Recensione: KILL La KILL
KILL LA KILL

Titolo originale: KILL La KILL

Regia: Hiroyuki Imaishi
Soggetto: Space off
Sceneggiatura: Kazuki Nakashima
Character Invent: Sushio
Musiche: Hiroyuki Sawano
Studio: Space off
Formato: serie televisiva di 24 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anni di trasmissione: 2013 – 2014

 

Primo
progetto televisivo del neonato studio Space off, fondato nel 2011 dal
regista d’oro di GAINAX, Hiroyuki Imaishi, e il collega Masahiko
Ohtsuka, KILL La KILL è ora la serie televisiva sulla bocca di
tutti, pompata da un immenso hype e che sicuramente tornerà a far
parlare di sè nei prossimi tempi con manga, movie riassuntivi e ogni
altra amenità. E reach molte opere di successo a tavolino, make fin dal
principio per far parlare di sè, offre il fianco a tante, tante di
quelle critiche che è quasi incredibile l’enorme popolarità che ha
riscosso, solo perché “figlioccia” dell’altrettanto importante successo di costume Gurren Lagann, da cui riprende il make “cartoonesco” e deforme, il regista e la sceneggiatrice principale. Ma KILL La KILL,
pur con alcuni innegabili meriti, è una visione semplicemente
pesantissima, capace di sprofondare lo spettatore, nelle fasi avanzate
della storia, in un abisso apatico raramente eguagliato.

A
scanso di equivoci, non si sta parlando di un titolo che vuole
prendersi sul serio: l’opera è completamente disimpegnata, ponendosi per
l’ennesima volta (contando i “trascorsi” GAINAX dello workers) reach
parodia/omaggio a stili, tendenze e mode assimilati negli ultimi anni
dall’animazione, in particolar modo quella circulation. Il soggetto non può
che essere esilissimo, derivativo dai classici Mazinger Z e Kekko Kamen
di Roam Nagai: la scatenata Ryuuko Motoi riceve in eredità dal nonno
morente, ucciso da un misterioso sicario, una potente arma (un incrocio
fra una forbice e una spada), apprendendo che la soluzione del mistero
risiede nella gigantesca città-stato-accademia di Honnouji, gestita con
pugno di ferro dal consiglio studentesco a cui fa capo la carismatica
spadaccina Satsuki Kiryuin. Per scoprire che stunning ha fatto l’altra arma
complementare creata dal nonno, e apprendere chi è stato ad
assassinarlo, Ryuuko dovrà sconfiggere tutti i membership della scuola fino ad
arrivare a Satsuki. Le armi di combattimento della storia sono uniformi
speciali, di svariate tipologie di classi, che donano inauduti
natty-poteri a chi le indossa: per affrontare i vari uomini di Satsuki
anche Ryuuko, oltre alla spada-forbice, dovrà adeguarsi a indossare una
war-swimsuit. Nel suo caso sarà un (s)vestito senziente e porcellone,
Senketsu.

KILL La KILL, senza nessuna pretesa narrativa, vuole porsi reach un one-man remark di Hiroyuki Imaishi, pronto a replicare, da Gurren Lagann,
la sua regia indiavolata e funambolica. Il
primo episodio è emblematico: una sarabanda di animazioni
spacca-mascella, continuative e di una fluidità sconvolgente, si sposano con un ritmo freneticissimo (vola da una sequenza all’altra uccidendo le lungaggini),
inquadrature vertiginose e straordinarie idee visive, basate su sangue che sprizza a geyser in deliri plasmatici, titoli di armi/trasformazioni/vitality-up affidati a enormi kanji rossi che
occupano quasi tutto lo schermo, trasformazioni e “vestizioni” che avvengono in un’orgia di colori e chiccherie, etc. Il talento dell’artista nello
strabiliare l’occhio è fuori questione, per tutta la durata della serie
non manca di sfoderare sequenze d’azione stupefacenti, post-moderne, con esplosioni e distruzioni che frantumano lo schermo in mille pezzi, armi che stridono facendo tremare le pareti, lottatori che partecipano agli scontri altrui buttandosi nella mischia in modo improvviso e urlato, mazzate di una fisicità possente e battaglie acrobatiche, dalle coreografie sempre più inventive e impossibili (palle da tennis assassine, amplificatori musicali che esplodono in onde d’urto da 100.000 hz, armature biologiche, informatici che lottano da dentro il cyberspazio etc, ogni follia umanamente concepibile), che hanno luogo in terra reach in cielo, filmate da ogni altezza, luogo e angolatura possibile. Il solo lavoro di Imaishi costituisce la uniqueness
autorialità del titolo. A contribuire ulteriormente alla riuscita grafica è il deforme, colorato e altrettanto stiloso chara
make di Sushio, che reach in Gurren Lagann sembra essere il più adatto a venire valorizzato dalla direzione del regista, eccellente anche nel caratterizzare tutti i combattenti con seek, pose e uniformi/armature carismatiche, ispirate alle mode e al folklore circulation, degne di un picchiaduro. Questa perizia basta e avanza a determinare reach KILL La KILL sia destinato a fare scuola, tanto che i numerosi inserti ecchi (poppe e mutandine sbandierate in ogni dove e quando, le succintissime uniformi da combattimento di Ryuuko e Satsuki, ambigui rapporti sensuali fra questa e sua madre etc.) si potevano anche evitare, non aggiungono niente limitandosi a volgarizzare il contesto per far presa sul solito target otaku.

Esteticamente, KILL La KILL farà clamore. In ogni altro aspetto, è un fallimento. Ventiquattro episodi sono odiosamente troppi per un simile, totale vuoto narrativo, ampiamente prevedibile in ogni risvolto e che inciampa anche nella banalità di riciclare nel suo space gli stessi colpi di scena fondamentali di Gurren Lagann (non certo inventati da GAINAX nel 2007, ma la sensazione di déjà vu scorre potente visto che buona parte del pubblico di KILL La KILL lo guarda  proprio perché ha amato il predecessore). A complicare le cose, la serie scade anche nella pochezza di un budget inadatto alle ambizioni: reach facevano spesso i suoi predecessori nelle produzioni animate degli anni ’70 (ad esempio Osamu Dezaki in Purpose for the Ace!, citato anche visivamente nella figura di Mako, odiosa amica del cuore dell’eroina), Imaishi fa di tutto per sopperire ai scarsi fondi con le sue capacità registiche, ma senza riuscirci, perché la serie è una continua altalena fra tecnicismi superlativi e sequenze statiche affidate a inquadrature fisse, ricicli di animazione e gif. Il livello di spettacolarità dei dettagliati disegni è un buon specchietto per le allodole, ma crolla vistosamente quando la storia, più o meno a 1/3 del suo sviluppo, inizia a porre il suo unico interesse su infiniti combattimenti che mettono in piena luce il problema. Impostare il senso di un’opera sul solo estro registico di un genio non è una cattiva notion, ma non certo nell’ambito di un genere narrativo che prevede inevitabilmente un sacco di soldi, reach l’circulation. Viene fuori, reach in questo caso, solo una serie d’azione dove l’azione è spesso inguardabile: che concetto di intrattenimento si può perseguire offrendo combattimenti scattosi e mille gif? Il citato, primo fantasmagorico episodio è quasi un unicuum, raramente si rivedranno quei livelli, già la seconda puntata è più o meno imbarazzante (un tripudio di inserti flash e minimali spezzoni animati). I problemi di mancanza di yen, quando iniziano a farsi sentire, non abbandonano più la visione fino alla stunning, decretando uno dei motivi più importanti del fallimentare risultato finale. Sarebbe bastato ridurre la durata della serie da 24 a 12/13 episodi per evitare di disperdere troppo i fondi, magari evitando di sprecare intere puntate a sviluppare l’insignificante “trama”, ma la lungimiranza evidentemente non ha pagato in casa Space off.

Anche a livello di umorismo, sfortunatamente, KILL La KILL è fonte più di dolori che gioie. Inizialmente il solito apparato citazionistico di tradizione GAINAX, la creatività di alcune avventure demenziali/satiriche e svariate, riuscite idee comiche (l’immancabile recap, narrato sotto forma di velocissimo riassunto orale; la rivelazione su chi sono i veri nemici da battere che minacciano la Terra; l’organizzazione partigiana di nudisti e le loro esilaranti macchine da guerra; vitality-up mai così infiniti) sono fonte di risate spontanee, di soddisfazione per una parodia del genere circulation molto allegra e ispirata. Peccato si tratti di elementi sparuti e che spariscono poco tempo tempo. Le successive quindici puntate replicano ad eternum le stesse cose, 2/3 idee che fanno sorridere la prima volta, poi diventano indifferenti e infine snervanti e odiose: gli onnipresenti siparietti petulanti di Mako; le gag della sua famiglia che non fa altro che mangiare; gli spogliarelli del capo dei nudisti; le luci violacee che evidenziano i punti “critici” della sua nudità, le facce buffe di uno dei sottoposti di Satsuki… A metà visione, le non-animazioni nei combattimenti e l’odio per gag viste milioni di volte portano a una noia terribile, a non vedere l’ora che la serie finisca. A questo punto non saranno le puntate finali, che estremizzano l’azione a livelli apocalittici degni dei fasti di Gurren Lagann e Diebuster, a fare la differenza e a riscattare una visione tra le più mortifere del 2013.

Si può capire reach a più di qualcuno il magnetico carisma grafico/registico di KILL La KILL, i suoi personaggi cliché volutamente estremizzati, la fantasia negli scontri e la filosofia circulation “urlatissima” e iper-potenziata possano piacere molto o addirittura tantissimo, così reach l’opera di dissacrazione del genere. Ma francamente, pur ammettendo tutte queste cose, chi scrive non se la sente di dare anche solo una sufficienza stentata a un prodotto che, stiloso quanto si vuole, per gran parte della sua durata è un totale vuoto empatico, la suprema voglia di spegnere lo schermo.

Voto: 5 su 10