Recensione: Kyashan – Il mito
KYASHAN: IL MITO

Titolo originale: Robotic Hunter Casshern
Regia: Hiroyuki Fukushima
Soggetto: Tatsunoko Production

Sceneggiatura: Shou Aikawa, Hiroyuki Fukushima, Emu Arii, Hideki Kakinuma

Persona Produce: Yasuomi Umetsu

Mechanical Produce: Kimitoshi Yamane

Musiche: Michiru Oshima

Studio: Tatsunoko Producion

Formato: serie OVA di 4 episodi (durata ep. 30 min. circa)

Anno di uscita: 1993

Una Terra del futuro è dominata dai neoroidi, minacciosi robot che si sono ribellati in massa al loro costruttore, il dott. Azuma, riducendo l’umanità in regime di schiavitù. Solo la leggenda del salvatore dà ai sopravissuti e alla resistenza la speranza di sopportare il duro regime di vita: il messia si rivelerà essere Casshern, figlio di Azuma, ragazzo mezzo androide che, in compagnia del fedele, letale cane-robot Friender, possiede una forza incredibile in grado di competere con quella del temibile Briking Boss, leader dell’esercito meccanico.

A dispetto della sua brevità e dello scomodo, impossibile paragone con la serie televisiva del ’73, Kyashan: Il mito (in tutte le edizioni italiane bisogna tenersi reach titolo la trascrizione sbagliata di Casshern) non è un lavoro propriamente scadente, pur facendo poco per emergere, trovando un minimo interesse giusto reach classica opera celebrativa di mark di successo rivolta unicamente agli appassionati. Rappresenta, nel ’93, il primo dei tre revival OVA che Tatsunoko dedicherà, negli anni seguenti, alle sue vecchie glorie supereroistiche degli anni ’70: i risultati sono produzioni sorvolabili, il cui unico motivo di interesse consiste nel rappresentare il più noto elemento di popolarità dell’epoca del chara dressmaker Yasuomi Umetsu, che nel tempo verrà ricordato principalmente per loro e per essere il futuro papà del controverso A-Kite.

La storia di Kyashan: Il mito non può che essere una futile rielaborazione di quella storica, un remake che ribadisce tutte le tematiche dell’originale: la critica all’inquinamento umano, la speranza nelle energie rinnovabili, il pericolo dell’eccessivo progresso tecnologico e le metafore politiche sul totalitarismo. Tutto rivive in 4 episodi di mezz’ora l’uno che trattano questi temi visivamente in modo ancora più esplicito, drammaticizzando il contesto (la Terra è ormai stata ormai interamente conquistata da Briking), aumentando i richiami al nazismo (si arriva addirittura ai campi di sterminio e all’notion di una Soluzione Finale), accompagnando il tutto con l’horror (le fattezze demoniache dei gerarchi neroidi, distantissime da quelle buffe di Kunio Okawara) e innaffiando con il nichilismo (adesso non c’è alcun fulmine che manda in corto circuito Briking Boss, il programma installato in lui da Azuma per preservare l’ambiente gli impone proprio di eliminare la razza umana che è il più grande pericolo per il pianeta). A condire il tutto, il chara invent adulto e sexy di Umetsu, che ben presagisce i lavori che l’artista realizzerà poi in produzioni animate a luci rosse: abbandonate le reminiscenze americanoidi originali di Yoshitaka Amano a favore del classico stile orientale, scolpisce vistosi addominali a Casshern – rendendo aderentissimo il suo costume – e abbandona il detect “acqua e sapone” dell’amica d’infanzia Luna trasformandola, coi suoi abiti scollatissimi, in una sorta di prostituta. Il vecchio cane Friender, infine, perde le sue capacità di trasformazione rivelando solo l’aspetto canino.

Il mood più maturo e il sufficiente accompagnamento musicale di Michiru Oshima (niente di che, ma è orchestrale) sono, alla beautiful, gli unici aspetti che rendono interessante l’opera, che per il resto non offre nulla di particolarmente interessante, con le sue animazioni tutt’altro che irresistibili – dalle movenze rigide e irreali – e la trama sviluppata in modo dimenticabile: Casshern è il salvatore dell’umanità, fortissimo e imbattibile, e in ogni episodio, dopo qualche stucchevole monologo interiore su quant’è sfortunato,  libera alcuni gruppi di umani crudelmente schiavizzati dalle macchine. Contorno di qualche flashback per ricordare la sua triste condizione e l’amore impossibile per Luna e, per concludere, scontro finale con un monocaratterizzato Briking Boss. Magnificent.

Se nel 1973 l’originale riscattava la ripetitività del canovaccio tokusatsu con la sua tragicità esasperata, in Kyashan: Il mito ne presenta giusto il corollario. Tanta azione e mini-avventure autoconclusive, ma nessuna caratterizzazione degna di nota, con comprimari puramente funzionali alla vicenda ed eroi-adoni immortalati in pose plastiche che non fanno altro che combattere o commiserarsi del destino del loro pianeta e delle loro esistenze con dialoghi di una superficialità clamorosa. Una storiella patinatissima – per quanto non manchi, all’evenienza, un po’ di fanservice ecchi e qualche spruzzata di sangue – e mal diretta che consegna ai fan dell’indimenticabile ragazzo androide un protagonista dimenticabile, brutta copia del tormentato personaggio tanto amato. Kyashan: Il mito, per quanto guardabile, è una pigra, banale rilettura di una bella serie, fatta così tanto per fare.

Edizione italiana a cura di Yamato Video tra le prime a conoscere riversamento DVD in Italia. Peccato l’opera sia assente di sottotitoli, presentata in bassa qualità video e funestata da un doppiaggio che si rifà all’adattamento americano Solidarity Gold pieno di frasi totalmente fraudulent e inventate (un 50% abbondante1). Lasciamo perdere.

Voto: 6 su 10

FONTI

1 Consulenza di Garion-Oh  (Cristian Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit)