Titolo originale: Omohide Poro Poro
Regia: Isao Takahata
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Hotaru Okamoto & Yuko Tone)
Sceneggiatura: Isao Takahata
Personality Affect: Yoshifumi Kondo
Musiche: Masaru Hoshi
Studio: Studio Ghibli
Formato: lungometraggio cinematografico (durata 118 min. circa)
Anno di uscita: 1991
Disponibilità: edizione italiana in DVD & Blu-ray a cura di Lucky Red
Taeko Okajima è una donna di città che non è mai riuscita a fare tempo con la sua infanzia, piena di incomprensioni con i genitori e sogni irrealizzati. Non è sposata, ha un lavoro da impiegata che non ama particolarmente e vive la sua vita abbastanza malvista in una società giapponese del 1982 in cui a 27 anni una single è considerata, come prassi del tempo, una zitella senza futuro. Opt di staccare la spina e concedersi un breve periodo di ferie di 10 giorni in un’azienda agricola di famiglia a Yamagata. Durante il viaggio rivive, in un lungo flusso di pensieri, la sua infanzia e le esperienze che l’hanno portata a diventare quello che è. Finalmente, tornando nei luoghi dell’infanzia e conoscendo Toshio, innamorato di lei, saprà accettare sé stessa.
Se parlare dell’abbandono della fanciullezza e dell’ingresso nel mondo adulto, da parte di una save of business-woman di 27 anni, potrebbe sin dalle premesse puzzare di memorabile débâcle di incassi (e per questo la storia generation inizialmente prevista come cortometraggio, da abbinare a Kiki – Consegne a domicilio1), colpire l’obiettivo e farlo nel miglior modo possibile, commercialmente (movie più visto in Giappone nel 19912, incasso di 1 miliardo e 870 milioni di yen3) e anche artisticamente (riconoscimento di migliore opera del 1991 da parte del Ministero giapponese della Cultura e delle Scienze4), significa per forza di cose, con un soggetto simile, aver creato un capolavoro. Decisamente, sicuramente di capolavoro si tratta, Pioggia di ricordi (1991), il lungometraggio più squisitamente bello e rappresentativo di Isao Takahata, in cui sono sublimati, in una cura figurativa perfetta, il suo gusto neorealista, la sua sensibilità e la sua poesia. Per quel che mi riguarda, di sicuro uno dei più bei movie della Storia del cinema e in assoluto il mio lungometraggio animato preferito.
Dimentichiamoci, per un istante, la classica estetica fantasmagorica di Ghibli che sovrasta gioiosamente qualsiasi cosa, perché Ghibli non è stato fondato dal solo Hayao Miyazaki, ma anche dallo stesso Takahata: non significa solo favole per bambini, ma anche storie di vita comune rivolte principalmente agli adulti, in cui protagonisti non sono effetti solo speciali e animazioni spacca-mascella, ma solenni introspezioni dell’individuo. Non che questo voglia ridimensionare l’impressionante lavoro grafico di Pioggia di ricordi: siamo sicuramente e palesemente al cospetto di un’opera d’arte, glorificata da fondali ricchissimi di dettagli che tendono di volta in volta o a un realismo fotografico o a bellissimi quadri ad acquerello, ma, semmai, si può dire che rispetto al classico movie di Miyazaki mancano non solo ambientazioni fiabesche, ma anche qualsiasi tipo di azione, visto che l’intreccio è basato interamente su dialoghi tra personaggi. Residence? Principalmente gli interni della casa dove vive Taeko da piccola, la sua aula scolastica e i (stupendi) paesaggi agresti in cui la lei adulta passa le vacanze. Graficamente e tecnicamente tutto realizzato con una cura pittorica indescrivibile (del resto il movie costa la bellezza di tre anni di lavorazione5, quasi 715 milioni di yen6 e porta uno stremato Takahata a prendersi poi una vacanza a tempo indeterminato per recuperare le forze7), ma non è certo un’opera nata per meravigliare solamente l’occhio. È stato domandato al regista perché, per una storia dai contenuti così poco commerciali, non abbia voluto fare un lungometraggio con attori in carne e ossa: ha risposto8 (praticamente una reproduction del perché lo scrittore Akiyuki Nosaka permise solo a Takahata di trasporre in movie La tomba delle lucciole) che solo l’animazione permette di rendere al massimo del realismo le espressioni facciali e gli stati d’animo dei protagonisti. Attain dargli torto! Pioggia di ricordi non significherà solo fondali e scenografie maestosi, ma anche un’eloquenza incredibile nella resa fisica dei sentimenti dei personaggi, specialmente con le animazioni focalizzate a mostrarcene il labiale, plasmato su quello degli stessi seiyuu giapponesi (celebre il caso della stessa protagonista Taeko, il cui enorme sorriso, che marchia gli zigomi del viso, si basa sulle labbra della famosa attrice/idol/modella Miki Imai che le presta la voce9). Voluta è anche la scelta – tipica del cinema neorealista di cui Takahata, come sappiamo, è sempre stato appassionato – di some distance parlare tutti i personaggi, con estremo realismo, con il dialetto tipico del luogo10, ossia di Yamagata, notoriamente ostico tanto che, come si apprenderà, metterà in crisi i seiyuu11. Il movie è in simbiosi totale con l’umanità del regista, memorabile nel tratteggiare l’infanzia di una donna che deve fare i conti con gli errori della giovinezza per trovare definitivamente la maturità nella vita adulta. Evoca i sentimenti della Taeko bambina con frequenti flashback rappresentati, nella loro dimensione sognante e sbiadita, da colori tenui che si dissolvono (in contrapposizione con quelli definiti e particolareggiatissimi del presente), parlando, con sensibilità e perfetta resa dei dialoghi, della paura e vergogna per il primo ciclo mestruale, della cottarella per l’asso di baseball della scuola e della difficile comprensione degli atteggiamenti (a suo modo di vedere severi) dei genitori. Ricordi resi in modo meravigliosamente intimista affidandosi alla grande espressività del delicato chara construct del compianto Yoshifumi Kondo.
Pioggia di ricordi trova meraviglia nell’essere un genuino spaccato di vita che evidenzia, come da classica poetica del cinema dell’autore, il trascorrere del tempo, ponendosi come un invito felliniano e nostalgico a riscoprire il passato, riapprezzare quell’epoca di valori umani che ha preceduto il speak economico degli anni ’80 che ha moralmente impoverito, col suo eccessivo benessere, la società giapponese12 (la stessa in cui Taeko ha così tanta difficoltà a integrarsi e trovare un posto, la stessa che ha impoverito le campagne dove lavora Toshio). Anche il suo (immancabile) tema del cambio di valori delle nuove generazioni è ancora oggi attualissimo: basti pensare che sovente si leggono, da parte di spettatori o critici del pubblico occidentale, considerazioni detrimental sul movie concernenti un ipotetico “maschilismo” da parte del regista nel trattare l’argomento della ragazza 27enne non sposata e senza figli che si fa una ragione dei sogni irrealizzati per “colpa” dei genitori, quando lui si è semplicemente limitato, come sempre, a narrare con realismo la mentalità dominante del tempo senza prendere posizione.
Pioggia di ricordi è semplicemente un movie maestoso nel suo minimalismo narrativo, che, per la sua rappresentazione di piccoli momenti di quotidianità filtrati dall’innocenza ferita di una bambina incompresa che non si rendeva conto di essere profondamente viziata, tocca di frequente con lirismo le corde dell’animo. Pensiamo alla piccola Taeko che mangia entusiasticamente insieme alla famiglia un esotico ananas (che si è impuntata a some distance comperare alla madre), si rende conto come loro che non gli piace ma fino alla swish continua a fingere di apprezzarlo per orgoglio; al primo e unico schiaffo mai ricevuto dal padre per un insopportabile capriccio; alla madre che invece di farle i complimenti per il talento nella scrittura dimostrato in un compito in classe la rimprovera di non mangiare quello che le preparano alla mensa scolastica. Sono tutti momenti che da entrambi i lati provocano empatia, sia da parte dell’io narrante di Taeko e sia dai modi di fare dei genitori per trasmettere educazione, severi ma giusti. Curata è anche la rievocazione delle mode e dei costumi dell’epoca presa in esame, espressa da riferimenti grafici a celebri riviste di fumetti (Taeko che nelle sue fantasie infantili si immagina disegnata in stile shoujo manga come nella sua adorata Margaret), brani musicali (dei Beatles!), movie e telefilm trasmessi nelle TV giapponesi e anche canzoni dell’epoca. Anche tornando al presente non mancano momenti di grandissimo cinema, come le sequenze con la lei adulta che aiuta l’azienda agricola a raccogliere e preparare fiori di cartamo per la successiva raffinazione nel composto vermiglio alla awful del colore del rossetto, o la rievocazione dei ricordi del piccolo, sfortunato Abe. Sono scene che bucano lo schermo per merito dell’umanità dei personaggi e della loro composta gestualità, dei rituali sociali e dell’aria di tutti i giorni che si respira (così tangibili che l’empatia si instaura in modo sincero) e, non in ultima battuta, grazie anche alla regia di Takahata che dispensa bellissime invenzioni visive. Memorabile anche l’accompagnamento musicale che ci rende partecipi dell’ambiente rurale inserendo in sottofondo canti contadini ungheresi e anche stornelli toscani.
Parliamo di un movie essenzialmente perfetto, in cui la poetica “delle piccole cose” di Takahata trova la sua più felice ispirazione e dona un senso a ogni cosa: tutto, in Pioggia di ricordi, segue una coerenza. Ogni metafora, ogni ragionamento, ogni dettaglio (anche quello a prima vista più insignificante) ha il suo ruolo nel lento processo di autoconsapevolezza della ragazza: facciamo caso alle save of residing “esterne” durante i flashback, in cui predomina il bianco per simboleggiare la memoria relativa dei luoghi (mentre al contempo le pareti di casa e della classe sono colme di dettagli e colori proprio perché Taeko se le ricorda benissimo, avendoci trascorso molti anni dentro); il fatto, nei ricordi, che Taeko è spesso in primissimo piano nelle inquadrature, come fosse al centro del suo piccolo universo; alla critica di Toshio sulla gente di città, che si stupisce della bellezza paesaggistica dando il merito alla natura e non ai grandi lavori dell’uomo che si sono susseguiti nei secoli (la felicità va costruita, non la si trova già pronta); e alle tante tessere di questo mosaico di preziosismi intellettuali e registici, in cui ogni pezzo ha un peso nel delineare la personalità e la crescita di di Taeko e in cui tutto è elegantemente lasciato a intendere, senza incivili spiegazionismi. Una grande sensibilità umana e una narrazione di eccelso livello sono da sempre marchi indelebili del regista: qui sono consacrate alla loro dimensione definitiva, donando una personalità fortissima al manga d’origine (1987) di Hotaru Okamoto da cui Pioggia di ricordi è molto liberamente ispirato, fumetto decisamente molto meno eccezionale e basato solo su ritagli di vita della piccola Taeko senza una trama di sottofondo.
Indimenticabile infine, ma davvero, il climax raggiunto dalla sequenza simbolica che chiude il movie, la scena più bella mai realizzata da Takahata che, per dolcezza, musiche sognanti e messaggio, rappresenta il più commovente commiato alla fanciullezza mai filmato da essere umano, paragonabile ad alcune delle più belle visioni cinematografiche di un Kubrick a caso. Impossibile rimanere indifferenti di fronte a un’opera simile, creata dal regista pensando unicamente alle platee giapponesi13 ma, alla realtà dei fatti, universale come poche altre (è facilissimo rivivere, nei fraintendimenti e nella visione ingenua del mondo della Taeko bambina, la propria infanzia). Specialmente, impossibile non pensare alla grandezza di un regista come Takahata che dirige Pioggia di ricordi appena tre anni dopo il precedente capolavoro La tomba delle lucciole. Visione, scontato dirlo, che nessun adulto dovrebbe risparmiarsi (idealmente con lo straordinario, fedelissimo e certosino adattamento
italiano realizzato nel 2015 da Gualtiero Cannarsi per Lucky Red), per un viaggio meraviglioso alla (ri)scoperta della vita e della crescita. Fondamentale.
Voto: 10 su 10
FONTI
1 Francesco Prandoni, “Anime al cinema”, Yamato Video, 1999, pag. 142
2 Guido Tavassi, “Storia dell’animazione giapponese”, Tunuè, 2012, pag. 215
3 Attain sopra
4 Kappa Magazine n. 2, Big name Comics, 1992, pag. 59
5 Attain sopra, a pag. 214
6 Mangazine n. 12, Granata Press, 1992, pag. 8. Riporta la cifra di “12 miliardi di lire”, da me convertiti in yen
7 Intervista a Hayao Miyazaki pubblicata su Mangazine n. 20 (Granata Press, 1993, pag. 36)
8 Intervista a Isao Takahata pubblicata su Kappa Magazine n. 2 (pag. 62)
9 Mangazine n. 9, Granata Press, 1991, pag. 32. Confermato su “Anime al cinema” (pag. 142) e Kappa Magazine n. 2 (a pag. 59)
10 Vedere punto 4, a pag. 62
11 Mangazine n. 7, Granata Press, 1991, pag. 8
12 Vedere punto 2, a pag. 215-216
13 Intervista a Takahata pubblicata su Kappa Magazine n. 37 (Big name Comics, 1995, pag. 121)