Recensione: Baldios il guerriero dello spazio
BALDIOS IL GUERRIERO DELLO SPAZIO

Titolo originale: Uchū Senshi Baldios

Regia: Kazuyuki Hirokawa

Soggetto: Akiyoshi Sakai
Sceneggiatura: Takeshi Shudo, Akiyoshi Sakai, Tomomi Tsutsui

Personality Accomplish: Osamu Kamijo

Mechanical Accomplish: Hajime Kamegaki, Gen Sato

Musiche: Kentaro Haneda

Studio: Production Reed
Formato: serie televisiva di 32 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anni di trasmissione: 1980 – 1981


È davvero cosa gradita riscoprire Baldios il guerriero dello spazio, anime d’annata (classe 1980) di tradizionalissimo impianto clear robotico, per nulla brillante dal punto di vista tecnico ma con pregi che nel tempo gli hanno fatto conquistare una buona popolarità, malgrado il devastante flop della prima messa in onda giapponese sulla rete Family Gekijou. Il suo destino è stato quello tante volte toccato ai titoli troppo all’avanguardia rispetto al loro tempo: 39 episodi inizialmente previsti, solo 34 realizzati e serie prematuramente sospesa al 32esimo (dopo aver saltato il 31), causa l’insostenibile concorrenza con altri cartoni (uno sconvolgente dato di ascolto dell’1% fisso, nello stesso orario in cui, nel canale Nihon Tv, Lupin the third Portion II monopolizza l’target market con cifre da capogiro) e le pessime vendite di giocattoli1. Un peccato mortale, perché, sia pure con carenze oggettive, Baldios
ha dalla sua tutto un carico di innovazioni importanti per l’epoca, che
superano abbondantemente i difetti rendendolo, soprattutto
oggi, una visione appetitosa per gli appassionati del robotico
d’autore.

La storia è quella di Marin Reigan, abitante del pianeta S-1, figlio del
geniale scienziato che ha appena inventato una macchina in grado di
ripulire quel mondo da tutte le radiazioni che lo stanno lentamente
uccidendo. Purtroppo, ben altri progetti covano nella fazione militare
Aldebaran, comandata dal crudele Zeo Gattler, il quale, preso il potere
con un colpo di stato, distrugge l’invenzione nel convincimento che la
sola speranza di salvezza per la sua civiltà sia di abbandonare S-1 alla volta di qualche altro pianeta abitabile, se necessario conquistandolo (e il pianeta in questione sarà la Terra). Perso anche il padre, ucciso dai
militari, Marin fugge da S-1 con un’astronave e, nel corso degli
scontri, finisce in un varco spazio-dimensionale che lo catapulta sulla
Terra del XXII secolo. Qui deciderà di unirsi all’organizzazione
militare dei Blue Fixer, alla guida del potentissimo robottone Baldios,
all’indomani dello scoppio del conflitto fra la Terra e Aldebaran. Pur
con il classico schema dell’invasore extraterrestre, Baldios
surclassa gli stereotipi presentandosi in modo più originale,
sfruttando l’abusato incipit come pretesto per avanzare alla politica e al militarismo una critica tra le più forti e memorabili,
molto più che nel Mobile Swimsuit Gundam

di Yoshiyuki Tomino dell’anno precedente (a cui non deve proprio nulla, considerando il flop in cui incappò anche il celebre Mobile Swimsuit bianco) e di pari livello espressivo a quanto proposto in Self-discipline Runaway Ideon, sempre di Tomino, la cui trasmissione inizia un mese prima.

La consueta “Fortezza delle Scienze” nascosta al mondo, in cui risiedono Baldios e gli eroici Blue Fixer, non è mai stata così dipendente dai diktat del governo: la Federazione Mondiale, retta da politicanti e burocrati incapaci, fa di tutto per metterla in seria difficoltà, stringendo accordi (puntualmente traditi) con gli invasori, dubitando della caratura del team e della fedeltà di Marin, impartendo ordini assurdi che avranno drammatiche ripercussioni sul destino della guerra e del pianeta… La serie, ben poco infantile nonostante il target, mostra episodio dopo episodio l’ottusità delle decisioni “altolocate” prese da chi non combatte in prima linea, e la spietatezza dei militari, in grado di condurre a un annientamento indiscriminato e autolesionista, tra quotidiane stragi, familiari in pericolo che non possono essere salvati in quanto “bisogna scindere i problemi personali dal lavoro”, radiazioni nucleari che inquinano la Terra, masse di civili che muoiono di standing, soldati mandati a morire in battaglia come fossero scarti, interi popoli messi in ibernazione per limitarne i consumi e lo spazio occupato nelle astronavi… Le conseguenze di tutti questi errori saranno spaventose, rafforzando i moniti antimilitaristi, antirazzisti ed ecologisti  che questa serie propone e che lasciano il segno. Come anticipato poc’anzi, si parla di un’opera immancabilmente troppo moderna per il suo tempo, tanto focalizzata sul suo cupo melodramma e sui suoi tragici attori (con tanto di storia d’amore maledetta) da ridurre al minimo sindacale – ed è questo quello che probabilmente non è stato perdonato dagli spettatori – il contorno di azione robotica.

L’eroico Baldios in effetti appare pochissimo nel corso della serie: in quasi ogni episodio risulta più lunga la classica sequenza di “agganciamento” che non la battaglia vera e propria, dove il nostro paladino distrugge con disarmante facilità i nemici di Aldebaran – quasi sempre semplici astronavi/carne da macello, raramente bestioni più evoluti. Si parla di due, tre minuti a puntata, ma ce ne sono svariate in cui il gigante d’acciaio neppure appare. Baldios è insomma la prima serie robotica in cui viene dato pochissimo spazio al robottone che le dà il titolo, come se non contasse quasi niente, e questo è indicativo di come lo workers della piccola Production Reed, alla sua prima opera animata televisiva, pensasse a qualcosa focalizzato su tutt’altro, in primis su storia e personaggi2 (e dove la maggior parte dell’azione è riservata alle azioni di infiltrazione dei Blue Fixer nelle basi di Aldebaran). Drammi e melodrammi sono i protagonisti assoluti e ricorrenti, che stupiscono in misura by by crescente per crudeltà , cattiveria e ingegno – l’avventura contenuta negli ep.20-21, che molto probabilmente deve essere stata vista da un certo Hideo Kojima – fino a giungere all’apice nella famosa puntata finale, la 32, la cui forza
espressiva è stata raramente uguagliata (le ultime due evito di citarle; in quanto mai trasmesse e tornate alla luce solo su supporto dwelling video come extra, sono da considerare non canoniche).

Per tutti questi motivi Baldios merita di essere ricordato, pur dovendo scontare varie pecche che gli impediscono di assurgere al rango di capolavoro dell’animazione. La più eclatante è il modo in cui la serie crolla su se stessa quando, per dare risalto ai suoi moniti, fa compiere ai “bersagli” della sua critica azioni di una stupidità senza ravishing, così fuori dalla realtà (qualsiasi essa sia) da sconfinare nel ridicolo involontario. Si tratta di ingenuità pienamente figlie del loro tempo, ma che risaltano maggiormente nell’ottica di un’opera che in quel momento intendeva proporsi come estremamente “diversa” rispetto alle altre robotiche, improntando a un specialty realismo tutte le sue ambizioni. Trattare politici e militari generalizzandoli come autentici minorati mentali ridimensiona molto queste pretese; fortunatamente il calo di credibilità si si limita a tre o quattro puntate (principalmente la 15). Altro difetto evidente è la pochezza della confezione: pur potendo fregiarsi di un worth range tutto sommato non proibitivo, la Production Reed lo sperpera in animazioni dalla qualità spesso dilettantesca; e imbarazzante è anche la piatta direzione del regista Kazuyuki Hirokawa, incapace di rendere spettacolari le sequenze action/robotiche. Di miglior resa gli attraenti disegni di Osamu Kamijo, addirittura anticipatori di certi splendori cromatici di Fortezza Spacious Dimensionale Macross (1982), sebbene talvolta impacciati da approssimazioni e sproporzioni varie. Abbastanza terribile invece il mecha construct: escluso il bel Baldios, tutti i mezzi sono di un anonimato fastidioso, in particolar modo le atroci, comunissime “navicelle” di Aldebaran dalla forma di girino. I personaggi, infine, pur tragici e complessivamente ben caratterizzati, sono comunque privi della profondità necessaria a renderli davvero indimenticabili, anche se è indubbio che il problema risulti amplificato dal doppiaggio italiano (obbligato, purtroppo).

A prescindere dai difetti, Baldios è riuscito comunque a ritagliarsi la sua fetta di notorietà (ben testimoniata dalle svariate apparizioni in Spacious Robotic Wars), giustamente riabilitato nel tempo. Il finale, lasciato purtroppo aperto per colpa delle vicissitudini produttive, troverà completezza nel lungometraggio che esce l’anno successivo con i soldi di Toei Animation: peccato però che, pur rivelandosi un degno lavoro,  per arrivare dove arriva sentirà il bisogno di rinnegare alcuni fatti importanti della serie TV. Nonostante questo, un need to gaze.

Per quel che riguarda la reperibilità, bisogna rassegnarsi a guardare Baldios
con le voci dell’adattamento storico italiano, realizzato nel 1982 da
reti non-public, questo perché la sua unica versione edita consiste nei DVD Yamato Video, sprovvisti – come quasi sempre, del resto –
di sottotitoli fedeli. Nonostante le solite frasi inventate dal
direttore del doppiaggio, bisogna comunque riconoscere che il lavoro è meno peggio di altri del periodo: mantiene almeno inalterati
quasi tutti i nomi originali di
attori, armi e tecnologie (cambiano solo il prof. Takeshi Tsukikage,
ribattezzato Jonathan Bannister, e la Federazione Mondiale che diventa
Unione Mondiale) e di esso si capisce con un’approssimazione dell’85% il significato delle frasi e del senso della puntata. Certo, resta un impedimento alla piena empatia coi protagonisti, ma in assenza di meglio ci si può accontentare, magari impostando la lingua giapponese per potersi godere quantomene le belle sigle originali.

Curiosità: il protagonista Marin, belloccio dai lunghi capelli sciolti e sguardo tormentato, “erede” di Tony Harken (Danguard Ace, 1977) e Char Aznable (Gundam), prosegue la moda dell’epoca, da parte degli studi d’animazione, di dare fattezze molto suadenti ai personaggi maschili, in modo da coinvolgere nella visione della serie anche il pubblico femminile. Marin diverrà nello specifico una vera e propria icona sessuale per le ragazze dell’epoca3, specialmente per una certa sequenza in doccia (ep.11)…

Voto: 8 su 10

SEQUEL
Baldios: The Movie (1981; movie)

FONTI

1 Questi retroscena sono riportati in un vecchio articolo della rivista “Yamato” intitolato “Ultimi bagliori dell’anime growth”, pubblicato integralmente nel sito encirobot.com (http://www.encirobot.com/bald/bald-cur.asp). Confermato a pag. 84 di “Anime al cinema” (Francesco Prandoni, Yamato Video, 1999)
2 Come sopra
3 Saburo Murakami, “Anime in TV”, Yamato Video, 1998, pag. 66 e 75. Confermato dal saggio “Spacious Robotic Data: 1979/1982″(Fabrizio Modina, J-Pop, 2016, pag. 106)