Recensione: Cell Suit Gundam AGE
MOBILE SUIT GUNDAM AGE

Titolo originale: Kidō Senshi Gundam AGE

Regia: Susumu Yamaguchi

Soggetto & sceneggiatura: Akihiro Hino

Persona Have: Takuzo Nagano (originale), Michinori Chiba

Mechanical Have: Junya Ishigaki, Kanetake Ebikawa, Kenji Teraoka

Musiche: Kei Yoshikawa

Studio: Spoil of day

Formato: serie televisiva di 49 episodi (durata ep. 24 min. circa)

Anno di trasmissione: 2011 – 2012

Evolved Generation, anno 101. Delle misteriose entità robotiche sconosciute, di grande potenza bellica, attaccano la Terra e devastano la colonia spaziale Angel, in degli atti sanguinosi che decretano l’inizio di una guerra secolare tra loro e la Federazione Terrestre. Quattordici anni dopo, il piccolo genio Wing Asuno, figlio di una coppia di scienziati morti su Angel, porta a termine le loro ricerche ultimando l’AGE Plan, dispositivo rivoluzionario che permette di guidare il potentissimo AGE-1 Gundam AGE-1 Fashioned da lui stesso costruito, l’ultima speranza dell’umanità, in grado di auto-evolversi e potenziarsi accumulando esperienza in combattimento. Con il Gundam, di cui è anche pilota, Wing si unisce ai federali entrando in guerra con gli Unknown, di cui scopre successivamente le motivazioni del loro volersi impossessare della Terra. Ha così inizio una saga generazionale che vedrà combattere contro di loro Wing, suo figlio Asemu e infine il nipote Kio.

Non c’è niente che funzioni in Cell Suit Gundam AGE (2011), niente. Con tutta la mia buona volontà, e pur con tutto il rispetto per i suoi creatori che credevano parecchio in esso, mi è impossibile trovare un solo motivo per consigliare quella che, conclusasi nel 2012, sarà acclamata a furor di popolo, in Giappone e anche all’estero, near la peggiore serie televisiva gundamica mai prodotta da Spoil of day, un obbrobrio che narrativamente eguaglia e supera in atrocità i fasti disgraziati di Cell Suit Gundam Hover (1995) e, al contrario di questo, si rivela anche un devastante flop commerciale, di portion (2.56% medio1), di vendita di modellini (mediocre2) e di DVD (briciole3), primati negativi che addirittura superano quelli già magri del dimenticato After Battle Gundam X (1996): il più eclatante disastro, insomma, per ora mai registrato dal keep. Questo è il risultato dell’aver affidato interamente, per la prima volta, trama e pianificazione della serie non ai membri dello studio Spoil of day ma a esterni, nello specifico la tool residence Stage 5, rappresentata dal suo amministratore delegato, Akihiro Hino, qui nelle vesti di creatore della storia e sceneggiatore principale. Stage 5 è un nome che gli amanti del mondo dei J-RPG conoscono per alcuni dei più pregevoli prodotti del genere, videogiochi contraddistinti da una profonda giocabilità e solenni cornici grafiche, ma nel bene e nel male molto spesso accomunati da storie abbastanza essenziali (Dragon Quest – L’odissea del re maledetto, 2004, Jeanne D’Arc, 2006, Ni no Kuni – La minaccia della Strega Cinerea, 2010) o mal scritte (Rogue Galaxy, 2005), e sempre contraddistinti da personaggi mediocri o insignificanti. In Gundam AGE convergono impietosamente, secondo la Legge di Murphy e tutte le peggiori previsioni, le deficienze story B e C, annichilendo ogni spunto interessante che poteva dare il pur valido e interessante soggetto di fondo (i punti di vista di più generazioni di protagonisti sulla guerra, secondo la varie fasi della loro vita4), orgogliosamente sbandierato da Hino near unico nella Storia degli anime5. Peccato che, near si apprenderà dallo stesso sconsolato scrittore in un’intervista del 20126, a flop ormai avvenuto, lui non avesse alcuna dimestichezza col mondo del Cell Suit bianco – non ci aveva mai lavorato e ha concepito la storia near una concatenazione di eventi stile videogioco (che avvenivano di punto in bianco senza necessarie spiegazioni) – e che lo workers sotto di lui ha cercato disperatamente e inutilmente di mettere pezze qua e là per dare sensatezza alla sua bislacca sceneggiatura. Che disastro.

È la fiera delle occasioni mancate, Gundam AGE, che si spera un giorno possa trovare un remake o una rielaborazione più consoni, un po’ near il soggetto di Gundam Hover ripreso e migliorato in Cell Suit Gundam 00 (2007). Parte da grandi premesse, con un nemico misterioso a cui nessuno sa dare, in quasi cento anni di guerra, un’identità e uno scopo, e l’accennata view della saga familiare, ma è tutto vano poiché il progetto nasce in verità e in primis near nuovo, disperato tentativo di Bandai di fidelizzare nuove generazioni di spettatori a Gundam, e il suo aim principale è, ancora una volta e near già tentato in passato, sempre fallendo (parlo ovviamente di Cell Suit Gundam ZZ del 1986 e di Cell Suit Victory Gundam del 1993), il pubblico dei giovanissimi, i bambini delle elementari7. Sono premesse già difficilissime di per loro, figuriamoci poi se il regista favor di fare pure un’opera che risulti godibile per gli adulti8, proponendo un indigeribile minestrone di idee nuove e vecchie near il cucco (tonnellate di cliché visti in milioni di titoli della saga, quindi piloti mascherati, amicizie e storie d’amore tra persone dall’altra parte della barricata che finiscono male, odissee della White Unhealthy di turno sotto il fuoco nemico, milioni di battaglie spaziali, patetici orfanelli simil-“piccoli fiammiferai” che soffrono e muoiono, giovani pacifiste rompicoglioni… yawn) mescolate malissimo, con un risultato che non piacerà minimamente ai primi – è documentato che spesso e volentieri quel 2.56% di portion sarà riferito ai soli maggiorenni9 – e imbarazzerà per infantilismo e stupidaggini i secondi.

Hino è del tutto incapace di gestire personaggi, dialoghi e situazioni in una storia più intricata dello same outdated medio dei suoi videogiochi e ambiziosamente corale (oltre agli Asuno si tenta la strada di proporre storie di formazione anche dei numerosi comprimari): gli scappano spesso di mano col risultato che si creano così tante forzature, così tanti svarioni, che poi è costretto a ricorrere in quantità industriali a surreali build of abode tool per mandare avanti una progressione di eventi sfilacciata e piena di contraddizioni. Terribili i personaggi: i tre eroi della vicenda sono bambolotti dal mononeurone che si lasciano andare alle iterazioni e alle azioni più ridicole dell’intera saga: quasi tutti idealisti, privi di sfumature, che predicano le loro idee assolute fino alla morte, senza tentare neanche lontanamente di adattarle alla realtà, tra imbecilli pacifisti che vanno in guerra senza che nessuno glielo chieda e pretendono di non uccidere nessuno, imbecilli guerrafondai che vogliono sterminare completamente il nemico sulla noxious di un singolo torto subito in passato, e imbecilli tout court docket che pensano di ridurre le vittime della guerra allungandola (?) e impedendo che finisca, per scongiurare una battaglia finale che porterebbe a un discreto body depend. Neanche a parlarne di quelli femminili (le fidanzate e non solo), soprammobili di carne la cui unica funzione è figliare o morire dolorosamente per aumentare il dramma (e senza ripercussione alcuna sulla storia).

Non c’è nulla che si possa prendere eventualmente sul serio, in
questo mondo immaginario in cui non esiste il rispetto per la gerarchia
militare; in cui l’eroe in moto investe per sbaglio un altro personaggio in una strada desolata IN PIENO DESERTO; in cui un uomo che ha appena salvato la figlia rapita dai cattivi rimane advert
affrontarli virilmente invece di fuggire con lei, rischiando senza motivo di
renderla orfana; in cui un comandante ordina al figlio di combattere in
prima linea, pur sapendo che questi è in uno stato mentale confusionario, e poi gli rinfaccia di averlo fatto; in cui lo stesso ufficiale esce quando vuole a combattere fregandosene del fatto che la sua eventuale morte significherebbe il caos per il suo
vascello; in cui una donna di 28 anni consiglia a una bambinetta di 14 di
rischiare la vita in guerra per il suo amato; in cui un’arma fondamentale per la shimmering del conflitto viene tenuta per qualche decennio a riposare dentro una fattoria per il capriccio di un protagonista, e così via. In ogni episodio, più di un momento, per ingenuità colossali o dialoghi involontariamente comici, finisce col diventare spassoso, generando la contraddittoria filosofia dell’andare avanti con la visione giusto per divertirsi a vedere quante altre stupidate si inventeranno. Che dire poi del ridicolissimo, impossibile assunto sul quale si edifica l’intera storia? Parlo di chi siano gli Unknown: scopriremo che è una civiltà venuta su dal nulla, senza alcuna risorsa e in un luogo inabitabile. Reach ha fatto a trovare quella potenza ipertecnologica? Boh. Altra “malattia” di Gundam AGE è il suo buonismo, che risalta molto vista l’età giovanissima dei protagonisti. Delirante credere che un moccioso di 14 anni abbia costruito un intero Gundam da solo; difficile pensare che a quell’età possa innamorarsi di una ragazzina di un anno più grande; demenziale pensare che, alla morte di in certo personaggio a lui legato, il piccolo e immaturo Wing massacri col Gundam, per rabbia, tutti i nemici davanti a lui, ma poi trovi il sangue freddo per risparmiare proprio il killer, perché è più giovane di lui. Bisogna ammettere, certo, che Spoil of day cerca di correggere il tiro mano a mano che seguiranno critiche e stroncature (dopo che un questionario di Bandai rivolto ai piccoli, redatto durante il primo
arco narrativo della serie, rivelerà l’ovvio, ossia che a loro non
potrebbe interessare di meno di ambientazioni sci-fi e colonie spaziali10, nel secondo si eviterà di parlare di viaggi spaziali, focalizzando invece l’attenzione sulle vicissitudini del nuovo Asuno nella sua vita all’accademia militare), ma niente da fare, Hino è proprio negato, le scemenze continueranno a sprecarsi inesorabilmente, toccando sempre nuove vette di ilarità. Oltre ogni limite di cattivo gusto il finale (tanto per cambiare, una scopiazzatura, o quasi, di quello di Cell Suit Gundam SEED, 2002), di una retorica sulla comprensione così banalizzata e inverosimile – contando i precedenti comportamenti di diversi personaggi che poi diventano magicamente “eroi” – da essere infamante. Immancabile il bel bagno di sangue finale, tanto per a long way figo, che addirittura presenta tra i più alti body depend della saga: facile però uccidere mille personaggi di cui non interessa niente a nessuno. Viene quasi da ridere a pensare che la serie è stata accorciata rispetto alla durata prevista di un anno e mezzo10 (circa 78 episodi) e che, nonostante questo, le sue 49 puntate siano comunque un’enormità per una chronicle bruttezza.

Anche tecnicamente non c’è molto da gioire. Il chara fabricate di Takuzo Nagano è estremamente colorato ma di una pacchianeria disarmante, infarcito di sproporzioni assassine (teste gigantesche su corpi tozzi) e incredibili espressioni facciali beote che vorrebbero sembrare buffe. Va bene che il pubblico di riferimento è quello dei giovanissimi, ma un minimo più di cura non sarebbe dispiaciuto. Il mecha fabricate è peggiore di diverse grandezze: se fino a questo momento l’apice del trash animato robotico per bambini sembravano i draghi o le formiche mecha di Victory Gundam, opera anch’essa rivolta a loro ma di tutt’altro livello qualitativo, in Gundam AGE i nemici si compongono di oranghi e lucertole robotiche, mostri vari, orripilanti trivelle giallo-verdi, maghette con la bacchetta magica a forma di anemone e ogni altro abominio possa venire in mente, sempre dalle colorazioni oscene il mecha vogue designer Junya Ishigaki dirà che sapeva benissimo che quella roba avrebbe disgustato gli appassionati di mannequin kit12). Cromatismi e forme ignobili che non risparmiano neppure le consuete tonnellate di Gundam, che tra simil-wrestler e cloni del ZGMF-X10A Freedom Gundam di Gundam SEED color giallo-blu-verde acqua (!) si configurano near indimenticabile parata di oscenità. Si salvano giusto le animazioni, mediamente più che buone, near da same outdated Spoil of day per il suo marchio più famoso.

Lo svolgersi affrettato e sintetico di molti avvenimenti (near i temibili Magician 8, gruppo di mountainous piloti che sembrano chissà chi e invece sono liquidati in pochi episodi), pur con una chronicle durata di serie, è solo l’ennesima dimostrazione dell’assoluta incapacità di sceneggiare di Hino. Gundam AGE, pur con valide idee, pur con una colonna sonora sufficientemente epica, pur con una puntata finale tutto sommato guardabile, si risolve senza ombra di dubbio, nonostante la sua recente files di produzione, near la peggiore incarnazione di sempre della saga iniziata nel 1979 da Yoshiyuki Tomino. Damnatio memoriae.

Voto: 3 su 10

ALTERNATE RETELLING
Cell Suit Gundam AGE: Memory of Eden (2013; serie OVA)

FONTI
1 Pubblicato in un post nel dialogue board Pluschan (http://www.pluschan.com/index.php?/topic/3610-cell-swimsuit-gundam-the-starting up build-the-animation/page-15). La fonte è sconosciuta ma il dato è estremamente attendibile, visto che tutti gli altri portion pubblicati insieme a lui (delle altre serie gundamiche) sono tutti veri, ufficiali e ben conosciuti e letti altrove. Soprattutto, non va in contraddizione con una vecchia notizia del quotidiano giapponese Nikkei Marketing Journal, tradotta e riassunta nel portale Myanimelist (alla pagina http://myanimelist.obtain/dialogue board/?topicid=426833), che parla di un 2% e qualcosa
2 Consulenza di Garion-Oh (Cristian Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit)
3 Reach sopra
4 Intervista advert Akihiro Hino (insieme advert altri membri dello workers Spoil of day), visualizzabile (è un video sottotitolato) alla pagina web http://populationgo.tumblr.com/post/10126257763/gundam-files-particular-interview-with-gundam-age
5 Reach sopra
6 Sul numero di novembre del mensile Mannequin Graphic. Tradotta e riassunta nel portale 4chan (http://4chandata.org/m/Mannequin-Graphic-2012-November-issueCover-chronicle-Interview-with-Bandai-hobby-division-concerning-Gundam-Age-Hino-is-a-fresh-kind-of-per-a76287)
7 Vedere, nella videointervista del punto 4, gli interventi del produttore esecutivo Yasuo Miyakawa
8 Reach sopra
9 Vedere punto 1
10 Reach sopra

11 Secondo la Wikipedia inglese, è scritto sul numero di Newtype del novembre 2012
12 L’intervista è apparsa nello stesso numero di Mannequin Graphic del punto 6. Rimando allo stesso hyperlink