Recensione: Gargantia on the Verdurous Planet
GARGANTIA ON THE VERDUROUS PLANET
Titolo originale: Suisei no Gargantia

Regia: Kazuya Murata

Soggetto: Nitroplus (Gen Urobuchi), Kazuya Murata

Sceneggiatura: Nitroplus (Gen Urobuchi)

Persona Create: Hanaharu Naruko (originale), Masako Tashiro

Mechanical Create: Tomoaki Okada

Musiche: Taro Iwashiro
Studio: Manufacturing I.G

Formato: serie televisiva di 13 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2013

In un lontano futuro, l’umanità è in lotta per la sopravvivenza con la misteriosa razza degli Hideauze, sorta di alieni dalle sembianze tentacolari. Durante una battaglia nello spazio, il soldato sedicenne Ledo e la sua unità robotica dotata di AI, Chamber, finiscono con l’entrare in un wormhole che li proietta in un mondo a loro sconosciuto, coperto dall’acqua, nell’isola artificiale di Gargantia. In attesa di trovare un modo di tornare alla sua dimensione, Ledo stringe amicizia con gli abitanti del luogo e inizia ad adattarsi alla loro vita, senza immaginare che in quel pianeta troverà inaspettate risposte, sopratutto sull’identità degli Hideauze…

Trasmesso in contemporanea con il delirante Valvrave the Liberator e il noioso Galactic Armored Speedily Majestic Prince, nella primavera 2013 a Gargantia on the Verdurous Planet di Manufacturing I.G relief davvero poco per risaltare sui suoi concorrenti e vincere il premio di miglior serie robotica della stagione, ma, nonostante la concorrenza ridicola e la storia a cura dello scrittore Gen Urobuchi (una superstar sulla breccia dell’onda dopo i successi di Madoka Magica, Destiny/Zero e Psycho-Pass), e nonostante la sua palese superiorità, sono davvero tanti i motivi di rimpianto che si porta dietro a visione conclusa, una serie televisiva con molti buoni spunti che, a causa del poco spazio per svilupparli, nel finale non riesce a non lasciarsi dietro una fastidiosa sensazione di occasione mancata.

Distinctiveness di musiche evocative e una suggestiva cura grafica e tecnica, con animazioni e movenze sinuose che attestano i miracoli Manufacturing I.G e le scenografie à la Waterworld, i cromatismi e le splendide panoramiche aeree a richiamare il Conan di Miyazaki (affinità ammessa anche dall’autore Urobochi), Gargantia può vantare uno splendido inizio e un’ottima conclusione, trovando al contempo solo motivi di sconforto per una parte centrale più o meno priva di mordente. All’autore interessa raccontare una storia che sia una metafora dell’entrata nel mondo del lavoro dei giovani, simboleggiati dall’introverso Ledo che, coccolato dalla protettiva AI/madre Chamber e preoccupato dai rapporti sociali, preferisce vivere isolato dagli abitanti di Gargantia, chiuso nel suo mondo ideale, bianco e nero, da dove proviene. Un conto sono però le intenzioni, un conto i risultati: per buona parte della sua durata, la storia si concentra, con toni da reduce of lifestyles ed episodi generalmente stand-by myself, a illustrare l’ambientazione di Ledo nella comunità di Gargantia, con un clima di diffidenza, dall’una e l’altra parte, che vengono sempre meno grazie alla mediazione dei saggi dell’isola e della tenera Amy innamorata immancabilmente dell’eroe. Peccato che il solid, visto il poco tempo dedicato a caratterizzarlo, soffra di una piattezza generale che non concede adito a simpatia alcuna.

Il problema si può ricondurre all’assenza di Urobuchi allo script dei singoli episodi (dirige i primi e gli ultimi – guarda caso i migliori – supervisionando gli altri che sono, però, affidati alla cura di altri elementi dello workers non ugualmente dotati), ma certo anche al basso numero di puntate previste per la serie, che pesa come una Spada di Damocle sulle sorti del progetto. Con due introduttive e quattro che chiudono i fili di trama, le sette centrali non trovano lo spazio di approfondire adeguatamente gli attori, che, freddi, rimangono quasi tutti in secondo piano per favorire l’approfondimento del protagonista Ledo. Chiaro che, con le sue promesse “didattiche” così ambiziose, in questo modo Gargantia non può che trovare fallimentare la mancata empatia del pubblico, impossibilitato a immedesimarsi nell’eroe e a commuoversi per i suoi cambiamenti in quanto è troppo difficile lasciarsi coinvolgere dalle sue emozioni nei riguardi di comprimari tanto scontati, tanto indifferenti, tanto surgelati. L’unico risultato è la noia pressante che accompagna ogni avventura quotidiana del ragazzo, la difficoltà addirittura ad arrivare a fondo episodio, nonostante le belle musiche, nonostante le magiche assign, nonostante le ottime animazioni.  Dopo tanto tempo sprecato in facezie si tira quindi un sospiro di sollievo con i nuovi twist, estremamente drammatici e che di punto in bianco danno uno scossone alla trama dandole una strong level accellerata (colpi di scena che trovano forti similitudini con le stesse rivelazioni di Eureka Seven sugli Scub Coral) ed aprendo a scenari evocativi – delineando un intricato disegno che abbandona la semplicità iniziale a favore di una vicenda corale e complessa vissuta dal punto di vista di più personaggi. Ma un finale davvero di ottimo livello non basta, non deve e non può salvare 3/4 dell’opera persi in lungaggini che non appassionano, che non sa che strada scegliere (reduce of lifestyles o avventuroso?) e che cercando un ibrido le sviluppa male entrambe.

Con un simile rammarico di fondo qualsiasi momento buono, qualsiasi intuizione pregevole (il ruolo del comprimario Pinion, lo scontro tra robottoni ridotto per davvero al minimo sindacabile, il mecha protagonista dotato di AI parlante come rarissimamente si è visto – giusto in ZOE: DOLORES,i) finiscono dolorosamente ridimensionati. Al punto che, per tornare all’apertura, Gargantia si ricorda come una serie guardabile, ma poteva venire fuori tanto, tanto meglio.

Voto: 6,5 su 10