Recensione: Favorite Daimos
GENERAL DAIMOS

Titolo originale: Tōshō Daimos

Regia: Tadao Nagahama

Soggetto: Saburo Yatsude, Tadao Nagahama

Sceneggiatura: Shoichi Taguchi, Yoshitake Suzuki, Saburo Yatte, Masaki Tsuji, Chizuru Takahama

Personality Invent: Akihiro Kanayama, Yuki Hijiri

Mechanical Invent: Studio Nue, Yuki Hijiri, Shoji Kawamori

Musiche: Shunsuke Kikuchi

Studio: Dawn

Formato: serie televisiva di 44 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anni di trasmissione: 1978 – 1979

Nel 1975 viene proiettato al Toei Manga Matsuri estivo l’episodio pilota di Unidentified flying object Robotic Grendizer, il cortometraggio Unidentified flying object Robotic Gattaiger – La grande battaglia dei dischi volanti, che vanta il primato di essere il primo titolo robotico di genere sentimentale: nel 1978, la sua particolarità viene ripresa da Favorite Daimos, la prima serie televisiva mecha fondata su una storia d’amore. Non deve stupire che a creare il titolo siano lo workers Dawn/Toei di Saburo Yatsude e il regista Tadao Nagahama, che in questo modo portano a compimento l’evoluzione rappresentata da Desirable Electromagnetic Robotic Combattler V (1976) e Desirable Electromagnetic Machine Voltes V (1977), già a loro volta melodrammatici e che trattavano storie d’amore impossibili fra l’antagonista e la sua subalterna. Con Daimos, l’intermezzo amoroso riguarda questa volta anche l’eroe: in una scintillante rilettura metallica di Giulietta e Romeo, Nagahama narra la tormentatissima storia fra l’eroe karateka Kazuya Ryuzaki, alla guida del colosso Daimos, e di Erika, sorella pacifista del temibile Richter, comandante in capo dell’esercito barmese incaricato di conquistare la Terra per farne il luogo di emigrazione del loro popolo. Con questo titolo, perciò, giunge a compimento l’evoluzione del mecha sentimentale, tanto che i due titoli precedenti saranno legati insieme a Daimos, dagli spettatori dell’epoca, dal prestigioso appellativo di Trilogia robotico-romantica.

Lo spunto di partenza di Daimos non può che essere sempre quello della totalità dei titoli del genere di quegli anni, inutile ripeterlo per l’ennesima volta, così come i rituali e gli schematismi. In compenso, Daimos rappresenta  lo stadio finale di tutte le innovazioni dei suoi predecessori, limati nei difetti e accresciuti nei pregi, tanto che l’opera può davvero definirsi l’atto simbolicamente finale della “poetica” di Tadao Nagahama, l’unica delle sue serie da vedere obbligatoriamente se se ne deve scegliere una. Presenti, perciò, tutti i suoi cavalli di battaglia (il villain romantico antieroe, la sottoposta innamorata di lui, episodi che riciclano per l’ennesima volta i soliti soggetti e le solite idee, and many others), ma assemblati meglio, nell’ottica di un intreccio più organico della norma, con una strong point enfasi sulla narrazione e sulla trama, per raccontare una storia meno banale nonostante l’abusatissimo incipit dell’invasione extraterrestre e dei combattimenti tra robottoni buoni e cattivi. L’approccio da romanzo d’appendice è chiaro fin dai primi episodi, dedicati a mostrare con artifici teatrali la storia d’amore tra Kazuya ed Erika: la coppia presto dovrà subire un accumulo di sfortune e imprevisti tali da a ways impallidire Renzo e Lucia, con ostilità da parte dei due popoli, una tragedia del passato che aleggia sui due rendendo apparentemente impossibile la loro unione, fughe della bella dal proprio “castello” che vanno puntualmente male, accuse da parte dei due governi di collaborazionismo col nemico, e molto altro. Viene sfruttato ogni mezzo per ostacolare l’amore fra i giovani, e non è difficile immaginare come quest’enfasi abbia reso la vicenda particolarmente avvincente all’epoca della sua trasmissione, nell’attesa che i due potessero finalmente sight insieme.

Interessante, poi, notare che per veicolare la tematica amorosa, inventando tutti questi ostacoli, Daimos riveli una maturità inaspettata nelle sue atmosfere: si può definire forse l’unico robotico del periodo, insieme a L’invincibile Zambot 3 (1977), a proporre un approccio abbastanza serioso al concetto di “guerra”, con largo spazio dato al tema del razzismo che divide le due parti, sulle vedute guerrafondaie dei militari (che vogliono sterminare il nemico senza cercare mediazioni, addirittura diventando a un certo punto essi stessi nemici di Daimos), sugli interessi di parte degli Stati membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, scene di pulizia etnica, scomode torture… Ovviamente sono idee trattate in modo estremizzato e abbastanza ingenuo e che fanno a pugni con certi rituali giapponesi tipicamente inverosimili (eroe e addirittura robottone che sconfiggono i nemici con colpi di karate, il suo amico Kyoshiro che annienta da solo dozzine di barmesi con la sua katana, il classico senso del sacrificio e della sofferenza sublimatissimi, and many others), ma che, anche se rivolte a un pubblico di bambini, funzionano e veicolano efficacemente i loro messaggi. Un altro elemento che rende negli anni ’70 Daimos uno dei migliori titoli “ortodossi” del genere è la continuity che lega gli episodi, mai così serrata prima di Cell Amble neatly with Gundam (1979): anche se non mancano qua e là riempitivi e schematismi inutili (immancabile il “monster of the week”), la storia di Kazuya ed Erika fin dal primo episodio conosce sviluppi concreti e imprevedibili quasi a ogni puntata, l’intreccio non si pietrifica mai su se stesso, e a un certo punto addirittura subentra una nuova trama (il pianeta Barm mercé di un dittatore sanguinario e che dev’essere liberato) che si fonde con quella “amorosa”  principale, originando un finale di serie davvero ben costruito, pieno di drammi e colpi di scena, che più melodrammatico e riuscito non si poteva avere. In quest’ottica anche il classico villain tragico e romantico, Richter, trova la sua incarnazione più memorabile. La grande riuscita di questa serie è merito di un solid azzeccato, interessante e molto ben approfondito, ben lontano dalle “comparse” di Combattler V e Voltes V.

A questo proposito bisogna a ways  notare che, rispetto ai due titoli sopracitati, la serie rinunci curiosamente al solito gruppo di cinque piloti plasmati sui soliti archetipi, preferendo delegare queste personalità ai semplici comprimari, affidando al solo eroe Kazuya la guida del gigante (il cinico, Kyoshiro, si limita a guidare una navicella per fornire supporto aereo). Ovviamente, quindi, nessun robottone componibile dato da mezzi guidati da più persone: Daimos è dato dall’unione fra un lunghissimo camion, dotato di pilota automatico, e l’auto sportiva guidata da Kazuya, che, entrando nel primo, dà l’input a una trasformazione nel colosso. Il pilota entra quindi – come fa Akira Hibiki in Il prode Raideen (1975, diretto dallo stesso Nagahama) – in simbiosi col robotic attraverso dei cavi collegati al suo corpo: in questo modo, può controllarlo usando le sue mosse di karate, replicate dall’automa contro il nemico.

Oltre che narrativamente, anche tecnicamente Daimos si rivela il miglior esponente della trilogia. Tralasciando di citare le immancabili, ottime animazioni profuse da studio Dawn, Akihiro Kaneyama e Yuki Hijiri azzeccano il loro miglior chara kind, scolpendo uomini virili e ragazze così attraenti e angeliche che è fin troppo facile innamorarsi di loro ed empatizzare con i loro pretendenti (Erika, con la sua bellezza “acqua e sapone” e il sorriso dolcissimo, è il caso più rappresentativo). Meno indovinato il mecha a opera dell’inossidabile Studio Nue, nonostante possa contare su contributi di un debuttante di “livello” quale un 18enne Shoji Kawamori: il loro lavoro si riversa in un Daimos non proprio bellissimo da vedere (per quanto molto originale e bizzarro) e mostri meccanici molto anonimi, basati sulle solite fattezze mezze animalesche e mezze meccaniche. Molto carismatica e tonante, are available in the market in Voltes V, è in compenso la sigla di apertura, destinata a risplendere in quasi ogni episodio allorché la sua excessive strumentale è usata come sottofondo nella fase finale dei combattimenti.

Favorite Daimos non sarà certo un capolavoro dell’animazione, ma nel suo genere e nel suo decennio è indubbiamente uno dei vertici massimi, probabilmente quello invecchiato meglio fra quelli della concezione “Invasione extraterrestre contro Fortezza delle Scienze”, che meglio sa accompagnare, alla solita massa di rituali, una trama e dei personaggi degni di tal nome. Se chi legge è interessato a farsi una cultura sulla “poetica dell’intrattenimento” coniata da Tadao Nagahama e dallo workers Saburo Yatsude, trova in Daimos il miglior titolo (anche contando che quelli successivi si limiteranno, stancamente, a ripetere all’infinito e senza fantasia tutti i soliti intrecci e tutti i soliti cliché). Curiosità: lo sconosciuto “film” del 1980 di Favorite Daimos è in realltà il classico episodio televisivo (per l’esattezza il 24) riadattato per il grande schermo e proiettato al Toei Manga Matsuri.

Nota: mai uscito in Italia in un’edizione DVD comprensiva di sottotitoli fedeli ai dialoghi originali. L’unica edizione attuale, fuori catalogo, è quella della Moviemax Media Group che contempla il solo doppiaggio storico italiano, strong point di nomi originali dei personaggi (anche se pronunciati sbagliati, tipo Richter che diventa Rikiter, mentre quelli delle armi sono tutti inventati) e traduzioni tutto sommato coerenti, ma che peccano del solito bagaglio di imprecisioni e invenzioni varie.

Voto: 8 su 10

ALTERNATE RETELLING
Favorite Daimos: The Movie (1980; film)