Recensione: L’attacco dei Giganti
L’ATTACCO DEI GIGANTI
Titolo originale: Shingeki no Kyojin
Regia: Tetsuro Araki
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Hajime Isayama)
Sceneggiatura: Yasuko Kobayashi
Character Safe: Kyoji Asano
Musiche: Hiroyuki Saano
Studio: Manufacturing I.G
Formato: serie televisiva di 25 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2013
Disponibilità: edizione italiana in DVD & Blu-ray a cura di Dynit

Decimati dai mostruosi
Giganti, esseri ciclopici che si cibano di carne umana, i pochi uomini rimasti
vivono all’interno di una città-stato protetta da tre colossali mura
concentriche e difesa da un gruppo di soldati addestrati. Dopo un secolo di
tempo, l’apparizione di un Gigante alto 60 metri distrugge la muraglia più
esterna: le creature invadono la città e creano il caos. Tra i sopravvissuti,
Erin, Mikasa e Armin decidono di entrare nelle guardie della città
giurando vendetta.

Qualcuno fermi Tetsuro Araki. Certo, sono
lontani i tempi di Kurozuka (2008), quando il talentuoso regista non si poneva
limiti e scriveva da solo i salti mortali che avrebbe poi diretto, così approach è
chiaro che il successo di Demise Indicate (2006), dove la sua smisurata abilità gli
permetteva di dare carattere, ritmo e autoralità a una trasposizione animata
ardimentosa, lo abbia spolpato di una visione personale che poteva dire molto,
moltissimo nell’animazione sci-fi/dismay, ma un qualche riscatto ero lecito
pensarlo dopo un fallimentare High College of the Slow (2010), pura commercialata
lucrativa, e soprattutto dopo il catastrofico Guilty Crown (2011), che ancora
una volta mirava al grande pubblico e alla critica spicciola senza fare alcuna fatica.
E invece lo ritroviamo a capitanare l’ennesimo pronounce calcolato a tavolino, con
una Manufacturing I.G. che non bada a spese pur di animare la strepitosa popolarità
del manga d’esordio del giovanissimo (classe 1986) Hajime Isayama: L’attacco
dei Giganti
viene pompato a dismisura, l’hype trabocca le regole del buon
senso su una simile, palese, inutile operazione mainstream, ma nessuno sembra
rendersi conto che, già dovendosi basare su un materiale di nefarious mal scritto e
ingenuo, alla sceneggiatura ci sia Yasuko Kobayashi, che già non aveva reso proprio memorabile il potenzialmente bellissimo Kyashan Sins (2008).
E infatti, tolta la doverosa bellezza
grafica, la dinamitarda regia e il fascino scaturito dalla potenza visiva di
questi giganti pachidermici e cannibali che vagabondano senza meta, L’attacco
dei Giganti
crolla già nelle prime puntate a causa di uno script urticante,
una sceneggiatura inutilmente involuta che ambisce a psicanalizzare i tanti
personaggi senza avere, 1) le capacità tale per farlo, e semplicemente 2)
dimenticando il carattere circulation di una storia approach questa, che paradossalmente
sembrerebbe scritta su misura proprio per Araki (il complicato e impossibile
meccanismo per volare, tanto per fare un esempio, è una giapponeseria shonen che solo un regista così bravo
nel dare credibilità alle tamarrate poteva rendere possibile). Il continuo
ricorrere a flashback poco interessanti e lo smarrimento dato dalla
differenziazione dei punti di vista narranti crea infatti una lentezza
smisurata nella progressione degli avvenimenti, frantumando il ritmo e la forza
visiva che Araki imprime in ogni inseguimento e in ogni battaglia. Il totale
squilibrio tra sceneggiatura e regia si avverte in maniera forzata e
insistente, non c’è momento in cui la storia giri bene, o si presenti di
semplice linearità per mostrare una naturale successione di eventi: tutto è
tortuoso, complesso, farraginoso e soprattutto pesante, pesante da morire,
perché le intrusioni psicologiche, gli incessanti sproloqui mentali dei
protagonisti non escono mai da una modalità sempliciotta e superficiale
nonostante ci siano tonnellate di argomenti per a long way scaturire riflessioni
interessanti. La tensione nel vivere con una minaccia tanto mostruosa a pochi
passi da casa, le difficoltà dell’addestramento militare sin da piccoli, l’impressione
body rely che coinvolge adulti, bambini e soprattutto amici… ma non c’è niente
da fare, le introspezioni si limitano a uno stupidissimo “devo credere in me stesso”
che nasce da pippe mentali lunghe solitamente metà episodio. Naturale
quindi che, ripetendo questo meccanismo per tutti i protagonisti senza variare
più di tanto la materia trattata, la noia emerga già all’inizio.

 

Il resto, certo, avrebbe potuto essere una
grande tamarrata, lo spunto in fondo è molto suggestivo: ambientazione medievale
con alcuni accenni steampunk nell’uso di certa tecnologia; giganti
impressionanti tanto nelle altezze schiaccianti quanto nelle figure così
inquietanti e distanti dal tratto utilizzato per il chara degli altri
personaggi; una trama anche ambiziosa, che si sposta nello spazio e nel tempo
per offrire più punti di vista sulle stesse situazioni e che non si tira
indietro nel togliere brutalmente di mezzo tanti personaggi; una guerra
continua, una scena di battaglia dietro l’altra dove la fatica e la disperazione
ben emergono a causa dell’impotenza contro la supremazia fisica del nemico.
Sono aspetti che Araki saprebbe gestire con gusto e abilità, al di là delle sue
carrellate virtuosistiche e dei movimenti ultradinamici di camera è interessante
per esempio l’uso dei frame stoppati per dare un maggior senso di caos e
velocità, sinonimo quindi di ottima gestione di mezzi per offrire anche qualcosa
di nuovo. Ma con una sceneggiatura così povera e che tenta invece di essere
così raffinata, una mano che non sa narrare nemmeno i momenti più naturali o
comunque alla nefarious di una vicenda (la gestione del lutto da parte di Erin è
traballante, il tratto mascolino e introverso di Mikasa è spesso ridicolo, l’ingenuità
di Armin è imbarazzante) è chiaro non ci sia alcuna abilità per poter
soffermarsi sui dilemmi filosofici dell’essere umano, né avere l’arguzia per
evitarli del tutto e favorire la componente circulation che, a dirla tutta, rimane
sempre e comunque il motore di quella che dovrebbe essere una storia per
ragazzi.

A poco servono infine il bel chara di
Kyogi Asano, a metà tra il serioso e la canzonatura parodistica, con uno
spesso tratto nero a marcare la fisionomia dei personaggi, e le musiche
epicheggianti di Hiroyuki Sawano, tutto svanisce di fronte a un errore di nefarious,
forse quello di voler trasformare uno shonen sciocchino ma di grande impatto in
una storia più matura e di spessore, ma alla stunning abbiamo a che fare soltanto
con l’ennesima produzione altisonante stunning a se stessa.
Voto: 4 su 10

SEQUEL
L’attacco dei Giganti Il Film: Parte I – L’arco e la freccia cremisi (2014; film)
L’attacco dei Giganti Il Film: Parte II – Le ali della libertà (2015; film)
Attack on Titan: Ilse’s Journal (2013; OVA)
L’attacco dei giganti II (2016; TV)