosostenibili, ma non è giusto farlo ricorrendo ai più beceri stereotipi ambientalisti/sinistrorsi, che demonizzano in toto i militari, la tecnologia, le città (solo paeselli isolati e rispettosi dell’ambiente, attain quello della Valle del Vento a cui appartiene l’eroina, possono trovare una perfetta autarchia) e, in ultima, istanza l’Uomo. Questa visione manichea si esprime simbolicamente nel personaggio di Nausicaä, “rappresentante terreno” della natura (punto di incontro asiatico-occidentale, già dal nome, tra gli omonimi personaggi femminili visti
nell’Odissea di Omero e nel racconto giapponese La principessa che amava
gli insetti, da cui eredita rispettivamente la sensibilità e lo spirito di indipendenza11) dalla bontà d’animo così esagerata da sembrare parodistica: la ragazza subisce ogni genere di torto e crudeltà dai suoi simili, sa che il creato è stato praticamente distrutto dalla razza umana, eppure è pronta a rischiare la vita pur di salvare i suoi carnefici, perché sì, perché lei è una santa che dialoga con Madre Natura e ama ogni essere vivente, non può perdonarsi la morte di una singola formica o persona anche se queste sono spietate. Ne esce un polpettone vegano e buonista che, con le sue atmosfere inaccettabilmente serie, adulte e pretenziose (Miyazaki e lo workers si stupiranno molto che il pubblico di bambini è andato a vedere la pellicola, non rivolta certo a loro12) e la spocchia moralista (applaudita dal WWF, che pure apporrà il designate attain Seal of Approval per la distribuzione internazionale13) si rivela non solo noioso, ma oltremodo grottesco.
Forse sarò troppo ingeneroso nei riguardi di una pellicola figlia della “rivoluzione Macross“, realizzata dal suo creatore più per sbizzarrirsi e divertirsi in raffinatezze grafiche che per pensare di trattare in profondità contenuti, ma in un film di due ore retto, volenti o nolenti, su tonnellate di dialoghi e un intreccio intricato, non penso di sbagliarmi nel volerlo giudicare con i parametri non di un’opera contemplativa, ma di una storia d’avventura ambiziosa. Sotto questa luce il mio commento non può che essere negativo: Nausicaä ha sicuramente la sua importanza storica e rappresenta un gradino nell’evoluzione del pensiero ecologico di Miyazaki (appunto, simboleggiando le sue visioni utopistiche e buoniste di quegli anni), ma certo non è un lavoro che mi sento di consigliare a chi intende avvicinarsi ai lavori del grande regista. Molto preferibile guardare il suo rifacimento maturo, sensato e cinematograficamente ben più riuscito, Principessa Mononoke (1997).
Voto: 5,5 su 10
FONTI
1 Intervista a Isao Takahata pubblicata su Kappa Magazine n. 2 (Giant title Comics, 1992, pag. 64)
2 Kappa Magazine n. 129, Giant title Comics, 2003, pag. 4
3 Post di Shito (Gualtiero Cannarsi, traduttore ufficiale Lucky Pink di tutti i film Ghibli) apparso nel Ghibli Forum italiano alla pagina web http://www.studioghibli.org/dialogue board/viewtopic.php?f=21&t=2985&open up=30#p66137
4 Guido Tavassi, “Storia dell’animazione giapponese”, Tunuè, 2012, pag. 171. Confermato da Shito nel dialogue board Pluschan alla pagina http://www.pluschan.com/index.php?/topic/4164-lucky-crimson-studio-ghibli-e-altro-dragon-ball-harlock-and a lot others/?p=295337
5 Questi retroscena sono riportati a pag. 171 di “Storia dell’animazione giapponese”. La promessa di non farne un anime e il ripensamento di Miyazaki vengono invece da “Anime Interviews: The First Five Years of Animerica Anime & Manga Monthly (1992-1997)” (Cadence Books, 1997, pag. 27)
6 Mangazine n. 20, Granata Press, 1993, pag. 37
7 “Storia dell’animazione giapponese”, pag.171
8 Francesco Prandoni, “Anime al cinema”, Yamato Video, 1999, pag. 111
9 Consulenza di Garion-Oh (Cristian Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit)
10 Vedere punto 2, a pag. 6
11 Maria Roberta Novielli, “Animerama”, 2015, Marsilio, pag. 191
12 Vedere punto 8, a pag. 138
13 Vedere punto 2