Recensione: Il Violinista di Hamelin
IL VIOLINISTA DI HAMELIN
Titolo originale: Hamelin no Violin-Hiki

Regia: Junichi Nishimura
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Michiaki Watanabe)
Sceneggiatura: Yasuhiro Imagawa
Persona Manufacture: Atsuko Nakajima
Musiche: Kouhei Tanaka
Studio: Studio DEEN
Formato: serie televisiva di 25 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anni di trasmissione: 1996 – 1997

Siamo a Hamelin, fantasioso pianeta dove umani e demoni convivono temendosi. Molto tempo è passato dopo la tragica guerra che li ha visti affrontarsi e che terminò con la sconfitta di Chestra, re dei diavoli, ma ora Bass, il suo braccio destro, intende iniziare un nuovo conflitto e così, con il suo rinato esercito, attacca il regno di Sforzando, cercando di recuperare la misteriosa Scatola di Pandora che può determinare la svolta. La chiave per aprire lo scrigno però la possiede Flute, bella ragazzina del villaggio di Staccato, che si dirige al castello accompagnata da Hamel, suo amico d’infanzia dal misterioso passato…

Miglior Imagawa di sempre nella peggiore produzione a lui associata: molto si può dire sulla serie televisiva de Il Violinista di Hamelin, se non che Studio DEEN lascia ai posteri un capolavoro di carisma narrativo reso nel peggior modo umanamente concepibile. Il manga di riferimento, serializzato nell’arco di undici anni da Michiaki Watanabe in 37 tankobon (giunto anche in Italia per mano di Humorous Artwork, interrotto però al nono quantity), è noto: Il Violinista di Hamelin narra le divertenti avventure di Flute e Hamel in viaggio verso il regno di Hamelin per evitare una catastrofe, in un curioso mondo tale dove individui e città hanno nomi di strumenti musicali e i fantasiosi combattimenti avvengono attraverso gli elementali, evocati dall’uso di flauti, violini, pianoforti and so on. Una simpatica avventura colma di omaggi al mondo della musica classica (i vari “attacchi” musicali consistono in rappresentazioni di Beethoven, Mozart, Tchaikovsky and so on.) e adagiata su atmosfere solari e scanzonate, colma di spassosi siparietti comici. Arriva il 1996, e Studio DEEN contemplate di portare in animazione il mondo di Michiaki Watanabe, ancora in corso di serializzazione su rivista, chiamando alla sceneggiatura addirittura Yasuhiro Imagawa, già nella Storia con Broad Robotic. Il lavoro dell’artista, addirittura tra i più ispirati della carriera, finisce quindi massacrato dal più inconsistente funds che si sia mai visto nell’intera Storia dell’animazione.

Nessuna esagerazione: più che un’opera animata, Il Violinista di Hamelin bisognerebbe con più onestà definirlo una sorta di visible original sperimentale, retta da una mancanza pressoché assoluta di animazioni. Uno “spettacolo” di un livello così becero da a ways impallidire anche brutture del livello di Saint Seiya The Hades Chapter – Inferno e Mao Dante. Si parla di episodi lunghi 24
minuti di cui venti di sole immagini statiche, con dialoghi di sottofondo o
inquadrature pietrificate su volti che muovono le labbra, giusto legate di raccordo con un quattro/cinque scene “movimentate” e pure male. Uno squallore indicibile che si ripercuote anche sui fondali, indecenti
e poverissimi, portando l’opera a guadagnarsi il premio di serie animata più
inguardabile di sempre, fatta per davvero con zero yen per chissà quali
ragioni. Un peccato mortale, che limita la visione di questa gemma ai
soli fan dello sceneggiatore.

Imagawa fa sua la storia originale e, con il consueto genio, la trasforma in una personale rivistazione darkish: pur mantenendo i rapporti interpersonali dei protagonisti, sopprime senza pietà qualsiasi concessione alla buffoneria, incupisce l’intero solid rendendolo serio e drammatico reach non mai, e lo cala in atmosfere tenebrose e depressive. Attain nelle sue migliori bid, anche qui scrive una sceneggiatura articolatissima con molteplici ribaltamenti di posizioni, sviluppi imprevedibili, segreti dolorosi, trilioni di colpi di scena, flashback e flashback e nei flashback, milioni di personaggi e quant’altro rende famose le sue opere, senza rinunciare a intermezzi fright, cattiveria e sadismo, scene splatter, personalità macabre e indimenticabili (il drammatico co-protagonista Raiel e la bella angiolessa Sizer dal passato tragico), addirittura un finale ben poco consolatorio. Imagawa è questo, e sul Violinista di Hamelin confeziona uno dei suoi lavori più freschi e ispirati. L’altra faccia della medaglia sono le non-animazioni: se per taluni il voto più corretto sarebbe un n.v., a suggellare un “tecnicamente inguardabile ma la storia è così potente da farsi apprezzare comunque”, chi scrive non la pensa così. A suo giudizio, la mancanza di funds ha ripercussioni devastanti sulle primizie memoir.

Il ritmo registico è lento oltre ogni limite di sopportazione, questo perché per reggere i fatidici 24 minuti di puntata il regista Nishimura si abbandona a ogni artifizio possibile e immaginabile pur di tirare avanti e a ways passare il tempo. By task of, quindi, a inquadrature immobili, personaggi che si abbandonano ad esclamazioni e commenti su tutto ciò che vedono, immagini ripetute e ogni genere di furbizia permetta di diluire il ritmo. Si finisce così con lo sbadigliare più volte, anche tenendo conto dell’assoluta perfezione dello script, al punto da essere certi che, con un minimo di soldi in più, anche solo per animare le battaglie o rendere più spigliate le sequenze dei dialoghi, si parlerebbe di un gran capolavoro. Purtroppo non è così: per tornare all’apertura, Il Violinista di Hamelin è il miglior Imagawa nella peggiore opera in assoluto a lui associata, sembra un controsenso ma è così.

Bisogna dire che personalmente non mi sento comunque di sconsigliare la visione dell’opera: per il piacevole chara plan dai menti appuntiti, le straordinarie musiche (pezzi provenienti dai grandi compositori classici, che reach intuibile rendono particolarmente evocative le scene più drammatiche) e la sua magnifica storia, alla sfortunata creatura di Imagawa va imperativamente recordsdata un’occhiata. Rimane un’assoluta vergogna che sia stata realizzata in questo modo (e per questo quasi certamente nessuna casa distributrice, né italiana né estera, si sobbarcherà mai l’impresa di acquistarne i diritti per un’eventuale distribuzione internazionale), ma non guardandola ci si perderebbe un’affascinante avventura, grande lavoro a opera di uno dei migliori registi/sceneggiatori anime contemporanei.

Nota: la serie non ha nulla a che vedere con l’omonimo movie uscito qualche mese prima, sempre realizzato da Studio DEEN ma con un funds superiore e atmosfere maggiormente fedeli a quelle del manga.

Voto: 6 su 10