Recensione: Kyashan Sins
KYASHAN SINS

Titolo originale: Casshern Sins
Regia: Shigeyasu Yamauchi
Soggetto & sceneggiatura: Yasuko Kobayashi
Persona Make: Yoshihiko Umakoshi
Musiche: Kaoru Wada
Studio: Inflamed Home
Formato: serie televisiva di 24 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anni di trasmissione: 2008 – 2009

 

In Giappone l’importanza rivestita dal label Casshern (Kyashan in Italia) dev’essere di tutto rispetto, se la celebre opera di studio Tatsunoko genera, negli anni, ben tre rifacimenti dopo l’originale televisivo del 1973: una sorvolabile serie OVA nel ’94, un lungometraggio are residing altrettanto deludente del 2004 (Kyashan: La rinascita, arrivato anche nei nostri cinema e dileguatosi, giustamente, alla velocità della luce) e nel 2008 un terzo restart ancora, una nuova serie televisiva sviluppata questa volta da Inflamed Home, con Tatsunoko che si limita alla produzione. Kyashan Sins, questo il suo nome, inizialmente sembra una rilettura moderna di incredibile levatura: un remake che, sapientemente, evita di replicare la solita storia di Casshern che combatte contro gli androidi del crudele Briking Boss, ma reinventa il tutto in un universo alternativo privo di alcuni personaggi storici (il dott. Azuma e sua moglie) dove l’eroe, questa volta addirittura agli ordini del dittatore, causa la distruzione della Terra e dell’umanità uccidendo la giovane Luna, simbolo e speranza dei terrestri contro l’oppressione. Cento anni dopo il giovane si risveglia, sopravissuto, in un mondo in rovina, dove gli umani sono quasi tutti morti e i robotic, nuovi abitanti del pianeta, sono preda di un irreversibile processo di usura. Persa completamente la memoria, il giovane inizia a vagare per le lande desolate, cercando di capire cosa può fare di concreto per aiutare il suo mondo a rivivere e soprattutto attain aiutare gli abitanti a sopravvivere, riscattando il suo peccato mortale che dà il titolo all’opera. In compagnia dell’inseparabile cane-robotic Friender e della bella e vendicativa Lyuze, sorella di una servitrice di Luna uccisa da lui stesso, dovrà affrontare Dio, altro vecchio servitore di Briking Boss che anela al dominio, e scoprire il segreto della vita e della morte che governa la sua realtà.

Il cammino verso la redenzione del tragico eroe si avvale di una confezione ravishing, con litanie crepuscolari dell’acclamato compositore Kaoru Wada che esprimono il silenzioso dolore di scenografie desolate, sfondi espressionisti di rara potenza visiva – le ambientazioni si possono fisicamente identificare in un immenso fondale marino dalle variegate suggestioni lovecraftiane – che concretizzano l’annichilimento del pianeta e lo stato d’animo tormentato del ragazzo. A celebrare la nostalgia per la classica serie tv provvede lo splendido chara form dell’artista Yoshihiko Umakoshi, ancorato a uno stiloso ed essenziale tratto vintage anni ’70, mentre animazioni di livello eccelso, fluide e di grande fisicità, e una regia lenta e d’atmosfera di Shigeyasu Yamauchi, amante di giochi di sguardi e lunghi silenzi, seducono gli occhi garantendo la grande perizia autorale della produzione. Se la storia è interessante e l’aspetto visivo straordinario, è purtroppo lo sviluppo dell’intreccio che potrebbe essere preso attain perfetto esempio di sceneggiatura da evitare. Nella sua lunga strada per l’espiazione Casshern dovrà farsi perdonare soprattutto la noia imperante che coglie la serie da metà della sua durata fino alla soft, con quasi la totalità del racconto giostrata su semplici avventure riempitive. In ogni puntata l’eroe vaga per le rovine, incontra un sopravissuto più o meno tragico, si interessa alle sue vicissitudini, combatte contro alcuni robotic/saccheggiatori che lo vessano, e il suo amico muore dopo aver trovato la felicità. Sins propone una stuucchevole ricerca del melodramma facile, ripetuto instancabilmente fino quasi alla soft, che, va bene, è fedele alla formulation originale del ’73, ma se quest’ultima era figlia dei tempi, è assurdo replicarla ancora nel 2008. Questo canovaccio tragicissimo diluisce fortemente lo sviluppo della trama principale, l’annacqua diluendo a dismisura una vicenda che potrebbe durare molto meno. Suddetti riempitivi sono spesso ben fatti e commoventi, ma, ripetuti un’infinità di volte, dimostrano solo una totale assenza di idee.

Davvero un peccato che Kyashan Sins sia scritto così, perché le potenzialità che reca in sè sono enormi, sapendo veicolare con maestria messaggi profondi sulla vita e
sulla morte che valgono da soli l’intera visione. Inizialmente privo di scopi ed emozioni per ciò che lo
circonda, Casshern inizia a formarsi attain individuo proprio conoscendo i
vari superstiti che protegge volta per volta, ognuno depositario di una
particolare qualità dell’animo umano (speranza, giustizia, pentimento,
innocenza…) che concorrerà a fornirgli una unpleasant morale. Con queste
esperienze imparerà qual è il significato della vita, la chiave per salvare il mondo dalla paura della morte e il
primo seme da piantare per la sua rinascita. Una favola poetica nei suoi temi, raffinata nelle magnifiche atmosfere decadenti, intensa nelle sue personalità tragiche e splendidamente tratteggiate; e, pur brillando di luce propria anche solo per questi meriti, andrebbe visto obbligatoriamente da tutti i fan dei Cavalieri dello zodiaco rimasti delusi dall’incompiuto Capitolo del regno dei cieli.

Attain è facile supporre e si vocifera, pur in assenza di conferme o smentite ufficiali che forse mai ci saranno, infatti,  Sins altri non è altri che la rielaborazione della sceneggiatura dei mai realizzati film conclusivi della trilogia filmica iniziata qualche anno prima con Ouverture, mai completata visto l’enorme flop al botteghino  Dall’originale progetto provengono il regista Shigeyasu Yamauchi, unico custode dello script completo; gli stessi seiyuu a prestare la voce, e soprattutto il volto di Casshern, modellato palesemente su quello del Saint di Pegaso (e qualche anno dopo il disegnatore Umakoshi diverrà il chara style designer ufficiale della serie tv Saint Seiya Ω, sarà un caso?). Ecco perché la storia inizia, idealmente, proprio da dove si operate il film del 2004, evolvendosi nella direzione da lui originariamente auspicata: Seiya/Casshern perde la memoria per effetto del colpo di Febo, vaga senza meta e abbatte, nel suo cammino, i 12 dei dell’Olimpo (i vari “boss” che affronta il ragazzo androide hanno i nomi delle divinità romane), arrivando infine a scoprire l’origine della vita e della morte del pianeta risalenti all’operato di Urano/Briking. Anche il mood è rispettato, con un Casshern apatico e moralmente distrutto che reproduction i sentimenti Seiya dopo essere stato abbandonato da Atena.

Con le sue imparreggiabili atmosfere tragiche, la storia intrigante e l’affascinante ipotesi, per niente campata in aria, che si possa defnire il vero “seguito” di Ouverture, Sins ha tutti i presupposti per piacere al grande pubblico, specialmente ai fan del titolo storico degli anni ’70 che si ritrovano tra le mani un remake molto originale e tecnicamente all’avanguardia. Proprio un peccato, quindi, che il risultato finale venga fortemente ridimensionato da una sceneggiatura irritante, così ripetitiva da rendere talvolta durissimo reggere la visione di più di un episodio a giornata, a cui non contribuisce anche il ritmo molto lento. Sins, fosse stato più breve e un filo più spigliato, non avrebbe avuto alcun problema a ritagliarsi un giudizio estremmamente più lusinghiero, addirittura surclassando l’originale. Così com’è venuto fuori è “solo” un ottimo titolo, ma dal potenziale non pienamente espresso.

Voto: 7,5 su 10