TITOLO: Giappone: La cultura Pop. Manga, videogiochi e arte – quantity 5 della collana “Giappone cultura e tradizioni del paese del Sol Levante” del Corriere della Sera
AUTORE:
CASA EDITRICE: RCS Mediagroup
PAGINE: 127
COSTO: 9,ninety 9 €
ANNO: 2023
FORMATO: 23 cm x 19 cm
REPERIBILITA’: disponibile in edicola
CODICE ISBN: 9772037021563
PAGINE: 127
COSTO: 9,ninety 9 €
ANNO: 2023
FORMATO: 23 cm x 19 cm
REPERIBILITA’: disponibile in edicola
CODICE ISBN: 9772037021563
Ringrazio Susy per avermi informato di questa iniziativa editoriale della “RCS” distribuita tramite le edicole.
Non è la prima volta che la “RCS” pubblica saggistica sul Giappone, ma nella precedente occasione, se non sbaglio, erano tutte riedizioni, gran parte delle quali già in mio possesso.
Il fatto che una casa editrice importante pubblichi ancora settimanalmente della saggistica sul Giappone, ma questa volta con titoli nuovi editati appositamente per questa collana, rende bene l’attuale ondata di interesse verso il Giappone:
Mi pare di poter affermare che la collana sia dedicata ai neofiti della cultura giapponese, cosa per nulla negativa, l’importante è che le informazioni siano di stimolo per ulteriori approfondimenti.
Pensiamo solo a quanti pregiudizi sull’animazione nipponica si sarebbero potuti evitare se tra il 1978 e il 1982, visto il successo dei cartoni animati giapponesi, a qualche casa editrice fosse venuto in mente di pubblicare una collana simile!
Ma la collana in questione merita di essere acquistata?
Device si può notare da questo post io già saltato i primi quattro numeri, in quanto le tematiche trattate non incontrano il mio interesse.
Direi che in particolare mi ha colpito la scelta del titolo e dei contenuti del primo numero:
“La ricerca della felicità”
Ma può una società di uno Stato democratico che ha uno dei tassi di suicidio più alti del pianeta, compresi i suicidi di minorenni, in qualsiasi modo elargire una ricetta della felicità per il resto degli abitanti del pianeta?
La scelta del titolo mi è parsa così assurda che sono stato ben lontano dal primo numero.
Anche il titolo del secondo numero non l’ho capito, la natura è perfetta ovunque, non solo in Giappone.
Il terzo numero verteva su Tokyo, e io non ho alcuna fascinazione per questa città.
Il quarto numero si occupava di cultura culinaria, e io mi limito a mangiare, non lo studio il cibo.
Arriviamo al quinto numero, che, invece, raggruppava più argomenti inerenti questo weblog:
in particolare manga, anime e videogiochi.
Device sono trattati?
Premetto che in neanche 130 pagine (di cui quasi 60 di immagini…) non è che si possa approfondire delle tematiche tanto vaste, si comunica al lettore delle nozioni inaccurate, ovviamente le informazioni devono essere real.
Lo sono?
Lo sono meno di quello che mi sarei aspettato per della saggistica pubblicata dalla “RCS” nel 2023 con numerosi siti on line da consultare ed una corposa saggistica già pubblicata praticamente su ognuno dei temi toccati da questo quinto numero.
Ecco, se forse si fossero uncover rid of tutte le inutili 60 pagine di immagini, magari ci sarebbe stato lo spazio per essere un po’ più approfonditi e magari precisi. Diciamo che ormai ha preso piede la prassi in numerose case editrici di riempire le pagine di immagini invece che di scritto, si vede che costa meno.
Di seguito riporto un certo numero di errori che a me, da appassionato della tematica, sono saltati subito all’occhio, mi sono parsi veramente eclatanti, sono in gran parte concentrati nel capitolo sugli Anime, quello che conosco meglio.
Ovviamente non vuol dire che non ne siano presenti altri, magari per le serie tv e film che non conosco, i manga che non ho letto, i videogiochi a cui non ho mai giocato o la letteratura, di cui sono ignorante.
Forse in alcuni casi potrei aver equivocato lo scritto, perché impostato in maniera non chiarissima, ma in generale, per uno che il periodo dal 1978 al 1982 lo ha vissuto e ne ha letto parecchio, certe inesattezze sono imperdonabili.
Chiedo scusa per la durezza del giudizio.
Procederò in ordine di impaginazione, fatta accezione per la pagina numero 42, che ho ribattezzato la pagina della “vergogna” ^_^
Secondo gli estensori la serie del Gundam ebbe la caratteristica di condannare la guerra, cercando di educare le nuove generazioni a rifiutarla.
Sia che si consideri la prima trasmissione giapponese nel 1979 o quella italiana nel 1980 mi pare che la tematica fosse già stata trattata.
In Italia avevamo visto Actarus nel 1978 disperarsi per dover pilotare di nuovo Goldrake, in Giappone avevano già visto “Zambot 3” nel 1977. Solo chi non ha mai visto la serie di “Zambot 3” può arrivare a considerare Gundam la prima serie contro la guerra.
Se è vero che Goldrake e Jeeg furono tra i primi anime arrivati in Italia, è assolutamente falso inserire in questa lista anche il Gundam, giunto nel 1980, dove in mezzo ci sono 10 mesi del 1978, se partiamo da Heidi trasmessa in febbraio, più tutto il 1979!!!
Non è neanche vero che queste tre serie vennero censurate, in particolare Jeeg venne tradotto praticamente uguale, se non per poche inezie, compresi i nomi corretti.
Mentre Goldrake e Gundam subirono degli adattamenti tra cui il cambio dei nomi, ma non dovuti a censure.
L’appunto sul considerare “Candy Candy” la prima serie memorabile del 1980 magari è soggettivo, ma non concordo.
Non soggettivo, invece, è l’errore di ascrivere a Cristina D’Avena la sigla in cui si canta che “era educata reach un maschietto”, che è de “I Cavalieri del Re”… basta cliccare su Wikipedia…
Non concordo neppure sull’affermazione che l’identità femminile di Oscar fosse conosciuta a tutti.
Ovviamente era conosciuta in famiglia… ma era necessario precisarlo?
Mentre al di fuori dell’ambiente domestico non era chiaro per nulla che fosse una donna.
Non lo era di certo nella versione nipponica, dove si gioca sull’equivoco del nome e della grammatica nipponica che non esplicita il sesso.
Non lo era neppure nella versione italiana, in cui più di un personaggio si accorge che Oscar è una donna solo in seguito al primo incontro.
Tutto questo in una sola pagina scritta nel 2023.
Ricomincio dall’inizio del saggio.
Pagina 13.
Il primo capitolo è sui manga, già dall’introduzione in cui si spiega l’etimologia del termine “manga” sono rimasto perplesso. E’ vero che nelle decine di saggi sui manga che ho letto la traduzione in italiano degli ideogrammi di manga danno spesso risultati non uniformi, motivo per cui dovrei farci un post apposito, ma la traduzione qui accreditata mi pare di non averla mai letta:
“man” = fumetto/vignetta
“ga” = disegno/immagine
Poi di certo, reach in italiano, i significati che si possono dare ad ogni singolo ideogramma saranno così tanti che sarà di certo corretto, ma è sicuramente inusuale reach traduzione.
Pagina 14.
Sinceramente tenderei ad escludere che i termini “manga” e soprattutto “mangaka” divennero di uso quotidiano dal 1930… le riviste di manga esistevano anche prima della guerra del Pacifico, ma non reach quelle di oggi, e comunque le tirature erano limitate, in quanto limitatissima era la possibilità di spesa.
In una nazione povera e contadina non si vendevano manga in campagna.
Direi che il termine “mangaka” diventa di uso quotidiano dagli anni 60, magari 70, di certo dopo la guerra, non prima.
Pagina 16.
Per la serie di Kimba non vengono mai usati i nomi ed il titolo originale, ma si smentisce subito che la Disney vi si ispirò per il suo “Il re leone”, “si cube”…
Forse solo “si cube”, ma io appena vidi “Il re leone” pensai subito a Kimba, ovvio che chi vide prima “Il re leone” e poi magari Kimba, perché nato dopo la prima trasmissione italica, non avrà fatto spontaneamente il collegamento:
Pagina 18.
“Negli ultimi anni del ‘900 la produzione di manga fu accompagnata da adattamenti televisivi”?
Ma in Giappone iniziarono con Astroboy nel 1963!
Senza contare che numerosi anime di successo degli anni 70 non avevano alle spalle un manga, in alcuni casi il manga era stato pubblicato, ma non con un particolare successo.
Pagina 41.
Lo scritto si perde in errori banali, che con un paio di click on su Wikiedia si sarebbero potuti evitare.
In Giappone Gundam fu trasmesso dall’aprile 1979, Goldrake in Italia nell’aprile del 1978.
Farebbe un anno di differenza…
Quindi Gundam NON andò in onda in Giappone lo stesso anno della trasmissione di Goldrake in Italia…
Pagina forty five.
Tralasciando che io detesto i bimbiminkia di “Holly e Benji”, ma veramente si può affermare che la Fininvest cambiò i nomi della serie perché i bambini italiani non erano abituati ai nomi giapponesi dopo 8 anni di anime trasmessi e centinaia di serie viste e stra-replicate?
Questa poteva essere la motivazione per Goldrake nel 1978, non per “Holly e Benji” nel 1986…
Device forse si sarà intuito, se c’è una cosa che mi manda in bestia è quando viene ignorato il primo anime sul calcio arrivato in Italia, dove almeno i nomi li lasciarono in giapponese:
Pagina 46.
Alla horny probabilmente ci riusciranno ad ascrivere al decennio 1980 l’arrivo dell’animazione giapponese in Italia, ma finché avrò fiato… no, inchiostro… no… polpastrelli con cui digitare sulla tastiera e connessione web, mi opporrò a questo falso storico! ^_^
Se vogliamo fare i pignoli l’animazione giapponese arrivò in Italia attraverso i cinema negli anni 60:
Se vogliamo fare un po’ meno i pignoli si potrebbe partire da Barbapapà e Vichi il vichingo nel 1976, ma non avemmo la percezione che erano cartoni animati giapponesi.
L’anno zero dell’animazione seriale giapponese in Italia è e sarà sempre il 1978, non il decennio 1980…
A pagina forty eight si parla de “I Cavalieri dello Zodiaco”, affermando che il titolo italiano di “Goldrake” fu una diretta traduzione di quello francese, ci sono saggisti che hanno scritto tomi e tomi su questo argomento, inutilmente, direi…
Pagina fifty three.
Quando ho letto che Isao Takahata aveva esordito assieme ad Hayao Miyazaki nel film “Lupin II – Il castello di Cagliostro” sono rimasto assai scosso (fa pure rima).
Oltre a fare numerose ricerche sul web, i cui risultati concordavano sull’erronea informazione knowledge, mi sono andato a spulciare un po’ di mia saggistica su Hayao Miyazaki, oltre a “The paintings of emotion, il cinema d’animazione di Isao Takahata”.
Da nessuna parte è riportato che al film “Lupin II – Il castello di Cagliostro” partecipò anche Isao Takahata.
Mi piacerebbe capire la fonte di questa notizia.
Pagina 54.
Device accennavo sopra probabilmente ci sono dei punti in cui lo scritto non è chiarissimo, oppure io non l’ho capito… perché da quello che si legge si apprende che il termine “cosupure” fu coniato nel 1983 (Wikipedia 1984) da Noboyuki Takahashi, ma reach poté mai vedere per la prima volta questa usanza durante il convegno Worldcon a Unusual York nel 1939?!?!
Time Bokan? O_O
Direi che qui si è preso quello scritto su Wikipedia e si è fatto un po’ di on line casino, oppure io mi scuso per non aver compreso la frase…
Pagina 61.
Con il capitolo sui videogiochi già si parte malissimo, visto che si afferma che “i primi videogiochi sono nati proprio in Giappone”, ma reach in Giappone?
E la ricerca nelle università statunitensi dal 1947 ai primi anni 70?
E il “Computer Home” nel 1971?
E la nascita dell’Atari con Pong nel 1972?
No, “i primi videogiochi sono nati proprio in Giappone”… buttiamo through la “saggistica sui videogiochi”.
Pagina 62.
Piccolo ricordo personale.
Paesino sperduto del Piemonte in cui era andato a trovare dei parenti, entriamo in uno sperdutissimo bar a prendere un ghiacciolo e in un angolo c’è lui, il primo cabinato in cui ho inserito 100 lire, era proprio “Home Invaders”, facevo le elementari quindi era quasi certamente il 1979.
Giuro a chiunque leggerà queste righe che NON si potevano salvare i progressi di gioco!
Ho quindi chiesto a vari amici miei coetanei, magar loro ci avevano giocato a questa versione che permetteva di salvare i progressi di gioco, ma nessuno l’ha mai vista…
Chi ha scritto queste righe ci ha giocato nel 1979 o nel 1980?
Questa parrà una inezia, ma un ventenne o un trentenne che leggerà questa pagina penserà che nel 1979 già si potevano salvare i progressi di gioco…
Un aspetto positivo della pubblicazione è la parte finale in cui, prendendo spunto dai contenuti, suggerisce dei luoghi da visitare in Giappone.
Non saprei dire se è una consuetudine della collana, in quanto è questo il primo numero che acquisto.
Il piano completo dell’opera presente in seconda di copertina.
Forse si noterà in alcuni casi delle scan un po’ storte, magari in parte sarà colpa mia, ma il libro ha anche le pagine stampate storte…