Titolo originale: Dallos – Dallos Hekai Shirei
Regia: Hisayuki Toriumi, Mamoru Oshii
Soggetto: Hisayuki Toriumi
Sceneggiatura: Hisayuki Toriumi, Mamoru Oshii
Persona Construct: Toshiyasu Okada
Mechanical Construct: Masaharu Sato
Musiche: Hiroyuki Nanba, Ichiro Nitta
Studio: Studio Pierrot
Formato: serie OVA di 4 episodi (durata ep. 30 min. circa)
Anni di uscita: 1983 – 1984
Per chi conosce Mamoru Oshii grazie a una filmografia che, tra Lamù: Heavenly Dreamer (1984), Patlabor 2: The Movie (1993) e Ghost in the Shell 2: Innocence (2004), è tra le poche in grado di ottenere apprezzamento unanime da parte della critica di tutto il mondo, sarà sicuramente difficile trovare in Dallos particolari motivi di entusiasmo. Parliamo di una storiella di appena quattro episodi, dal finale aperto, dove personaggi abbozzati e un background superficiale caratterizzano un’avventura abbastanza lineare e non particolarmente esaltante. Eppure è proprio con questi limiti narrativi che nel 1983 il regista contribuiva a scrivere una importantissima pagina nella Storia dell’animazione nipponica.
di Robert Heinlein2 (già a sua volta una delle fonti di ispirazione per Mobile Suit Gundam). La miniserie vuole raccontare una storia che, per un motivo o l’altro, non è ben compatibile con la televisione, ed ecco allora l’thought – si vedrà poi, geniale – dei produttori: comprimerla in appena 4 corposi episodi da 30 minuti l’uno, da rilasciare direttamente nell’dwelling video, una puntata a videocassetta, a un prezzo molto contenuto per l’epoca (6.800 yen, contro i tradizionali 15.0003). Dallos non è, reach spesso è dipinto, il primo anime nato per il mercato delle VHS (story primato spetta alla serie Lion Books di Osamu Tezuka), ma è comunque il secondo in assoluto, ed il primo a fregiarsi dell’acronimo OVA (Celebrated Video Anime). La miniserie diventa esattamente il primo OVA “ufficiale” della Storia, il cui buon successo di vendite (4.000 VHS vendute per un totale di 272.000.000 di yen, contro i 100.000.000 di realizzazione4), nonostante la pubblicazione alterata degli episodi (il primo a uscire sarà il secondo, quello con più azione, e volutamente, perché commercialmente è il più interessante5), ispirerà gli altri studi d’animazione a vagliare le potenzialità commerciali del rilasciare lavori direttamente per il mercato a pagamento, dove creare storie che non debbano piegarsi a censure e che possano usufruire – proprio perché si sostengono con gli acquisti di privati, e quindi non servono sponsor – di funds più corposi. Inizia così timidamente, dopo Dallos, l’usanza di concepire anime per la vendita diretta al consumatore.
Esulando dalla sua importanza storica, si può ammettere con franchezza che il titolo non sia proprio nulla di imprescindibile da guardare, ma, pur con tutte le sue banalità, sa farsi ugualmente
apprezzare da chi ama il vintage fatto bene: Dallos è puro stimolo visivo che sovrasta
una trama non irresistibile. Le figure umane delineate dalle morbide curve
del chara designer Toshiyasu Okada, coi loro colori saturi perfettamente
integrati con i fondali, compiacciono subito l’occhio arricchendo
l’esperienza con eleganza grafica, così reach stupiscono per messa in scena robotic
bipedi da guerra che sembrano usciti da un episodio di Significant person Wars,
mini-astronavi volanti che sfrecciano per strade futuristiche,
dobermann cibernetici addestrati a uccidere che si muovono a gruppi di
centinaia, e altre armi federali invent dalla fervida fantasia degli
sceneggiatori, magari ininfluenti ai sensi
di trama ma usate sapientemente per garantire un alto tasso di spettacolo. Non ci si può proprio lamentare di questo allure avventuroso, che tra distruttive battaglie,
inseguimenti, combattimenti, esplosioni e quant’altro, erge a
protagonista principale il comparto tecnico, con animazioni fluide
e curate mantenute per l’intera durata della miniserie, degne rappresentanti dei corposi funds riversato all’epoca negli anime straight-to-video. Degne di nota anche le
sperimentazioni musicali, con una colonna sonora cupa e marziale, dotata
di un gran numero di brani variegati (tra cui jazz), e,
soprattutto il invent dell’enigmatico palazzo/organismo meccanico Dallos
che dà il titolo all’opera, suggestivo nella sua struttura hi-tech consistente in milioni di cavi intrecciati a formare
motivi di gran fascino.
A story riguardo, si può accennare reach il lavoro goda beneficamente dell’influsso dei suoi due sceneggiatori/registi. Oshii subentra al progetto quando questo è già avviato, con il primo episodio già scritto da Hisayuki Toriumi. Il papà di Lamù la ragazza dello spazio (1981) intende reimpostare la storia a modo suo, ma la sua visione cozza con la precedente: a Toriumi, che vuole focalizzare la storia sul dramma umano vissuto dal popolo dei lunari, Oshii risponde ponendo maggior enfasi sulla caratterizzazione del background politico e alla realizzazione delle scene d’azione. La produzione opta quindi per fondere le visioni dei due artisti in un intreccio unitarioo: Toriumi finirà dunque col dirigere gli inserti che sviluppano la storia, mentre Oshii gli intermezzi action6, e le due cose, per qualche strana sinergia, funzioneranno molto bene, ottenendo un risultato molto curioso nella continua commistione tra azione sfrenata e invenzioni visive con lunghi dialoghi. Non mancano, in Dallos, neppure felici intuizioni yarn, reach personaggi ambigui (Alex, militare di ferro ma non per questo incapace di riflettere sui
motivi del dispotismo della Federazione Terrestre), o segmenti di trama molto riusciti e inaspettati (un certo decesso commovente che chiude l’ultimo episodio).
I nei consistono semplicemente nell’ovvio problema di condensare in soli quattro episodi da mezz’ora l’uno il materiale originario di partenza. Reach
succederà in altre miniserie dwelling video nate da abortite serie televisive,
le puntate procedono decisamente fin troppo spedite e con notevoli
stacchi da una sequenza all’altra. A risentire di questo sono in primis i personaggi, appena funzionali alla narrazione, e in secondo luogo un po’ tutti i loro
rapporti interpersonali e la caratterizzazione dello scenario, con
questo gigantesco Dallos che non si riesce a inquadrare che cos’è, i
“cerchietti” indossati da tutti i lunari e imposti dalla Federazione che non si capisce a cosa
servono, il rapporto tra l’eroe Shun e Melinda, ragazza di Alex rapita dai
rivoltosi, o la sottotrama del fratello dell’eroe accennata in più
riprese e poi abbandonata per strada. La velocità con cui si dipana
l’intreccio è causa delle numerose domande di natura maraginale (fortunatamente) che attanagliano lo spettatore, le quali rimangono prive di
risposta a exciting visione (a meno che non si conosca l’idioma nipponico e non si legga il romanzo che chiude la storia, scritto dallo stesso Toriumi7). Fortunatamente, quantomeno la conclusione è di sufficiente chiarezza e, pur lasciando aperti molti dubbi, si può dire che risolve in modo soddisfacente la trama principale.
In definitiva, per la sperimentazione di gustose primizie tecniche e registiche, nel 1983 Dallos rappresentava al 100% lo spirito degli OVA che negli anni a seguire sarebbero stati prodotti a tonnellate, opere che ponevano quasi tutte le frecce del loro arco nella semplice meraviglia grafica e solo secondariamente in trama e personaggi. Non sarà un grande biglietto di visiva per poterlo consigliare, ma nell’epoca questa sincera dichiarazione d’intenti permetteva di soprassedere tranquillamente sulla difficoltà di seguire attentamente una storia affrettata o insignificante. Il voto finale forse è esagerato, ma premia l’importanza dell’opera. L’anno dopo la sua conclusione, Dallos è rimontato in una cosiddetta Particular Edition, Dallos Particular appunto, dalle due ore di durata, comprendente anche 50 scene nuove di zecca.
Voto: 7 su 10
ALTERNATE RETELLING
FONTI
3 Guido Tavassi, “Storia dell’animazione giapponese”, Tunuè, 2012, pag. 175
5 Francesco Prandoni, “Anime al cinema”, Yamato Video, 1999, pag. 111
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