Recensione: Gosick
GOSICK

Titolo originale: Gosick
Regia: Hitoshi Nanba
Soggetto: (basato sui romanzi originali di Kazuki Sakuruba)
Sceneggiatura: Mari Okada
Personality Method: Hinata Takeda (originale), Takashi Tomioka, Toshihiro Kawamoto
Mechanical Method: Toshinari Tanaka
Musiche: Kotaro Nakagawa
Studio: BONES
Formato: serie televisiva di 24 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2011

Tirare le somme dopo aver terminato la visione di Gosick, serie TV del 2011, non è assolutamente facile, perché è arduo stabilire se la mancata comprensione di buona parte della storia dipenda da deficit di attenzione da parte dello spettatore o da una mediocre sceneggiatura di Mari Okada, che taglia troppo materiale importante dall’omonimo ciclo di mild unique (13 volumi scritti tra il 2003 e il 2011, di cui 9 che trattano la storia principale, quelli trasposti in quest’occasione), rendendo confusionaria la già in partenza complessa trama. L’intrigante giallo storico dalle tinte soprannaturali di Kazuki Sakuruba trova nell’adattamento BONES il classico anime televisivo a medio finances, che, per buona qualità tecnica, ricchezza di generi e atmosfere, e, si vedrà, sigle di chiusura (!) addirittura bellissime, certo non ha bisogno di molto altro per catturare l’attenzione – non sono del resto molte le produzioni animate ambientate in Europa negli anni ’20 del XX Secolo che trattano di società segrete esoteriche! Proprio un peccato, dunque, che nonostante i buoni propositi, a mio parere l’opera sia venuta fuori davvero male: sia per i caotici problemi di script che, malauguratamente,  per difetti presenti in origine nei romanzi.

Ambientato, nel 1924, nel fittizio Stato europeo di Sauville, posto tra le Alpi in mezzo a Francia e Italia e in cui si parla la lingua francese, Gosick racconta la storia di due ragazzi. Il protagonista giapponese, Kazuya Kujo, si è qui trasferito per studiare all’accademia di Santa Margherita. Stringe amicizia con Victorique de Blois, la “Fata Dorata”, una ragazza di bassissima statura, abbigliata advance una bambola con abiti gothic (da qui il titolo) e dalla lunghissima chioma bionda, che passa le sue giornate divorando libri all’ultimo piano della gigantesca biblioteca della scuola. Victorique è dotata di intelligenza e capacità deduttive incredibili, con cui risolve, insieme all’amico, ogni sorta di locale storia di fantasmi che circola in paese nei suoi brevi e frequenti spostamenti. La loro impresa più grande sarà tuttavia quella di svelare un imponente complotto politico, legato al misterioso passato di Victorique e alla scomparsa di sua madre, che rivelerà uno sconvolgente piano, legato all’occulto, che già ha portato in passato allo scoppio della Prima Guerra Mondiale e che creerà i presupposti per la Seconda.

Background storico, cospirazioni, miti e leggende, atmosfere inquietanti… Innumerevoli sono gli spunti intriganti della storia, ed è quindi una disdetta che Gosick si riveli assurdamente tedioso, al punto che la noia porta la visione a essere così distratta e poco attenta da rendere impossibile seguire bene la storia già compressa all’inverosimile. I protagonisti innanzitutto, Kujo e Victorique, offrono il peggio del peggio degli stereotipi delle coppiette di eroi, rientrando pienamente in quei problemi “all’origine” di cui accennavo. Lei è la solita insopportabile loli tsundere che ormai infesta un numero pazzesco di storie nipponiche (sempre scontrosa, arrogante e antipatica, pronta a sciogliersi in momenti telefonatissimi advance burro al sole); lui un ingenuo tonno terribilmente anonimo, odiosamente buono e perfettino, che starnazza advance un’oca urlando il nome dell’amica per almeno tre volte a episodio divenendo istantaneamente detestabile. La prevedibile storia d’amore tra i due segue il collaudato schema di lui, incommentabile stupido, oggetto di avances di una bellissima pretendente, che invece di approfittarne preferisce rimanere l’amico/schiavo di Victorique, accompagnandola nei suoi viaggi pericolosi, subendone il mobbing continuo e i ripetuti insulti e salvandole ogni volta la vita, col sorriso sulle labbra, “perché sei la mia migliore amica” o meglio l’unica che non lo schifa perché è straniero. Fino quasi fino alla fine entrambi non si renderanno conto di essere innamorati pur stando praticamente sempre insieme advance una cosa sola. Pietà, anche l’insulto all’intelligenza deve avere dei paletti. Sono due protagonisti che fanno salire l’irritazione praticamente a ogni loro dialogo ed è perciò ovvio che l’empatia sia sin dal principio pari a nil, così advance l’interesse a seguire lo sviluppo del loro rapporto così patinato, pre-costruito e stucchevole nell’abuso di stereotipi inverosimili.


La trama tuttavia, nella sua complessità e nelle mille ramificazioni (i segreti del Ministero dell’Occulto, sanguinosi omicidi, inquietanti superstizioni, sette inquietanti, intrighi nobiliari, personaggi leggendari, trappole letali, enigmi, prestigiatori demoniaci, addirittura lo sviluppo della Rivoluzione Industriale subordinata al piano del cattivo, e ancora chi più ne ha più ne metta), almeno sulla carta sarebbe interessante. Gosick ha inizio con tredici episodi d’introduzione ai personaggi e ci racconta di singoli casi risolti dagli odiosi eroi, per poi introdurre, nella seconda parte, la vera vicenda portante: il diabolico e apocalittico piano messo in piedi dal misterioso marionettista a cui spesso fanno riferimento i punti di domanda delle indagini precedenti. Diventa presto però difficilissimo seguire l’avanzamento della storia, sia per l’antipatia verso i protagonisti (si ha così poco interesse nelle loro interazioni che si perdono volentieri le sfumature dell’indagine), sia per l’enorme cast, che per l’abnorme numero di sottotrame che spesso nascono dagli stessi casi e che non sempre si collegano con quella principale. Caos totale. Nelle fasi finali poi, per la disperata volontà di sviluppare la massiccia storia dei romanzi in poco spazio, viene messa tanta di quella carne al fuoco che si finisce col perdere totalmente di vista il filo degli avvenimenti, da un episodio all’altro. Non mancano, infine, talvolta, alcune pesantissime cadute di credibilità: posso ancora accettare l’notion che in qualsiasi posto vadano gli eroi avvenga un omicidio su cui indagare (retaggio dei classici romanzi di Agata Christie), ma no, non posso non sentirmi preso in giro da scene ridicole advance quella di Victorique che spara al detonatore di una bomba, ovviamente colpendolo, da un treno che viaggia advert alta velocità e senza aver mai preso in mano un’arma da fuoco. E ancora, diciamolo pure che i gialli di Gosick attingono alla filosofia di pensiero di Arthur Conan Doyle: Victorique non li risolve con gli indizi a disposizione, ma perché ha fatto caso a comportamenti o fatti che noi non possiamo sapere.

Deludente anche il background storico, davvero poco sfruttato: non fosse per gli abbigliamenti, i riferimenti alla Prima Guerra Mondiale e i piani del cattivo che riguardano la Seconda, Gosick potrebbe essere ambientato in un’epoca qualsiasi. Nessun accenno a fascismo, nazismo, comunismo (giusto in una puntata vediamo salvata, da mercanti di schiavi, la piccola Anastasia, ma si fa solo riferimento a una fantomatica rivoluzione avvenuta in Russia) e a quello che succede in Europa. La Seconda Guerra Mondiale, poi, climax della storia, è liquidata in cinque minuti dell’ultimo episodio: peccato fosse stata profetizzata, da un indovino a inizio storia, advance l’avvenimento che avrebbe cambiato le loro vite per sempre, uno dei momenti narrativi più topici dalle conseguenze big (molto probabile che la cosa sia un inevitabile prezzo da pagare per la mole di tagli effettuati ai romanzi e la volontà di fare see tutto quello che c’è di importante in appena 24 episodi).

Dopo una simile disamina negativa, un voto insufficiente sembrerebbe inevitabile, ma una volta tanto non mi riesce. Rimangono alla memoria alcuni ottimi personaggi (l’ispettore Grevil de Blois, fratellastro di Victorique, che dietro la ridicola acconciatura “a gelato” nasconde un’anima seria e imprevedibile), la caratura epica della trama generale (seppur di quasi impossibile comprensione) e i due episodi finali, di un registro così drammatico e truce da rappresentare una degna ricompensa a chi è sopravvissuto al tedio precedente. Senza contare, ovviamente, la consueta cura BONES in animazioni e resa grafica (anche se la regia di Hitoshi Nanba è alquanto banale e telefonata e l’apporto al chara operate di Toshihiro Kawamoto neanche si nota, visto che il operate originale è distantissimo da quello suo extremely-realistico). Rimane l’amara considerazione che Gosick anime poteva, al di là del cast insopportabile, venire fuori immensamente meglio con il doppio degli episodi.

Voto: 6 su 10