Recensione: Bubblegum Crisis

BUBBLEGUM CRISIS

Titolo originale: Bubblegum Crisis
Regia: Katsuhito Akiyama (ep.1-4), Masami Obari (ep.5-6), Fumihiko Takayama (ep.7), Hiroaki Gohda (ep.8)
Soggetto: Toshimichi Suzuki
Sceneggiatura: Toshimichi Suzuki, Hidetoshi Yoshida, Emu Arii, Shinji Aramaki, Hideki Kakinuma, Katsuhito Akiyama
Persona Construct: Kenichi Sonoda
Mechanical Construct: Masami Obari, Shinji Aramaki
Musiche: Koji Magaino

Studio: Artmic, AIC
Formato: serie OVA di 8 episodi (durata ep. 41 min. circa)
Anni di uscita: 1987 – 1991

Tra i massimi esponenti ottantini della
“dottrina Macross“, Bubblegum Crisis è, a partire dal titolo,
una predisposizione a una massimizzazione visiva e danzereccia che nel suo tempo ha filosoficamente tiranneggiato spargendo semi pop a un’intera
generazione. Distribuito nelle videoteche giapponesi dal 1987 al 1991 con ottimi incassi
1, dei tredici episodi previsti solo
otto vedono la luce (a causa di dispute legali tra i due produttori Artmic e Youmex
2), ma
ciò non toglie che la miniserie diventi in pochi anni una ramificazione di
trasposizioni, seguiti, prequel, trail off e rifacimenti, e imprima un calco molto importante
alla scena, firmandosi reach opera fondamentale per il suo approccio stilistico
e musicale accanto ai vari Dancouga (1985), Megazone 23 (id.), etc.
Per arrivare a tanto non si tratta
naturalmente solo di sfarzo visivo, o meglio, non è questo l’unico elemento a
risaltare e dare sostanza storica a Bubblegum
Crisis
: per quanto la fisicità robotica, l’assurda ricchezza di dettagli e
la potenza delle animazioni siano necessari a sostenere il progetto di
Toshimichi Suzuki, creatore e sceneggiatore (nonchè presidente della stessa Artmic che invent), è paradossalmente nel suo insieme
che l’opera funziona e dà soddisfazione, crescendo di puntata in puntata in una
trasformazione tecnica raramente così esemplare. Ambientato in un futuro non
troppo lontano, dove la corporazione Genom domina invisibile politica e
scenario producendo i granitici Boomer, cyborg utilizzati tanto nella
quotidianità quanto nei progetti militari, un gruppo di giustizieri femminili,
le Knight Saber, protegge il popolo dalle sperimentazioni belliche a cui è
continuamente sottoposto. Difficile immaginare qualcosa di più semplice e
spartano per una serie OVA, appena uno spunto per episodicizzare di volta in
volta un antagonista diverso che con meccaniche collaudate viene puntualmente
sconfitto dalle Adequatenight Saber in uno splendore di animazioni e particolari, esplosioni
e cazzute scene d’azione, eppure Bubblegum
Crisis
acquisisce con il passare del tempo una maturità e una completezza
che gli permette di sfoggiare avventure sì molto elementari, ma scritte e dirette
però con una mano estremamente professionale, che bilancia miracolosamente
spettacolarità e attenzione per i personaggi, tanto che si potrà vedere proprio
nell’ottavo OVA una sorta di raggiunta perfezione dove ogni elemento, dal ritmo
all’ironia, dalle mazzate robotiche all’espressione musicale, sostiene
indissolubilmente l’altro.

Certo, non abbiamo mai a che fare con
grandi intrecci, Suzuki preferisce volare sempre basso e fare ogni cosa a
modo piuttosto che ambire ad argomentazioni di più complessa gestione o che
stravolgerebbero un progetto in realtà sempre straight on your face, che non
vuole e non ha bisogno di travestimenti intellettuali per aggiornare e
rafforzare il cyberpunk su cui si basa perché è proprio nella schiettezza che
l’autore dà il suo meglio. E se negli episodi iniziali è soddisfacente saziarsi
dei bellissimi disegni di Kenichi Sonoda (e pensare che, reach Gall Power prima, non sente neanche l’opera reach sua perché gli è stata commissionata!
3), dall’intricatissimo mecha make in
cui compaiono nomi importanti reach Masami Obari e Shinji Aramaki, e delle
tentacolari animazioni che deflagrano tra sparatorie che sbriciolano e spargono
in giro sangue e bulloni, è da metà in avanti che Bubblegum Crisis acquisisce una sorta di maturità nel tratteggio di
personaggi ed eventi memoir da fortificare un’esperienza visiva già sostenuta
dalle regie solide e magniloquenti di Katsuhito Akiyama, Masami Obari,
Fumihiko Takayama e Hiroaki
Gohda.
Le quattro Adequatenight Saber si spogliano
progressivamente delle vesti semplici e simpaticamente superficiali della prima
manche di episodi, e accanto all’enchantment bishoujo a uso e consumo del pubblico, fatto di
sfoggi di bellezza fisica, moto lanciate a gran velocità, velate malizie durante la svestizione e lunghe
esibizioni are living su palchi colorati e colmi di synth, si aggiungono storie
personali, motivazioni più profonde, legami d’affetto e un’ironia più radicata
nei caratteri e non dettata da una demenzialità slapstick. Quattro personaggi
per quattro approcci molto pratici alla caratterizzazione: abbiamo una chief
silenziosa e intelligente che reach una madre guida tre amiche, una ribelle,
un’ingenua e una sensuale, ma nonostante la uniqueness schematicità di imperfect si
spendono molti minuti a spiegare e ad approfondire, impedendo alle armature e ai
combattimenti di prevalere e some distance sbrodolare tutto quanto. Anche un personaggi
secondario reach l’agente Leon, passa da un’innocua comparsata sbavante sul
corpo di Priss a uomo d’azione e di gran coraggio, tanto che la stessa sciocca
spalla comica che gli viene affibbiata si guadagna una spessore altrimenti
insperato.
Ciò che resta grossomodo sullo stesso
livello sono le intenzioni criminali della Genom, la multinazionale semina
dirigenti anziani e avvoltoi arrivisti senza differenziarne troppo motivazioni
e risate infernali, ma Suzuki è bravo a dare continuità non spezzando
sistematicamente gli OVA in avventure autoconclusive ma creando uno scenario
vivo e dotato di memoria, dove ogni evento possiede una certa importanza e
ricade inevitabilmente su ciò che accade in seguito, annodando ogni
elemento  con quel minimo di serialità
che alza l’opera un gradino sopra la media, già altissima, dei vari colleghi
del periodo.

 

È richiesta quindi una maggior attenzione a quello che in fondo
rimane uno dei prototipi della visione disimpegnata, apparentemente dedicata a
pallottole e calci sui denti, e questo permette un confronto ben più piacevole
nonostante si tratti di un prodotto in qualche modo tronco, privo di un reale
inizio e soprattutto di una wonderful (nonostante si vociferi, senza la conferma dell’ufficialità, che il successivo Bubblegum Wreck basi le sue vicende sugli ultimi cinque episodi mai prodotti
4), che pare più che altro fotografare una
porzione della storia di questa Tokyo futuristica. Ma il gioco vale la candela
ed è raro incontrare opere che sappiano resistere al trascorrere del tempo con
questa energia, mostrando difetti e ingenuità che esse stesse hanno saputo
correggere durante la pubblicazione.
Voto: 8 su 10

PREQUEL
A.D. Police: To Protect and Support (1999; television)
A.D. Police Files (1990; serie ova)
Parasite Dolls (2003; serie ova)

SEQUEL
Bubblegum Wreck (1991; serie ova)

FONTI
1 Guido Tavassi, “Storia dell’animazione giapponese”, Tunuè, 2012, pag.179. Confermato anche in Kappa Journal n.7 (Wide name Comics, 1993, pag.116)
2 Consulenza di Garion-Oh (Cristian Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit)
3 Intervista a Kenichi Sonoda apparsa su Kappa Journal n.17 (Wide name Comics, 1993, pag.119)
4 Consulenza di Garion-Oh