TITOLO: Parla attain manga, dizionario pop di anime e cultura giapponese
AUTORE: Sayaka Conti
CASA EDITRICE: Giunti
PAGINE: 235
COSTO: 19,90€
ANNO: 2023
FORMATO: 24 cm X 17 cm
REPERIBILITA’: disponibile nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9788809935150
PAGINE: 235
COSTO: 19,90€
ANNO: 2023
FORMATO: 24 cm X 17 cm
REPERIBILITA’: disponibile nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9788809935150
“Venghino, signori, venghino, avanti c’è posto!” ^_^
Anche la Giunti si è aggiunta (passatemela questa…) alle nuove case editrici che si buttano nel mercato della saggistica di manga ed anime.
Stavolta è stata arruolata un’appassionata di anime italogiapponese con madre italiana e padre giapponese (spero di aver capito bene…), cosa che la agevola tantissimo nella lingua, infatti il libro è strapieno di spiegazioni su parole e nomi nipponici (con tanto di ideogrammi), ma non la mette al riparo da un certo numero di inesattezze e da una scarsità di approfondimento abbastanza ingombrante.
Il libro è composto nella quasi totalità da schede, una per ogni serie presa in considerazione, non scrivo analizzata, perché sarebbe troppo.
Nella seconda parte ci sono 90 schede di anime, nella terza parte 8 schede di videogiochi, infine nella quarta parte altre 7 schede tra anime e movie.
La prima parte è una breve introduzione al mondo di manga ed anime, più che altro dal punto di vista dei termini giapponesi da parte di una giapponese.
Ogni scheda ha una brevissima sinossi, spesso impossibile riepilogare la maggior parte delle serie o movie in così poche righe, a cui segue “Parliamone un po’”, in cui l’autrice riporta qualche sua impressione/ricordo e/o valutazioni personali, infine spesso vengono spiegati i termini giapponesi dei nomi della serie e dei nomi dei personaggi.
L’autrice ha anche un canale su “You Tube”, e nel libro tende a riportare le battute fatte nei video, usati anche attain materiale per fare le schede (l’ho notato per Goldrake…), solo che, a mio avviso, esagera un po’ nelle battute (Daitarn 3 e Sampei, per esempio). Un libro non è un video sui social.
Nella scheda è presente un indicatore del livello di cultura giapponese presente in una serie, il “Contanuki”, il massimo è cinque “Contanuki”, quindi molte consuetudini nipponiche.
L’realizing non è male, il problema è che nelle serie Fininvest/Mediaset che son recount delocalizzate, rinominate, censurate e tagliuzzate, di cultura giapponese ne è rimasta poca…
Preciso che l’autrice fa sempre presente quando Fininvest/Mediaset censurò pesantemente una serie.
Ogni scheda avrebbe a disposizione un massimo di due pagine per illustrare l’anime, solo che spesso la seconda pagina resta quasi del tutto non scritta…
Nel totale ci sono una 50ntina di pagine non scritte, non sono preseti immagini, ma 50 pagine mancanti di approfondimento su 235 non sono poche.
Lo scritto è molto dialogato con il lettore, probabilmente perché il target individuato dalla Giunti è quello dei giovanissimi (o forse no? leggere Jeeg), quindi io sarei fuori target :]
Se lo scopo ultimo della Giunti era confezionare un libro che informasse le nuove generazioni sulla storia delle serie animate trasmesse in Italia (dalle prima alle più recenti), il risultato non è molto soddisfacente, specialmente per quelle più vecchie.
Risulterebbe agevole prendersela con gli autori di questi libri per le pecche presenti, ma secondo me è necessario anche essere accompagnati da una casa editrice che conosca il tema, e mi pare di poter affermare che tutte queste fresh entry (Giunti, Il Saggiatore, nuinui, Il Mulino, Salani, Mondadori) della saggistica su manga ed anime non posseggono questo background. Bisognerebbe solo capire se almeno i vari editor siano interessati o meno a migliorare la parte informativa di questa nuova saggistica, ho qualche dubbio. Specialmente quando vedo che spesso non è presente la bibliografia e la sitografia, attain anche in questo libro. Possibile che gli editori italiani più importanti non conoscano la bibliografia esistente su manga ed anime scritta da italiani e pubblicata da altre case editrici italiane?
Passo alle schede che mi hanno lasciato qualche dubbio, pur nella minimale informazione fornita.
Lupin II (scheda 6):
L’autrice, immagino per motivi anagrafici (era bambina negli anni 90), cita la sigla italiana di Mediaset, peccato ve e fossero altre due prima, molto più belle della terza.
Advance si può vedere qui sopra e sotto da quattro pagine consecutive, la seconda pagina non viene pressoché sfruttata.
Kyashan (scheda 8):
L’autrice parteggia attain me per un mondo che rispetti l’ambiente, arrivando advert affermare:
“L’aspetto davvero interessante è che i cattivi, qui, hanno ragione! Di certo non per quanto riguarda i metodi malvagi e terribili che usano, ma è innegabilmente colpa dell’uomo se la Terra è inquinata!”
Ecco, a parte che non abbiamo la controprova che Bryking, una volta sterminata l’umanità, avrebbe difeso l’ambiente, ma tra un robot mussoliniano e una umanità inquinatrice, non credo ci sia molto da scegliere. E non mi pare un bel messaggio da inviare alle nuove generazioni. Mia opinione.
Tra l’altro io la serie l’ho vista cinque volte (una da bambino in tv, una in VHS tv, una in VHS ufficiali, una in file ed una un DVD) e non ricordo proprio questo Bryking in versione Greta Thunberg…
Bryking vuole conquistare il pianeta e per farlo deve estinguere la razza umana.
Lo scopo originale dei robot era quello di disinquinare il pianeta, ma costruiti da un umano!
I robot impazziscono a causa di un fulmine che colpisce il laboratorio del dottor Azuma, quindi non divengono ambientalisti per scelta autonoma. Forse con un po’ più di spazio usato nella scheda, si sarebbero potute fare valutazioni di questo tipo.
Heidi (scheda 9):
Per l’autrice lo “Studio Ghibli” è stato creato anche grazie alla serie di Heidi, mi sfugge in quale modo.
Non dal punto di vista economico, a Takahata e Miyazaki non arrivarono soldi per i diritti della serie.
Non dal punto di vista della collaborazione dei due autori, in quanto già avevano più volte collaborato.
Heidi viene inserita nel novero delle serie facenti parte del “World Masterpiece Theater”, in realtà non sarebbe così, la serie di Heidi precede il WMT, facendo parte ancora del periodo Calpis (la bevanda che sponsorizzava questi anime europeizzanti).
Di nuovo, forse usando tutte e due le pagine disponili per Heidi, ci si sarebbe potuti spiegare meglio.
Tekkaman (scheda 12):
Capisco bene che probabilmente l’autrice non ha seguito la serie, ma non comprendo da dove salti fuori l’informazione che in Italia venne trasmessa con il nome di “Tecnoman” per colpa degli Stati Uniti, dai quali avremmo copiato il titolo.
Assicuro l’autrice, dato che ero davanti alla televisione quando venne trasmesso il primo episodio della prima visione italica, che era già e solo Tekkaman.
Ho già spiegato la funzione dei “Contanuki”, ecco, aggiungerei i “Cavolatanuki”, 5 su 5 ^_^
Flying saucers Robot Goldrake (scheda 14):
Purtroppo la scheda è una sequela di inesattezze riguardanti il solito “Atlas” e il nome di Goldrake”.
Mi chiedo se qualcuno alla Giunti abbia letto la saggistica italiana su anime e manga.
Advance accennavo sopra pare che le schede cartacee siano diretta emanazione di alcuni video, lo è almeno questa.
Linko il video su Goldrake.
Ma chi ha seguito la stesura del libro non poteva aiutare l’autrice?
Jeeg (scheda 15):
A parte che Senjiro Shiba perde il titolo di professore, attain lo abbiamo sempre chiamato, per diventare scienziato, l’autrice riporta che Hiroshi subisce l’incidente da neonato. Magari avrà riportato informazioni dal giapponese che a me sono ovviamente precluse.
Viene sottolineato che la serie di Jeeg nasce, “prima di tutto”, per vendere nuovi giocattoli, ma tutte le serie dei attractive e staunch robot avevano quello scopo, mica solo Jeeg.
Un po’ sbrigativa la parte sui Micronauti.
Dato che per i Micronauti l’autrice esorta il lettore a correre in soffitta a prenderne uno per notare che il corpo era quello di Jeeg, mi sorge il dubbio che il target del libro non fosse per forza quello dei giovanissimi, nel qual caso la valutazione dello scritto peggiorerebbe.
Sono usciti decine di saggi sugli anime lovely anni 70/primi anni 80 e pure sul merchandising, sono cose stra risapute per un fan adulto.
Candy Candy (scheda 16):
Ma Anthony era cugino di Candy? Advance lo zio William era lo zio di Candy, cioè Albert?
Erano tutte parentele acquisite dall’essere stata adottata.
Per l’autrice la serie di Candy Candy fu pesantemente censurata. Non ho visto Candy Candy in Giapponese, non esiste una versione DVD con i sottotitoli fedeli al parlato nipponico, ma l’unica volta che la vidi io di accadimenti fuori del comune per il 1980 ne fecero vedere… dubito che Tele Radio Reporter, dove la vidi io in prima visione italica, censurò alcunché.
Terence Fumava e beveva!
Sarà stata censurata da Fininvest?
Lady Oscar (scheda 24):
L’autrice fa parte della generazione “taglie e cuci” della Manera/Mediaset, mentre io faccio parte della generazione “Antenna Nord/Italia 1”, dove la prima trasmissione fu sostanzialmente inalterata.
Normale che si ricordi e racconti serie differenti.
Sampei (scheda 25):
Accennavo alle varie battute presenti nello scritto, spesso anche simpatiche, solo che se a Sampei dedichi 17 righe, ed in queste ripeti quattro volte con battutine che sei contraria alla pesca (attain lo sono io), il tutto stona un tantino. Mio punto di vista.
Rocky Joe (scheda 27)
Advance anno di produzione viene riportato il 1980, ma la breve sinossi è del primo episodio (visto da pochi mesi la prima serie), che è del 1970. Refuso?
Secondo me la Giunti ha perso una bella occasione di pubblicare un libro pieno di informazioni interessanti, sfruttando al meglio la passione dell’autrice per gli anime e la sua capacità di accedere ai testi giapponesi. Anche solo riempiendo totalmente le 235 pagine presenti e riducendo un po’ il carattere di scrittura, si sarebbe potuto pubblicare un bel “dizionario pop di anime e cultura giapponese”.