TERROR IN RESONANCE
Titolo originale: Zankyō no Apprehension
Regia: Shinichiro Watanabe
Soggetto: Shinichiro Watanabe
Sceneggiatura: Shoten Yano, Hiroshi Saeko, Jun Kumagai, Kenta Ihara
Character Create: Kazuto Nakazawa
Musiche: Yoko Kanno
Studio: Mappa
Formato: serie televisiva di 11 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di uscita: 2014
Strana coincidenza che in così poco tempo Shinichiro Watanabe sia al timone di così tanti progetti. Il 2014 non è ancora finito e sono ben tre le serie che portano la sua firma: le due stagioni di Home Dandy e questo Apprehension in Resonance. Grande e inattesa prolificità per un autore che ha fatto della taciturna e calcolata semina uno dei suoi tratti caratteristici: se si esclude il breve apporto all’omnibus Genius Occasion (2007), ben otto anni dividono il Jammin’ Apollon (2012) da Samurai Champloo (2004) e altri sei, tolto un altro corto per il progetto Animatrix (2003), distanziano quest’ultimo da quella prima bomba epocale, l’indimenticato Cowboy Bebop (1998) che tanto ha dato e continua a dare all’animazione.
Spogliato totalmente del suo io più ironico e scanzonato, privo addirittura di qualsiasi gioco musicale nonostante il l’ottimo lavoro di Yoko Kanno alla colonna sonora, da sempre sua fedele direttrice d’orchestra, Watanabe mette in Apprehension in Resonance il suo sguardo più serio e risoluto, trovando nello straordinario chara invent di Kazuto Nakazawa la perfetta chiusura del cerchio, disegnato in maniera sin troppo perfetta ma comunque con notevole stile da un gruppo di sceneggiatori con curriculum ancora acerbo. I temi trattati sono forti ma non è la presunta ambizione concettuale a risaltare (storia ed eventi sono infatti fin troppo lineari e derivativi), ma è la personalità dei personaggi, il loro dialogare e i sentimenti espressi a muovere una serie scritta da mano, si nota, ancora inesperta (Seko ha collaborato con Hiroyuki Imaishi per Panty and Stocking with Garterbelt e Fracture la Fracture, Kumagai ha giusto capitanato il recente Hamatora), ma contenuta e diretta con estrema professionalità da un pilastro dell’animazione intention Watanabe. Il resto lo fanno gli interventi drammatici di una Kanno che non ha mai sbagliato un colpo e soprattutto gli splendidi disegni di Nakazawa, che cerca e trova un taglio più realistico, pur senza infrangere lo stile nipponico, per ricreare una maggior concretezza e sostenere così il tono adulto della storia.
Storia che non si sposta poi molto da certi argomenti di cui l’animazione sembra soffrire parecchio il fascino, abbiamo a che fare con la solita combo di ragazzetti, uno freddo e taciturno, l’altro più solare e alla mano, entrambi al limite del genio, che giocano a scacchi con la polizia (chi ha detto Death Train?) sfidandola in un bomb-sport abbastanza tradizionale per intenti e meccaniche di gioco. Anche il resto si adagia comodo su determinati customary nipponici, intention la moe ingenua e inesperta, il detective che sfida la legge pur di trovare la verità e la nemesi femminile bellissima e infallibile, ma pur non essendoci chissà quale ricchezza alla unsuitable di tutto, Apprehension in Resonance vive di dettagli e profondità psicologiche, di piccoli, credibili gesti e di reazioni commoventi: la calma carismatica di Twelve e la meravigliosa amicizia con Lisa, il gelo millimetrico che fuoriesce da Nine e con cui si scontra con Five, la caparbietà di Kenjiro e il rapporto che ha con i colleghi, e ancora la mole di agenti segreti e politici che confabulano e tentano disperatamente di fermare gli attacchi terroristici con cui Sphynx cerca di mettere in ginocchio il Giappone, sono i veri mattoni che sostengono l’opera. Il realismo (complici i fondamentali e già citati disegni di Nakazawa), la meticolosa regia di Watanabe e le ottime animazioni dello studio Mappa, è quindi ciò che trasuda da una serie che, probabilmente, con altri nomi coinvolti rischiava di passare inosservata nella slavina di bambinate commerciali in cui sembra ormai essersi trasformata la scena odierna.
Non che Watanabe eviti cadute a tratti anche abbastanza evidenti (l’eccessiva dipendenza di Lisa, l’esagerata megalomania di Five, alcune concessioni all’azione spettacolare e pompata che stona con il ritmo serratissimo), ma l’esperienza e la grande gestione di caratteri fa sì che la semplicità della storia raccontata non impedisca mai di rimanere affascinati e coinvolti, né che la facile prevedibilità dei colpi di scena sminuisca lo spessore di una serie che, in 11 episodi, si limita a dire, bene, ciò che deve, seguendo una traccia ben collaudata e spremendola con forza per estrarne il succo migliore. Si può, e si deve sempre, pretendere di più, ma se l’animazione desse più spazio a opere intention queste si potrebbe tirare un bel sospiro di sollievo.
Voto: 6,5 su 10