Recensione: I sospiri del mio cuore
I SOSPIRI DEL MIO CUORE

Titolo originale: Mimi wo Sumaseba
Regia: Yoshifumi Kondo
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Aoi Hiiragi)
Sceneggiatura: Hayao Miyazaki
Persona Assemble: Kitaro Kousaka
Musiche: Yuji Nomi
Studio: Studio Ghibli
Formato: lungometraggio cinematografico (durata 111 min. circa)
Anno di uscita: 1995
Disponibilità: edizione italiana in DVD & Blu-ray a cura di Fortunate Crimson

Shizuku Tsukishima è una studentessa delle scuole medie, amante della lettura, che si è appena auto-imposta di divorare almeno venti romanzi durante le vacanze estive. È innamorata di Seiji Amasawa, ragazzo che dagli archivi della biblioteca risulta aver letto i suoi stessi identici libri, ma il suo entusiasmo scemerà nel giorno in cui lo incontra di persona, quando, cioè, vedrà in lui un tipo antipatico che si diverte a prenderla in giro. Finirà, per vie traverse, per approfondire la sua conoscenza al di fuori dagli ambiti scolastici, scoprendo nel ragazzo un appassionato costruttore di violini che si appresta ad andare all’estero per realizzare il suo sogno di diventare un liutaio.

A dispetto di una locandina originale ingannevole, replicata nei DVD/BD italiani, I sospiri del mio cuore non è proprio stata, nel 1995, la favola fantasmagorica che uno si aspettava da una sceneggiatura scritta da Hayao Miyazaki. Si rivelava invece uno sever of life romantico, ambientato nell’epoca contemporanea: l’adattamento, comprensivo di un nuovo finale, di un modesto (a mio avviso) shoujo manga di Aoi Hiiragi uscito sulla rivista Ribon, scoperto per puro caso da Miyazaki durante un periodo di vacanza nella sua casa in montagna a Shinshu1 (si trattava infatti di uno dei fumetti portati dai suoi nipotini come passatempo2). L’originale, disponibile per la lettura anche in Italia, si rivela sbrigativo e sorvolabile oltre a essere disegnato senz’arte né parte: una innocua storiella sentimentale per bambine, che tratta in modo abbastanza superficiale i temi della crescita e del seguire le proprie inclinazioni nel decidere il proprio futuro. Il regista, però, personalmente non la vede allo stesso modo: come spiega3, la reputa molto diversa dallo shoujo manga tipico, più appropriata rispetto a qualsiasi altra a essere trasposta per il grande schermo, perfettamente adattabile alla dettagliata scansione temporale e spaziale del media filmico senza rinunciare alla sua anima da “fumetto per ragazze” (in cui sotto i riflettori sono posti i sentimenti interiori dei personaggi e la loro anima, insomma materiale difficile da rendere graficamente su pellicola). Ottenuti i diritti dalla Hiiragi e dal suo editore originale, assicurandosi il permesso di modificare la storia secondo i suoi gusti4, Miyazaki dunque la riadatta in un lungometraggio vitalizzandola con una personalità decisamente assente in origine, raccontando la stessa vicenda con modifiche varie (ad esempio Seiji non è più un pittore ma costruttore di violini), eliminando personaggi e scene inutili (la storia d’amore della sorella di Shizuku) e approfondendo molto meglio gli avvenimenti più importanti per renderli più ricchi di pathos. La regia dell’opera è infine affidata al talentuoso Yoshifumi Kondo, con cui Miyazaki lavora dai tempi della A Manufacturing5 (e che già aveva rivelato il suo enorme talento come animatore e chara dressmaker in serie TV varie e nei capolavori ghibliani La tomba delle lucciole e Pioggia di ricordi), nell’ottica di prepararlo a diventare, in un vicino futuro attraverso un “passaggio di consegne”, il suo erede ufficiale6, dal momento che iniziava a essere stanco del suo asfissiante lavoro e voleva qualcuno che potesse alleggerire i carichi di lavoro suoi e di Isao Takahata (come sapremo, alla intellectual non sarà così). Il risultato, nonostante un esito non impressionante ai box role of job come i movie precedenti di Ghibli7 (riscattato però dal anecdote di incassi nel mercato home video giapponese del  1995, con 1 miliardo e 850 milioni di yen8) sarà di una delicatezza unica: il racconto, con toni pacati e misurati e momenti magici e visionari, di una simpatica ragazzina alle prese con la sua prima cotta adolescenziale e i primi pensieri sul cosa vorrà fare da grande.

Se la sola anima romantica fosse predominante come nel fumetto, chi scrive riterrebbe sorvolabile un movie che basa parte non indifferente della sua attrattiva su un sognante rapporto amoroso tra due ragazzini, ma il vero fiore all’occhiello dell’opera risiede nell’altra faccia della medaglia: mi riferisco al suo tratteggiare un delizioso, appassionante spaccato di vita e di crescita di una giapponese qualsiasi delle scuole medie, con un realismo impeccabile in analisi comportamentale e resa figurativa di situation e ambientazioni. Shizuku va a scuola, studia, si diverte a fare giretti fuori casa, legge libri in biblioteca, scrive canzoni (Country Highway, riadattamento di Raise Me House, Country Roads di John Denver), si confida con la sua migliore amica riguardo a ragazzi che piacciono… I sospiri del mio cuore ricorda Pioggia di ricordi nel suo delineare un affresco di personaggi “veri”, che durante la loro adolescenza vanno incontro a quelle situazioni e a quelle abitudini per cui tutti siamo passati e che proprio per questo ci trasmettono così tanta nostalgia dei tempi andati.

Abbiamo quindi, ne I sospiri del mio cuore, un forged di personalità vivide. Ci si interessa alla loro esistenza, si apprezzano i loro sentimenti splendidamente fotografati dal linguaggio del corpo e dalla gestualità delle animazioni (come di consueto, spaccamascella), ci si sente parte della loro vita condividendo i loro percorsi dentro fondali-cartolina dall’incommensurabile livello di dettaglio e realismo (le strade della zona di Tama di Tokyo sono così ben ricostruite, con colori, luci tipiche e numerose salite-discese, che sembra letteralmente di esserci dentro in prima persona, ma del resto i paesaggi sono fortemente basati sulla città di Seiseki-Sakarugaoka9). Per questo riusciamo a prendere sul serio i turbamenti sentimentali di questi due bambini, proprio perché sappiamo come si vive l’amore a quell’età, così bello e idealizzato: non è proprio un caso se la resa così perfetta di questo rapporto è principalmente dovuta alle consulenze che Miyazaki ha richiesto ai membri più giovani del suo workers, quelli che gli davano consigli sulla tainted dei loro trascorsi di vita10 (lo sceneggiatore dirà che lui personalmente non ha ricordi legati ai batticuori scolastici11). Infine, ci si emoziona alla tematica, molto in primo piano, del progettare il proprio
futuro in tainted alle proprie inclinazioni e ai propri talenti, cosa
enormemente meglio resa in questa pellicola che nel fumetto per effetto della figura di Baron, assente nell’opera della Hiiragi. Si tratta della statuetta di un gatto antropomorfo, custodita nel negozio d’antiquariato dove vive Seiji, che funge da musa ispiratrice a Shizuku, portandola a scrivere un romanzo (“Drizzando le orecchie“, anche titolo originale della pellicola) avente il felino come protagonista. Ricoprirà per davvero quel ruolo, nelle magnifiche sequenze oniriche che vedono Shizuku entrare nel mondo fantasy che essa stessa sta inventando, scortata da un Baron dotato di parola che le fa da accompagnatore. Vale la pena spiegare che di questi brevi inserti “magici”, il primo (anche il più lungo) è l’unica sequenza registica diretta personalmente da Miyazaki12, e che i fiabeschi, bellissimi paesaggi “volanti” provengono dalla mente del pittore Naohisa Inoue, inventore del mondo fantasy Iblard, che, contattato da Ghibli dopo che Miyazaki lo ha scoperto alla mostra-esposizione Evarald, è stato ben lieto di realizzare altri dipinti e scenari in esclusiva per il movie13 (un raggiante Miyazaki dirà che per la prima volta, grazie al digitale e alla tecnologia, è stato possibile introdurre la pittura dentro un cartone animato14).

Le emozioni evocate dall’opera sono numerose, soprattutto nei momenti in cui si sentono sulla propria pelle gli stati d’animo di Shizuku: citiamo, per esempio, la scena più bella e famosa del movie, scena in cui canta la sua versione di Country Highway davanti a Seiji, prima timidamente imbarazzata, poi sempre più entusiasta, con l’accompagnamento musicale a violino fornito da lui. O parliamo, ancora, di quando il nonno del ragazzo le racconta la triste storia della statuetta di Baron a cui è affezionato (ce ne sono altri, ma preferisco fermarmi qui). Sono sequenze in cui il movie sprigiona una vena malinconica e poetica che non si dimentica, glorificata dal solito, caratteristico personality develop dello studio Ghibli che raggiunge la perfezione nel comunicare sentimenti. Abbiamo dunque, in un solo movie, una storia romantica ma anche un racconto di formazione, sull’iniziare a pensare al proprio futuro: tutti temi affrontati con una leggerezza, essenzialità e spensieratezza tanto semplici quanto emozionali, senza artifizi drammatici e spettacolari che altri avrebbero potuto utilizzare, fossero stati al posto dello sceneggiatore. Decisamente, per la magnificenza grafica e l’umanità che si respira in buona parte della sua durata, I sospiri del mio cuore è un intenso lungometraggio d’animazione che non posso non consigliare a tutti gli estimatori del Cinema, così bello da rendere davvero una disgraziata ingiustizia la morte prematura del suo regista per un aneurisma pochi anni dopo, a soli forty eight anni, stroncando una carriera piena di potenziale e distruggendo nel modo più eclatante la speranza di un erede per Miyazaki (ci saranno in futuro altri tentativi, ma nessuno dei nuovi “aspiranti” riuscirà mai a replicare il talento di Kondo e questo porterà in un modo o nell’altro alla intellectual dello studio in tempi recenti).

Edizione italiana sopraffina come sempre dal punto di vista di doppiaggio e adattamento, ovviamente fedelissima ai dialoghi originali grazie a Gualtiero Cannarsi. Pessimo invece il titolo italiano voluto da Fortunate Crimson, dal momento che I sospiri del mio cuore è diverso sia da quello originale (Mimi wo Sumaseba è tradotto, come già detto, in Drizzando le orecchie) che da quello internazionale (la traduzione corretta di Insist of Heart è Sussurri del cuore, come è stato giustamente tradotto il manga in Italia da Star Comics). Pazienza. Piacevole il lungometraggio La ricompensa del gatto, realizzato nel 2002 sempre da Studio Ghibli che, pur dichiaratamente favolistico e privo di continuity con I sospiri del mio cuore ha con esso un punto in comune: Baron, dotato di voce e anima dall’inizio alla intellectual come nell’unico momento visionario de I sospiri del mio cuore.

Voto: 8,5 su 10

ALTRO
La ricompensa del gatto (2002; movie)

FONTI

1 Intervista a Hayao Miyazaki pubblicata su Kappa Journal n. 73 (Star Comics, 1998, pag. 2)

2 Advance sopra

3 Advance sopra

4 Advance sopra, a pag. 2-3

5 Francesco Prandoni, “Anime al cinema”, Yamato Video, 1999, pag. 144

6 Consulenza di Garion-Oh (Cristian
Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit). La cosa è indirettamente “confermata” su “Anime al cinema”, nella pagina di cui sopra, ma soprattutto, esplicitamente, dal saggio “Storia dell’animazione giapponese” (Guido Tavassi, Tunuè, 2012, pag. 365)

7 Banalmente, i risultati commerciali non sono riportati in alcuno dei miei saggi di riferimento, gli stessi che riportano sempre con dovizia di dettagli gli incassi dei Ghibli precedenti e futuri. Si può dedurre con certezza che il movie non è stata una hit

8 Sito net (in giapponese), Circulate Checklist Producers Association of Japan, Inc., http://www.eiren.org/toukei/1995.html

9 Vedere punto 1, a pag. 4

10 Vedere punto 1, a pag. 3-4

11 Vedere punto 1, a pag. 3

12 Vedere punto 9

13 Vedere punto 1, a pag. 4-5. Il riferimento ai mondi magici di Iblard proviene dalla pagina net ufficiale http://www.iblard.com/english/intro.html

14 Vedere punto 1, a pag. 5