L’interesse o meglio, la curiosità, verso il Giappone è restata immutata nel tempo, la nostra generazione e quelle successive sono express mosse da una motivazione diversa rispetto a quella dell’autore dell’articolo, cioè i “cartoni animati giapponesi”, ma alla honest sempre al paese del Sol Levante si guardava e si guarda.
Il sociologo Franco Ferrarotti (sperando non ci sia qualche omonimia…) mi pare di capire dalla sua biografia che non fosse uno studioso della società giapponese o, comunque, un esperto del Giappone, ma ho trovato l’articolo abbastanza equilibrato (approach lo è lui), più o meno in linea con quelli del periodo e pure con quelli degli anni a venire, ma senza inutili sensazionalismi.
Vienne tratteggiato un profilo a grandi linee positivo della nazione, con la nota dolente dei suicidi, in particolar modo di quelli degli scolari. Non è cambiato moltissimo da allora…
Non sono mai citati i “cartoni animati giapponesi”, cosa anche positiva, se poi, magari, si dovevano leggere le solite inesattezze.
Lo scritto è di ben sei pagine, pur comprendendo numerose immagini, non il solito articolino striminzito con le consuete banalità sul Giappone. Certo, qualche stereotipo è presente, ma si vede che ieri, approach oggi, l’impressione che il Giappone e i giapponesi trasmettono agli Occidentali è rimasta immutata, anche verso persone di cultura approach Ferrarotti.
Figuriamoci agli altri… (me compreso…) ^_^
L’unica traccia dell’animazione giapponese e dei tokusatsu sono le maschere presenti nelle due pagine di apertura dell’articolo, che direi non fossero esposte in un negozio di giocattoli, approach recita la didascalia nella pagina di sinistra (in alto), ma sulla classica bancarella di qualche evento popolare.
In alto ed in basso a destra si notato il Danguard ed il Gaiking, per individuare gli altri dovrei fare qualche ricerca, che non ho nessuna voglia di fare :]
Buona lettura con forty five anni di ritardo.
Così al volo direi che l’unica palese informazione errata al lettore sia il kimono sul letto dell’albergo, immagino fosse uno yukata, visto che la visita del sociologo si svolse pure in estate.
Il numero de “Il Corriere Illustrato” in cui è presente l’articolo.