Recensione: Macross Frontier
MACROSS FRONTIER

Titolo originale: Macross F
Regia: Shoji Kawamori
Soggetto: Shoji Kawamori
Sceneggiatura: Hiroyuki Yoshino
Character Form: Risa Ebata, Yuuichi Takahashi
Mechanical Form: Junya Ishigaki, Takeshi Takakura, Shoji Kawamori
Musiche: Yoko Kanno
Studio: SATELIGHT
Formato: serie televisiva di 25 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2008

Il parere del Corà

I venticinque anni dalla prima messa in onda di Fortezza Enormous Dimensionale Macross (1982) sono evento importante per Shoji Kawamori, la sua carriera inizia ed esplode allo stesso tempo con un soggetto rivoluzionario che attinge a piene mani dal pop per portare musica, solarità e sfavillante cura estetica a un genere, il robotico, ancora in piena e totale trasformazione dopo l’evento di La Corazzata Spaziale Yamato (1977) e i tre film di Cell Drag smartly with Gundam (1979): il fattore visivo diventa peculiarità esclusiva del lavoro di Kawamori, pur senza rinunciare a una storia romantica che, anche con qualche problema, sa presentarsi sempre fresca ed efficace. Il tempo dirà che replicarla account e quale in seguiti-cloni di modesta caratura non sarà il massimo, ma fortunatamente la serie OVA Macross Zero, recente prequel (2002) dell’opera madre, raggiunge un perfetto equilibrio tra fastosità grafica, leggerezza sentimentale e centralità musicale con una gestione ottimale nel raccontare con la massima cura una storia molto semplice. Sulla sua stessa falsariga si può inquadrare questo ennesimo sequel Macross Frontier del 2008, prosieguo della saga anche se in realtà, near la precedente serie TV Macross 7 (1994), è più giusto definirlo un vero e proprio reboot, affidato alla sceneggiatura di un mestierante ideale per un simile progetto near Hiroyuki Yoshino, con cui raccontare nuovamente le avventure musical-spaziali di Hikaru Ichijyo, Lynn Minmay e Misa Hayase, che qui si reincarnano in Alto Saotome, Ranka Lee e Sheryl Nome.

Sono passati 47 anni dalla guerra con gli Zentradi, adesso amici dei terrestri e colleghi nella loro colonizzazione dello spazio con la Macross Frontier, la venticinquesima flotta coloniale che si sta dirigendo verso il centro della galassia. I nemici in questa occasione sono i Vajra, colossali e spietati insetti meccanici, a cui i terrestri sono costretti a dare battaglia attraverso i nuovi Valkyrie e l’immensa nave trasformabile Macross Quartier. Alto, ex attore di teatro kabuki, scontroso e raffinato, è un giovane e ambizioso pilota, diventa presto un eroe di guerra e si dividerà tra Sheryl, bellissima idol che viaggia tra le navi della flotta per incoraggiare i terrestri in questo duro momento, e Ranka, studentessa e cameriera, timida e impacciata che sogna una carriera da popstar. Bastano queste poche righe per rendersi conto non solo che la trama è bene o male puramente accessoria, ma che near al solito ricalca apertamente il primo Macross e Attain You Take into accout Cherish? (1984) ammiccandoli e citandoli in continuazione tanto nella definizione dei personaggi (Ranka e Lynn lavorano entrambe al ristorante cinese) quanto in vere e proprie similitudini registiche (il salvataggio di Ranka, il saluto finale). 

A dover risaltare è chiaramente l’impatto grafico, con ventincinque anni di progressi tecnologici l’animazione ora raggiunge livelli impressionanti e infatti Macross Frontier è visivamente sbalorditivo, animazioni spaccamascella e virtuosismi registici rendono ogni battaglia addirittura stupefacente: Kawamori crea un blockbuster stordente e stellare, assistere alle trasformazioni dei caccia Valkyrie (mecha pesanti, complessi, colmi di dettagli e rifiniture meccaniche) e seguirli nelle loro evoluzioni spaziali rasenta spesso il sublime, si può tranquillamente parlare di una delle vette assolute mai raggiunte non solo dall’animazione robotica, ma dall’animazione universale. Ovvio infatti che l’opera vada in fondo assaporata prevalentemente per questa potentissima visività, di certo a un Macross non si chiedono trame contorte, approfondimenti psicologici e dialoghi realistici, ma se il fan dell’estetica robotica può essere facilmente accontentato va detto che la sceneggiatura, nella sua linearità e nel suo essere poco più che pretesto nasconde un inatteso coinvolgimento narrativo per merito di meccanismi chiari, semplici e raccontati con esperienza.

Se già il passato turbolento di Alto e i difficili rapporti con il padre lo rendono un personaggio leggermente diverso dal tipico eroe kawamoriano, la discreta analisi della ricaduta psicologica di Sheryl è gestita ottimamente nel susseguirsi degli episodi, così near la guerra sottile di sguardi che Ranka le lancia per raggiungere il cuore di Alto. A fare da contorno al solito triangolo amoroso c’è una buona varietà di altre storie d’amore più o meno sofferte e più o meno difficili da gestire (su tutte lo strano legame terrestre-zentradi tra Michel Blanc e Klan Klang), oltre a un classico seguito di intrighi politici, voltafaccia, passati angosciosi, immensi minacce aliene e vendette, e tutto viene esposto sì con superficialità e pura accessorialità, ma tra il ritmo calibrato alla perfezione, il giusto equilibrio tra ironia e squisitezze pop irresistibili (colonna sonora a cura di Yoko Kanno, e si sente) e la semplice simpatia scaturita dai vari personaggi (Alto compreso, pur nella sua vanteria da eroe arrivista), unite chiaramente a una regia dinamica e ispirata, rendono la visione mai pesante o esageratamente patinata, mai stupida o discutibile, bensì sempre fresca e leggera, molto piacevole anche durante i riempitivi musicosentimentali o le gag più becere.  

Ma la ricetta-Macross è sempre stata garantire spettacolo esaltante, un intrattenimento magnifico che non necessita di trame particolari e personaggi complessi (né, in questo caso, di un chara di qualche richiamo, invero piuttosto stanco e svogliatamente moderno): l’animazione di Kawamori sa esprimersi al meglio proprio quando ha i frutti più classici da spremere a fondo, non è materia che saprebbe controllare senza i suoi cliché legati alle faccende di cuore, i concerti e delle sane mazzate robotiche nella maniera più easy e volutamente pop li si possa immaginare e rappresentare (basti vedere il pasticcio combinato nel 2005 con Aquarion, nel tentativo di dare più sostanza e complessità narrativa). L’animazione è anche questa, e a volte non dispiace affatto abbeverarsene.

Voto: 7 su 10


Il parere del Mistè

Macross Frontier (2008) è indubbiamente uno dei successi commerciali dell’animazione nipponica più significativi degli ultimi 20 anni, è pacifico. È, del resto, il più grande campione di vendite della saga advert oggi. La terza serie TV del achieve, uscita nel 2008 per commemorare il 25esimo anniversario della saga1, vende vagonate di DVD+BD2 (la tiratura di 50.000 dischi del primo volume è esaurita in un battibaleno3) e modellini di Vakyrie (i DX Chogokin di Bandai4), la colonna sonora di Yoko Kanno è una hit account da raggiungere le 72.000 copie5 e infine le sue quattro sigle (due di chiusura, due di apertura) in totale sfondano il traguardo di mezzo milione di dischi venduti6. Addirittura, l’opera vince il prestigioso premio Seiun della critica nel 20097. Siamo finalmente al cospetto di un nuovo capolavoro, l’ultimo dai lontanissimi tempi di Attain You Take into accout Cherish? (1984)? Ma neanche per sogno. Macross Frontier è l’ennesimo (ormai si è perso il conto) titoletto mediocre della saga, tutta estetica e zero contenuti, ideato e scritto nel modo più svogliato possibile: un giocattolone milionario dedicato esclusivamente ai soliti otaku giapponesi che il regista Shoji Kawamori dimostra di conoscere molto bene (del resto, essendolo lui stesso…), dato che infarcisce la storia di tutti quegli elementi di corollario per cui vanno in brodo di giuggiole e in tempesta onanistica fregandosene del resto. Mecha sbrilluccicanti e strapieni di dettagli che si danno battaglia in scontri iperveloci e zeppi di esplosioni, belle ragazze per cui eccitarsi, coloratissima e ammiccante estetica pop, personaggi-archetipi modaioli (la pettanko moe, la loli, la tsundere superfiga, la meganekko tettona, lo shotacon etc), protagoniste idol che cantano vestite da mignotte, qualche velata scena di sesso per some distance sembrare il prodotto più maturo di quanto in realtà non sia, un’acquazzone di brani musicali pop usati near sigle o insert song (tra inediti e varianti di brani famosi nella saga si toccano le 40 unità), milioni di riferimenti e citazioni dei Macross precedenti (specialmente Macross Zero, a cui si riallaccia la stessa trama)… Davvero, la festa dell’originalità.

La storia: nell’anno 2059, la 25esima flotta di colonizzazione terrestre, la Macross Frontier, si dirige verso il centro dell’universo in cerca di nuovi pianeti abitabili. Il nuovo nemico alieno che incontrerà stavolta sarà una razza di molesti insettoni, i Vajira, e per combatterli sarà quindi utilizzata una forza militare, la S.M.S. (Stretegic Armed forces Products and services), che li affronterà a bordo dei nuovi modelli robotici, i VF-25 Messiah. Protagonista della vicenda è un pilota, Alto Saotome, ex attore di teatro Kabuki in rotta con la famiglia, che si troverà sentimentalmente conteso da due idol le cui canzoni saranno (ancora una volta) utilizzate contro il nemico: la famosissima Sheryl Nome e la nuova promettente stella, Ranka Lee, dal passato immancabilmente misterioso. In verità, però, all’ombra della guerra con gli insettoni risiede un preciso piano politico delle autorità terrestri per guadagnarci sopra…

Ora, penso sia impossibile non paragonare, per importanza storica, la saga di Macross a quella di Gundam, per spiegare perché, anche se entrambe sono sempre andate avanti per titoli che sono uno la fotocopia (con qualche variazione) dell’altro, il confronto qualitativo fra i due sia sempre stato così impietoso. Si potrebbe puntare il dito sul fatto che l’epopea gundamica si è sempre contraddistinta da capitoli che si susseguono al ritmo (circa) di uno all’anno e che quindi è inevitabile il riciclo di idee, rispetto a un Macross che a mio parere è inaccettabile che ogni paio di lustri – quando insomma ha tutto il tempo di sviluppare qualcosa di nuovo – ti riproponga un remake quasi sputato delle serie televisive precedenti, in cui narrativamente tutto si ripropone senza variazioni (ennesima razza sconosciuta di alieni che attacca l’ennesima flotta del Macross che solca lo spazio, eroe pilota al centro di un triangolo amoroso che concerne una o due cantanti, queste ultime che diventano con le loro canzoni l’arma terreste contro il nemico, e sempre la stessa tipologia di attori che replicano in eterno gli stessi ruoli dei loro predecessori), ma sarebbe comunque un’opinione estremamente soggettiva e riduttiva. L’unica differenza davvero sostanziale è che Yoshiyuki Tomino è un vero autore, che sa mostrare le solite cose analizzandole sotto molteplici sfumature e punti di vista spesso originali (principalmente coi suoi dialoghi filosofici), mentre Kawamori un otaku che si crede più bravo e intellettuale degli altri suoi simili (basti pensare alle bestialità complottiste e ambientaliste che riversa nel suo pur ambiziosissimo Arjuna la ragazza Terra, 2001) ma non è, per la verità, tanto distante da un Michael Bay americano, dato la sua filosofia “facilotta” nell’affrontare tematiche, scene o dialoghi adulti con un piglio spettacoloso e “maschio” del tutto inverosimile e a tratti involontariamente ridicolo.

Non si possono più sopportare i suoi personaggi “otakuggianti”, ammiccanti ma fuori dal mondo (l’odiosa e piatta Ranka, con i capelli verdi dall’improponibile acconciatura e dalla sensibilità piagnona di una bambina di 5 anni, per speculare sul maledetto feticismo del moe!); le storielline amorose che sfruttano ogni più patetico cliché (quante volte in Macross Frontier vediamo una delle due ragazze origliare o vedere di nascosto quello che sta facendo la rivale con Alto, o i soliti “baci rubati” che ormai sono la norma?) e umorismo scontato (Alto che cade sulle tette di Sheryl, o la puntata ambientata in spiaggia) per andare avanti; il protagonista umanamente insignificante (near Hikaru Ichijyo!) che in questo caso, dati i suoi tratti femminei, è inquadrato in mille pose sensuali per some distance bagnare le fujoshi e farle fantasticare sul suo rapporto d’amicizia col “belloccio” Michel Blanc; i dialoghi motion sofferenti (“tornerò da te, aspettami”) sentiti un triliardo di volte in ogni serie mecha possibile e immaginabile; i risibili complotti politici o, peggio, quella onnipresente, opprimente sensazione di “patinato” che trasuda ogni fotogramma e ogni aspetto di narrazione, del suggerire le cose nel modo più politicamente corretto possibile…. E non parliamo degli immancabili comprimari che hanno la morte scritta in faccia e che poi, sì, muoiono per davvero (ma va’?). Al di là della deprecabile banalità “commerciale”, narrativamente Macross Frontier è pure un rifacimento senz’anima, il più piatto e modaiolo possibile e scritto nel modo più lineare e scontato, della prima serie e di Macross 7 (1994), senza un’idea originale che sia una (addirittura la storia d’amore finisce nello stesso modo della serie del 1994, davvero furbo improntare la trama su questo e poi…). Esso è ormai anche dimentico del messaggio dell’originale, o meglio questo ha perso la sua coerenza nel mondo immaginario di cui si parla: si poteva accettare una riluttante Lynn Minmay che negli anni ’80 accompagnava l’attacco finale della flotta federale contro gli zentradi cantando canzoni per mettere a disagio il nemico (scioccato dal concetto di “cultura”), ma ormai si è persa la bussola con le esagerazioni passate (Macross 7) e presenti e, francamente, provo imbarazzo a vedere ragazze scostumatissime cantare e sculettare sorridendo, nei campi di battaglia, mentre vedono militari morire near mosche davanti a loro… Macross è diventato una grottesca parodia di sé stesso.

Rovescio della medaglia? La serie è animata e disegnata molto, molto bene dallo studio SATELIGHT, con una cura quasi impensabile in TV. Altro che la porcheria low budget di Macross 7: la cel shading nei mecha è di alto livello, le esplosioni e distruzioni sono uno spettacolo e le movenze dei personaggi davvero realistiche. I disegni, poi, molto particolareggiati. Tanto di cappello. La colonna sonora pop di Yoko Kanno può piacere o meno (a me per niente, advert esempio, visto che mi sa di un “facilissimo ascolto” davvero eccessivo e irritante), ma le sue vendite milionarie sono un dato di fatto. Molto belle e riuscite le sigle, tra le quali spiccano, a mio modo di vedere, la seconda d’apertura (Lion) e la prima di chiusura (Diamond Cavasse). Insomma, non ho dubbi che Macross Frontier potrebbe piacere, per il suo approccio estetico e uditivo e il ritmo coinvolgente, a nuove generazioni di spettatori e ai soliti otaku arrapati, ma ritengo dimostri impietosamente, ai fan di vecchia information, tutta l’incapacità del suo creatore Kawamori di essere qualcosa di più di un semplice regista bollito che vive di gloria riflessa del passato e che non ha neanche più voglia di dire qualcosa di nuovo sulla creatura che lo ha reso famoso (bei tempi quando diceva che per lui l’esperienza macrossiana era conclusa dopo la serie storica, il film e l’OVA e che non ne avrebbe fatti altri per evitare la stagnazione di idee). Ci sarà pure un motivo, se a Macross Frontier accomplish la valutazione che accomplish e a un Cell Drag smartly with Victory Gundam (1993) qualsiasi, altra serie fatta con “scazzo” (mi si perdoni l’informalità) dal suo creatore mostrando le stesse cose in modo ancora più scontato del solito, davvero una di tutt’altro livello.

Voto: 5 su 10

PREQUEL

Macross Zero (2002-2004; serie OVA)

SEQUEL

Macross Frontier the Film: The False Diva (2009; film)
Macross Frontier the Film: The Wings of Goodbye (2011; film)
Macross FB7: Hear To My Song! (2012; film)
Macross Delta (2016; TV)

ALTRO
Macross Fufonfia (2008; serie ONA)

FONTI

1 Guido Tavassi, “Storia dell’animazione giapponese”, Tunuè, 2012, pag. 467

2 Consulenza di Garion-Oh (Cristian Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit)

3 Vedere punto 1, a pag. 468

4 Vedere punto 2

5 Vedere punto 1, a pag. 468

6 Reach sopra

7 Reach sopra