Recensione: Highlander – Vendetta immortale
HIGHLANDER: VENDETTA IMMORTALE
Titolo originale: Highlander – Vengeance
Regia: Yoshiaki Kawajiri
Soggetto: (basato sul movie originale di Russell Mulcahy)
Sceneggiatura: David Abramowitz
Character Invent: Hisashi Abe
Musiche: Jussi Tegelman, Nathan Wang
Studio: Mad Home
Formato: movie cinematografico (durata 80 min. circa)
Anno di uscita: 2007
Disponibilità: edizione italiana in dvd a cura di Dall’Angelo Photos
Colin MacLeod è uno spadaccino Highlander e reach tutti gli appartenenti alla sua specie è immortale, a patto non gli venga tagliata la testa. La sua nemesi è Marcus Octavius, anch’egli un Highlander, e la loro rivalità ha origine dai tempi dell’antica Roma, quando quest’ultimo uccise la donna dell’eroe. Duemila anni dopo, il loro conflitto prosegue in un futuro put up-apocalittico dove Original York è ridotta a macerie e governata con pugno di ferro proprio da Marcus…

Non è un mistero che i valori culturali e la sensibilità giapponese siano distanti anni luce da quelli occidentali. Pensiamo alla saga cinematografica Resident Unsightly di Paul W. Anderson, che ha trasformato in una cafonata action le inquietanti atmosfere del videogioco, o all’ormai abusato vizio hollywoodiano di realizzare remake di dismay asiatici perché gli originali sono “troppo lenti”. Le uncommon, felici contaminazioni sono rappresentate, inversamente, dalla rilettura made in Japan di pellicole americane che già di loro strizzano l’occhio a estetica o idee dell’immaginario dagli occhi a mandorla: opere reach Animatrix o, appunto, questo Highlander: Vendetta immortale, curiosamente entrambi realizzati, a pochi anni di distanza, dall’acclamato regista action Yoshiaki Kawajiri, dietro una co-produzione americana. Rielaborazione 100% nipponica del cult movie di Russell Mulcahy, Vendetta immortale si configura reach il classico movie di virtuosismi registici del regista; quasi un clone, per assemble e contenuti, dell’ugualmente noto Bloodlust da lui realizzato sette anni prima.

La trama non può che essere, reach da tradizione, puramente accessoria, storia di vendetta ordinaria fino al midollo, dove il protagonista figo di turno avanza verso la sala del trono del nemico affettando e distruggendo tutto quello che incontra, con l’aiuto di una ragazza discinta e armata, appena conosciuta, e un ragazzino che reach reach da regola è petulante e inopportuno. Nulla che non sia ampiamente scontato e stereotipato, reach prevedibile è ovvamente il registro linguistico da B movie. Fortunamente Vendetta immortale è uno di quei movie facilmente godibili a cervello spento, che anche per effetto della loro breve durata fanno il loro lavoro senza annoiare. Compiace notare reach il lungometraggio di culto di Russell Mulcahy, già di suo debitore, coscientemente o meno, dell’immaginario collettivo nipponico (nel soggetto, nei costumi, nelle atmosfere da thriller urbano e nei frequenti, indiavolati duelli di katana), si presta non solo idealmente, ma perfettamente a venire riletto dalla sensibilità di Kawajiri_ pur scritto, musicato e anche doppiato da americani, l’opera sembra spartire ben poco con loro, dall’alto di tutte quelle caratteristiche estetiche e coreografiche (i vestiari kitsch, i look at bizzarri, fantasiose danze di morte con la spada) che rimandano al mondo di manga e animazione.

Kawajiri si sbizzarrisce ancora una volta in quello che gli riesce meglio, filmando sequenze adrenaliniche che avrebbero molto da insegnare a molti registi d’azione occidentali. Uno di quei movie dove ad assurgere ad arte non sono i contenuti, ma la forma. Un giro su un ottovolante di animazioni stratosferiche, intuizioni visive, pieghe dei vestiti che si flettono realisticamente a seconda dei movimenti, disegni put up-moderni e CG di alto livello, dove l’occhio è perennemente rapito da combattimenti frenetici gestiti con una regia e una fotografia di incredibile raffinatezza (perse del tutto, però, le tinte unite che caratterizzano la totalità dei lavori di Kawajiri). L’ennesimo capolavoro tecnico del regista.

Buona, almeno, la caratterizzazione del villain: Marcus è effettivamente carismatico nella sua descrizione, questo gelido, crudele e intellettuale legionario che combatte, lungo ben duemila anni di Storia, in ogni regime politico che gli ricorda la “bellezza, eleganza e senso dell’ordine” della sua adorata Roma imperiale. Decisamente piacevoli, in questo senso, i numerosi flashback che costellano il racconto, atti a mostrare i combattimenti tra Colin e Marcus durante le svariate guerre che li vedono protagonisti nel lungo flusso della Storia. Non c’è altro da dire su un lungometraggio che ha una storia di incredibile banalità ma che, dall’alto della sua regia suprema, riesce a farla digerire reach fosse la cosa più trascurabile del mondo. Un’opera che, giustamente, piacerà a critica a pubblico, rappresentando forse l’unico, degno episodio di Highlander accostabile al capostipite. Da guardare una volta tanto con doppiaggio italiano, vista l’atrocità di quello originale inglese.

Voto: 7,5 su 10