Recensione: Argento Soma
ARGENTO SOMA

Titolo originale: ΑPΓΕΝΤΟΥ ΣΟΜΑ

Regia: Kazuyoshi Katayama

Soggetto: Hajime Yatate, Kazuyoshi Katayama

Sceneggiatura: Hiroyoshi Yamaguchi

Persona Fabricate: Shukou Murase

Mechanical Fabricate: Kimitoshi Yamane

Musiche: Katsuhisa Hattori

Studio: Morning time

Formato: serie televisiva di 25 episodi (durata ep. 24 min. circa)

Anni di trasmissione: 2000 – 2001

Sono svariati anni che la Terra combatte misteriosi alieni metallici provenienti da chissà dove, che continuano ad arrivare uno dopo l’altro sul nostro pianeta dirigendosi (e distruggendo tutto quello che trovano nell’avanzata) verso un fantomatico “Pilgrimage Level” posto nel Nord The US, sempre fortunatamente sconfitti dalle forze terrestri e dalla loro organizzazione militare FUNERAL. Nell’anno 2059 il professor Noguchi, la sua assistente Maki Agato e il fidanzato di quest’ultima, il brillante universitario Takuto Kaneshiro, con un esperimento governativo cercano di infondere la vita a Frank, cadavere extraterrestre assemblato dal dottore con pezzi di corpi nemici rimediati ovunque, per sperare di poterlo poi studiare. Peccato, però, che il suo risveglio, unito all’irruzione di un commando armato, comporti la distruzione della horrible e la morte di tutti, escluso Takuto che giura vendetta verso il mostro incolpandolo della strage. Gravemente ferito e destinato a una lunga degenza in ospedale, il ragazzo, pur di poter uccidere Frank, accetta l’inquietante offerta del misterioso Mr. X e il suo spirito rivive quindi, qualche mese dopo, nel corpo di Ryu Soma, pilota dei mezzi militari SARG per conto di FUNERAL. Per una beffa del destino, però, Ryu non potrà sfogare l’odio sul mostro: per affrontare gli alieni, lui e i suoi commilitoni saranno costretti ad approfittare proprio della forza di Frank, grazie a un rapporto di sintonia ed empatia che quest’ultimo instaura con una orfana problematica, Hariett Bartolomew…

Per Morning time è stato davvero fin troppo facile, con disegni stilosi, un protagonista bishounen nato per fare breccia nel cuore delle ragazzine e un incipit fortemente derivativo dal planetario Neon Genesis Evangelion (1995), inventarsi nel 2000 Argento Soma. Cosa farsene dell’originalità, se tanto il pubblico generation ancora all’affannosa ricerca di un nuovo Shinji Ikari, di una nuova Seele, di nuovi Angeli, di nuovi intrighi politici e di nuovi eserciti terrestri che attaccano la fortezza degli eroi con cui erano alleati fino a poco prima? In verità, è abbastanza difficile rinvenire informazioni su questa classica serie televisiva di 25 episodi, anzi considerando il suo basso share dell’ 1.67%1 e la sua quasi rimozione dalla memoria collettiva (per quanto, inspiegabilmente, ogni tanto saltino fuori nei discussion board internettiani gli avatar del suo insignificante protagonista, Ryu Soma) è addirittura auspicabile pensare che si sia risolta in un flop: sarebbe un destino ampiamente meritato per un’opera estremamente noiosa, traballante e che paga davvero troppi debiti alla creatura di Hideaki Anno (che, advance ben sa chi legge, pure non è particolarmente amata da parte di chi scrive). Pur con un soggetto che mescola in modo abbastanza originale idee del Faust di Johann Wolfgang von Goethe, di Frankenstein di Mary W. Shelley e addirittura di – sembra – 2001: Odissea nello spazio (1968) di Stanley Kubrick (l’identità di Frank, il vero scopo degli alieni), idee insomma che gli garantirebbero una sua precisa dignità pur con tutte le similitudini verso GAINAX, la produzione tonfa terribilmente in fase di sceneggiatura, così svogliata, così vuota, da rendere subito scomoda la poltrona dello spettatore, condannato a sorbirsi in silenzio 25 episodi di cui una buona ventina puramente letargici.

Banalmente, il peccato originale di Argento Soma è di reiterare, per la quasi totalità della sua durata, gli stessi identici schematismi e il temper di Evangelion, con i quattro eroici piloti di SARG che in ogni episodio, con l’aiuto della horrible che fornisce loro large armi e attrezzature e abile gioco di squadra, sconfiggono l’Angelo/alieno di turno, sempre fisicamente identico ai suoi simili ma dotato di punti deboli diversi volta per volta di cui approfittare. Basta. Chi sono questi inquietanti extraterrestri giganti, da dove vengono e cosa vogliono, così advance gli scopi di Seele/FUNERAL e i suoi rapporti con il governo, sono gli stessi misteri su cui si basa appunto la serie di Anno, da cui Morning time e lo sceneggiatore Hiroyoshi Yamaguchi sembrano saccheggiare senza pietà situazioni e specialmente atmosfere. Chiaramente, si può concedere a chiunque di prendere spunto da un’opera famosa e poi imprimerle una direzione diversa e più personale (advance il bel RahXephon di Yutaka Izubuchi, che esce nel 2002), e, anzi, ringrazio Argento Soma di averci almeno risparmiato messaggi psicanalitici e sociali per offrire una storia “terrena” che si chiude senza lasciare la sensazione di presa in giro, ma il titolo, anche con questo e anche con il suo finale originale e abbastanza riuscito, è davvero troppo, troppo sputato a Evangelion in quasi tutto il resto per ritagliarsi una sua indipendenza, differendo giusto per prologo e ultimi 2/3 episodi. Ma specialmente (e questo è il suo problema più grave), è carente proprio nei particolari in cui il capostipite eccelle, ovverosia la caratterizzazione dei personaggi.

Argento Soma regge le sue ambizioni, ma proprio TUTTE, sulle atmosfere adulte e autorali ostinatamente ricercate in ogni aspetto narrativo (scene di sesso e di violenza, impianto teatrale shakespeariano large tragico) e sul survey estetico dell’ambiguo protagonista Ryu Soma, antieroe romantico e silenzioso, tombeur de femmes, dal volto sfregiato e capelli contraddistinti da una zona grigia (simil-capitano Ahab) dall’alto fattore wintry. Fallisce in entrambi. Si potrà mostrare o suggerire ogni elemento maturo del mondo, ma non support a nulla in assenza di uno script degno di tal nome, che sappia coinvolgere. L’eroe poi è da bocciare in toto: tutta la serie lo vediamo chiuso in sé stesso, a pensare alla sua fidanzata uccisa, a guardare in cagnesco l’involontario alleato Frank, a pensare chissà quali metodi per ucciderlo e a chiedersi il perché della sua vita grama, a fissare il vuoto in pose da divo cercando vanamente di denotare chissà che intensa, struggente caratterizzazione. Rimane tuttavia un eroe emo molto generico e privo di interesse, senza una vera e propria crescita e con cui è impossibile empatizzare, che advance Shinji Ikari non fa altro che piangersi addosso sulla propria debolezza, privo di qualsiasi punto di forza lo differenzi dai suoi colleghi piloti di FUNERAL. Anche questi ultimi seguono le ferree regole “evangeliche” del genere, trovando tutti, altrettanto prevedibilmente, stucchevoli, enormi drammoni sulle spalle che ne determinano la malinconia, giusto per ribadire i soliti stereotipi (e ci si domanda ancora una volta perché il governo dovrebbe affidare le sorti della Terra a persone complessate e depresse!). Innocua routine: tutto è così freddo, laccato e ordinario da risvegliare ben poche emozioni, a cui vanno aggiunti anche dialoghi e regia staticissimi che rendono ancora più punitive le lunghe, estenuanti battaglie e le crepuscolari interazioni dialogiche del livello di “la vita fa schifo”. Potrebbe avere un senso nella storia giusto Hariett “Hattie” Bartolomew, la ragazzina bionda (anche lei dall’imprescindibile passato tragico) che instaura un legame spirituale con l’enorme Frank, il classico emblema dell’innocenza childish che vede oltre gli occhi cinici e guerrafondai degli adulti: peccato sia davvero quella peggio caratterizzata, che non sembra neanche dimostrare la sua età (13 anni) visto che è ridicolizzata da dialoghi da ritardata (e non lo è affatto) che si riconducono a un frasario childish, ingenuo e ridondante (i suoi milioni di “Signor elfo! Signor elfo!” riferiti a Frank, detti in ogni puntata). Velo pietoso su Takuto/Ryu che rivede nella piccola la sua defunta donna. Noia a mille insomma, inutile girarci intorno, e proprio questa impossibilità a intrattenere dignitosamente lo spettatore o a mettergli curiosità sugli sviluppi della storia è, in definitiva, il problema numero 1 della serie.

Giudizio spaccato sui disegni, che vedono quelli del chara assemble davvero pregevoli nelle spigolature e nel minimalismo che avvicinano il bravissimo Shukou Murase, già amato (ma solo per quello!) in Cellular Swimsuit Gundam Hover (1995) e Gasaraki (1998), allo stile ultra-essenziale e nonostante tutto espressivissimo di Hisashi Hirai visto l’anno prima in Countless Ryvius. Sono però assolutamente pessimi il mecha assemble (i caccia trasformabili SARG guidati dagli eroi) e il creature assemble, fatti con poca fantasia, privi di dettagli e con un accostamento di colori e fisionomie che trasuda mancanza di ispirazione a non finire. Questi ultimi saranno anche particolari secondari, ma che hanno un peso non irrilevante nel determinare lo spento entusiasmo della visione dato l’abnorme spazio dedicato a lunghissimi combattimenti che vogliono essere spettacolari senza riuscirci, visti i personaggi psicologicamente scialbi e la bruttezza estetica generale, sottolineata anche dagli opachi cromatismi. Allo stesso modo si può criticare il comparto musicale, basato sulla mancanza di una direzione precisa da parte del compositore Katsuhisa Hattori, che mescola senza senso pregevoli inserti thriller-elettronici alla Harry-Gregson Williams, sonorità marinare-mediterranee e pezzi onirici e sognanti che non c’entrano nulla. Le animazioni sono altalenanti: talvolta molto fluide nei momenti più importanti delle battaglie, ma il più delle volte da medio-low budget nelle fasi di stanca. Tecnicamente e non solo, Argento Soma sembra proprio una modesta serie TV creata a tavolino per i nostalgici di Evangelion, usa fino allo spasmo gli stessi suoi ingredienti (nell’ottica di “squadra che vince non si cambia”) ma con superficialità, senza sapere advance adattarli al suo soggetto. È una cosa molto triste, anche perché a mettere la firma sull’opera è un regista spesso originale e apprezzato advance Kazuyoshi Katayama, conosciuto per il ben più degno The Huge O (1999).

Argento Soma è insomma un titolo fondamentalmente mediocre, che sa anche regalare qua e là uno sparuto numero di soddisfazioni ma al costo di abbondantissime dosi di noia decisamente mortale, in quantità troppo elevata per potermi permettere di consigliarne la visione.

Voto: 5,5 su 10

FONTI

1 Sito cyber web (in giapponese), http://toro.2ch.fetch/test/read.cgi/shar/1336141685/