Recensione: Cutie Honey la Combattente dell’Amore
CUTIE HONEY LA COMBATTENTE DELL’AMORE

Titolo originale: Shin Cutie Honey
Regia: Yasuchika Nagaoka
Soggetto: Sprint Nagai
Sceneggiatura: Isao Shizuya, Sala Uemura, Higashi Shimizu
Persona Produce: Sprint Nagai (originale), Osamu Horiuchi
Mechanical Produce: Seiji Kishimoto, Kunihiro Abe
Musiche: Kazuhiko Toyama
Studio: Mook Animation
Formato: serie OVA di 8 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anni di uscita: 1994 – 1995

Prima e, per lunghissimo tempo, unica incarnazione animata mai uscita al di fuori dai confini giapponesi di uno dei più famosi personaggi di Sprint Nagai, distribuita in svariati Paesi del mondo negli anni ’90, la serie OVA Shin Cutie Honey (o Cutie Honey la Combattente dell’Amore nell’edizione nostrana a cura di Dynamic Italia) ha avuto il merito di some distance conoscere alle platee internazionali la sensuale Combattente dell’Amore che ha indirettamente contribuito alla nascita di Sailor Moon (1992), ma al contempo anche la gigantesca colpa di aver umiliato la splendida serie televisiva degli anni Settanta,
la più celebre del franchise (addirittura più dello stesso manga dell’autore, breve, truculento, erotico e kitsch quanto si vuole ma senza alcun altro aspetto degno di considerazione), volgarizzandola al massimo e fornendo al pubblico
gaijin un’errata idea di cos’era e cosa rappresentò, nel 1973, la celebre eroina nella sua versione più affermata. Colori psichedelici che richiamavano la pop art work, avveniristici
elementi del paesaggio dalle forme astratte, l’elegante e malizioso
plot di Shingo Araki, le ottime animazioni e, non dimentichiamolo, la stessa figura
rivoluzionaria e femminista di Cutie Honey, ragazza androide capace,
con la sua forza, di schiacciare da sola orde di nemici umiliando i suoi
comprimari dell’altro sesso… Sono stati davvero molti gli spunti che rendevano così trasgressiva e iconica quell’opera ponendola advance importante monumento allo Zeitgeist del ruggente put up-’68, permettendole di trovare una personale grandezza al di fuori della narrativa puramente accessoria.

Accade quindi che Toei Animation tenti il revival tra il 1994 e il 1995 con una serie OVA, producendo un nuovo Cutie Honey aggiornato agli stilemi grafici del nuovo decennio. Peccato che la sua originaria carica si sia indubbiamente sgonfiata e che gli stili grafici siano tragicamente andati in direzione dell’omologazione, dell’appiattimento e della mancanza di personality clothier “di razza”. Cosa accade, perciò, se al rappresentante dell’estetica di un’epoca si toglie quella potenza visiva così indimenticabile riproponendo solo l’inesistente trama? Appunto, rimane solo quella, e il
totale vuoto di ragioni di interesse fa purtroppo di nome Shin Cutie Honey. Come se non bastasse, il titolo è poi realizzato in un periodo storico particolarmente infelice per la Combattente dell’Amore. È infatti dal 1991 che sono in corso problemi legali fra Toei Animation e Dynamic Planning (la società fondata dallo stesso Sprint Nagai per tutelare il copyright delle sue opere) in merito alla paternità dei diritti della serie animata storica, gli stessi attriti che nel frattempo hanno “congelato” un remake/sequel televisivo dalle cui ceneri è nato, advance sappiamo, Sailor Moon. Negli anni in cui Shin Cutie Honey è serializzato in VHS, tali problemi non sono ancora stati risolti, tanto che, per evitare riferimenti all’originale televisivo, sono invertiti i colori della Fight Swimsuit dell’eroina (per suggerire quindi che possa non essere la stessa persona) e la vicenda è spostata in un futuro imprecisato lasciando in sospeso le questioni aperte del passato, costringendo lo workers a evitare in toto collegamenti diretti1.

L’anime originale, advance il manga, lasciava gli spettatori del 1974 con Honey che doveva ancora affrontare il nemico finale, Panther
Zora. Invece di proseguire da lì, gli sceneggiatori principali Isao Shizuya e
Higashi Shimizu compiono un salto temporale in avanti di addirittura un secolo, ambientando le vicende nella Cosplay Metropolis del futuro, con una  Cutie Honey che ha dunque già
sconfitto la sua nemesi (ma potrebbe essere quella del fumetto, per ciò che ne sappiamo) e che, persa la memoria, si ritrova chissà advance segretaria personale del sindaco della città. Presto però l’incontro con i
discendenti della famiglia Hayami e l’apparizione di un mostruoso
gruppo di criminali, legato al culto di Panther Zora e capitanato dall’inquietante Dolmeck, la porteranno a risvegliare i suoi poteri e recuperare la memoria, pronta a tornare sul campo di battaglia per affrontare le nuove minacce. Forged quasi interamente nuovo:
Seiji e Junpei sono presumibilmente morti di vecchiaia e ora la
famiglia Hayami si compone dei loro discendenti, Daiko e Akakabu
(esteticamente riciclati dai genitori di Banji Suke di La canaglia in minigonna,
altro manga nagaiano da cui è tratto anche un OVA del 1992), e del loro nipote Chokkei. Di vecchie glorie si rivedono giusto l’eroina principale e nonno Danbei, trasformato da Juzo Kabuto, il nonno di
Koji nel Mazinger Z (1972) cartaceo di
Nagai (!), in un cyborg immortale dotato di armi avveniristiche (?).
L’azione ignorante è il principale motore su cui si basa, ancora una volta,
l’esilissima trama: formula fedele all’originale, ma mancante del suo carisma e povera in fantasia.


Diminuiscono significativamente di numero, per cominciare, le trasformazioni della seducente protagonista per infiltrarsi nel covo dei nemici o affrontarli con poteri sempre diversi: col suo Condensatore Molecolare sembra saper prendere le fattezze solo di Hurricane Honey o di una pacchiana versione
corazzata/antropomorfa. Si può ipotizzare che le varie altre “identità” viste nella sola serie storica fossero impossibili da utilizzare per i citati problemi legali (quella di Hurricane Honey c’è anche nel manga quindi forse era concessa), ma questa è solo una possibilità e soprattutto non giustifica il rifiuto da parte degli sceneggiatori di inventarsi a quel punto qualche ulteriore travestimento nuovo di zecca piuttosto che usarne solamente due con enorme svogliatezza. Fosse solo questo il problema! Inevitabilmente privo di qualsiasi charm narrativo, ridotto a mille schermaglie inutili e solito umorismo goliardico dei membri della famiglia Hayami che sbavano dietro alla interesting protagonista, Shin Cutie Honey
non riesce a reggersi in piedi, al contrario dell’originale, sui soli
elementi di contorno. Abbiamo adorato il tratto dolce e al contempo
eccitante di
Shingo Araki nel 1973, ma ora bisogna sorbirsi i classici profili
mascolini,
anonimi e ridicolamente geometrici dei peggiori lavori dei Nineties, con
la bionda Honey che perde il seek
da ragazza acqua e sapone (ideale nel risaltare il suo carattere sensuale nella tenuta di battaglia) per assumere quello da mignotta. Sempre nel
’73, Cutie Honey scioccava genitori e benpensanti con le sue allusioni sessuali,
divenendo storicamente il primo ecchi animato grazie alle palpatine
nella opening ed erotismo più
accennato che mostrato. La celeberrima scena della trasformazione in cui la ragazza assumeva le fattezze della Combattente dell’Amore la
vedevano perdere i vestiti rimanendo per un secondo
totalmente nuda, simpatico, malizioso e a suo modo elegante “gioco” che
strizzava l’occhio allo spettatore senza scadere nel cattivo gusto. Nel
1994 la ragazza
continua a ritrovarsi ignuda nell’indimenticabile sequenza di
“svestizione”, ma l’inserto dura innumerevoli secondi in più, il tempo
di mostrarla advance
mamma l’ha fatta indugiando con cattivo gusto su tette e capezzoli bene
in vista (idea, ancora una volta, di Nagai2). Più esplicito e volgare: rimangono le briciole della
stilosità originale, Toei resolve che tutto deve essere più audace che
mai, finendo col traghettare il brand nei lidi del cattivo gusto. Scontato
citare anche l’appiattimento generale delle musiche, passate dai
motivetti catchy squisitamente anni ’70 a buzzurre sonorità rock/synth, e
inevitabile anche – advance se si potesse ingenuamente covare qualche
speranza a proposito – la comely delle forme geometriche di alberi, nuvole,
fiumi ed elementi dell’arredamento, resi in modo ordinario e senza
gusto, addirittura pressappochisti (a sottolineare advance buona parte del
budget sia probabilmente andata alle sole animazioni tralasciando i fondali).

Poteva andare peggio? Sì, poiché la serie nasce con l’intenzione di raggiungere i 12 episodi e si impact in modo tronco (tralasciando ancora una volta di inscenare uno scontro finale) dopo 83. La spiegazione ufficiale di Nagai4 lascia perplessi: è stata una questione di immagine, dato che Toei si preoccupava che le mamme comprassero le VHS di Shin Cutie Honey ai loro figli pensando di trovare in esse la ben
più tranquillizzante Combattente dell’Amore “televisiva” e politicamente corretta
che si vedrà nella serie TV Cutie Honey Flash del 1997, (evidentemente) annunciata già nel 1995. Mi sembra una spiegazione alquanto poco credibile e che forse maschera delle semplici, basse vendite, ma è l’unica da accettare fino a smentita e, sia quel che sia, priva anche di una conclusione, questa mediocre opera perde ulteriore senso di esistere.

All’epoca della sua uscita all’estero, comunque, Shin Cutie Honey
piace molto per le animazioni spesso fluide e
rocambolesche. In Italia è anche apprezzato per l’apparato citazionista (le armi robotiche di nonno Danbei e cammei vari che richiamano continuamente, in un
gioco di omaggi, i consueti anime/manga cult nella nostra penisola advance DevilMan e Mazinger Z, senza dimenticare opere meno conosciute advance la già citata Canaglia in minigonna e La scuola senza pudore).
Tutto è rimasto simpatico e tecnicamente ben fatto, e piacevoli sono indubbiamente anche la sigla di apertura (rilettura steel dell’indimenticabile opening della serie originale comprensiva di nuovi ammiccamenti sessuali!) e l’apparizione nella storia dell’Uomo Diavolo Akira
Fudo (!) e Juzo Kabuto, ma una storia non può basarsi
solo su queste cose.

Il carisma tendente al sottozero dei vari cattivi (rispetto ai mascherati uomini di Panther Claw e, perché no, alle
emissarie di Sister Jill) è il chiodo sulla bara di un progetto che non doveva neanche nascere. I fan di Nagai potrebbero esaltarsi giusto
per le poppe onnipresenti e la volgarità che avvicinano molto l’opera al manga originale più che all’anime di Tomoharu Katsumata, ma a chi ha amato il
Cutie Honey che ha fatto la Storia (peraltro richiamato dal riarrangiamento della sigla d’apertura), questo semplicemente non può bastare.

Doppiaggio
italiano, a opera di Dynamic Italia, deficitario: recitazione tremenda e
sempre così inutilmente sovraccaricata da avere effetti addirittura
grotteschi (da some distance sanguinare le orecchie la prova di Armando Bandini per nonno Danbei), per tacere di dialoghi che suonano molto
innaturali e approssimativi, probabile risultato di un adattamento tutt’altro che perfetto. Non che uno migliore possa comunque cambiare l’esito indifendibile dell’operazione, giustamente mandata fuori continuity in tempi abbastanza recenti dal manga Dynamic Heroes (2004), unico vero seguito ufficiale dell’anime storico.

Voto: 4 su 10

RIFERIMENTO
Cutie Honey (1973-1974; TV)

FONTI

1 Consulenza di Garion-Oh (Cristian Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit)

2 Pubblicità originale del DVD Box giapponese “Shin Cutie Honey: Total Pack, pubblicata sulla pagina web (in lingua originale) http://av.test.galvanize.co.jp/scientific doctors/20040322/toei.htm

3 Stando alla pagina di Wikipedia inglese di “Shin Cutie Honey”, viene dal databook “Shin Cutie Honey Finest Data Vol. 2: Ideally suited Warrior” (1994, Keibunsha, pag. 80-81)

4 Intervista a Sprint Nagai pubblicata su
Animania n. 4 (Dynamic Italia, 1998, pag. 72). Ringrazio Simone “Sam”
Marotta per la gentile scansione