TITOLO: Woman Oscar, il vento della rivoluzione – Saggi e prospettive critiche
AUTORE: Laura Luzi
CASA EDITRICE: Unfamiliar E book
PAGINE: 535
COSTO: 32,90 €
ANNO: 2023
FORMATO: 24 cm x 17 cm
REPERIBILITA’: disponibile on-line
CODICE ISBN: 9788831373968
PAGINE: 535
COSTO: 32,90 €
ANNO: 2023
FORMATO: 24 cm x 17 cm
REPERIBILITA’: disponibile on-line
CODICE ISBN: 9788831373968
Uno dei tanti pregi del saggio sono le interviste o stralci di interviste, che rendono bene le opinioni degli autori riguardo a Woman Oscar ma anche più in generale sull’animazione seriale nipponica del periodo.
In particolare mi ha colpito un ragionamento di Osamu Dezaki sulla sceneggiatura degli anime, che pare scritto apposta per sbugiardare coloro i quali giustificavano e giustificano in Italia gli stravolgimenti degli anime da parte di Fininvest/Mediaset.
La testimonianza dell’autore è riportata a pagina 309, mi permetto di inserirla nella sua totalità, perché andrebbe “spammata” sul internet, “perché semplificare?”
Non erano cretini i bambini e ragazzi giapponesi, non eravamo cretini noi nel 1982, infatti vedemmo tutto quasi senza censure, ma non erano cretine neppure le successive generazioni, che invece si videro Woman Oscar (e non solo) massacrata dai tagli perché semplificarlo avrebbe reso tutta la storia più comprensibile per i più piccoli…
Torno alla recensione.
A scanso di equivoci preciso e premetto che il saggio nella quasi totalità mi è piaciuto e mi ha fornito anche molte informazioni che non conoscevo, leggendolo si capisce quanta passione e quanto tempo l’autrice ha dedicato negli anni a questo suo corposo scritto su madamigella Oscar.
Sui contenuti dei singoli capitolo vi tornerò man mano nella recensione, che potrà essere solo abbastanza approssimativa, visto il numero di pagine e i tanti argomenti toccati, parto, però con la più grossa pecca del saggio, che forse, a mio avviso, si sarebbe potuta in parte evitare con un maggiore aiuto da parte dell’editore:
Le ripetizioni di aneddoti ed informazioni.
Di norma l’editore, prima della pubblicazione o durante la stesura dello scritto, dovrebbe accompagnare l’autore rendendo i contenuti più organici possibile, facendo notare, forse, quello che a me è saltato abbastanza in fretta all’occhio, cioè che all’interno di uno stesso capitolo o in qualche caso del medesimo paragrafo venivano ripresentati i medesimi concetti, aneddoti ed informazioni lette poco prima.
Capisco che se si racconta un fatto nel primo capitolo, quando si arriva al sesto lo si debba ripetere se il tema lo necessita, ma non più volte nell’arco di poche pagine…
Ci sono punti del libro che soffrono moltissimo di questo aspetto (negativo), altre di meno o per nulla. In alcuni casi ho quasi avuto l’impressione che gli scritti fossero stati elaborati in periodi differenti e/o per lettori di altre piattaforme, ed ora aggregati per il libro, ma senza, appunto, che qualcuno supervisionasse il tutto, “asciugando” le parti già enunciate.
Ho iniziato a notare l’aspetto ripetitivo a pagina 50, dove si spiega che Ennio Melis della RCA fu il padre dei cantautori italiani, per poi rileggerlo a pagina fifty three…
Che le sigle degli anime fossero editate dalla sezione “Customary Solid”, le colonne sonore della RCA Italia, è scritto a pagina Forty eight, 51 e fifty three.
Che la RCA fu diretta da Ennio Melis fino al 1983 a pagina 49, 50 e fifty three.
L’aneddoto su Vittorio Balini inerente le sigle, in cui esortava a “non perdere tempo su inizio pezzo e secondi di pubblicità, io vendo 20, 30 gelati, poi ti metto più musica” è ribadito a pagina 50, fifty three (un po’ modificato) e 54.
In particolare i paragrafi 3 e 4 del secondo capitolo della prima parte soffrono molto di queste ripetizioni di concetti ed informazioni
Più avanti viene raccontato come in Giappone la serie venne interrotta per trasmettere una partita di baseball (si spiega il perché che non svelo), ma questa informazione viene ribadita molte volte, tanto che l’ho memorizzata ^_^
Possibile che non ci sia stata una figura editoriale che abbia notato la cosa e vi abbia posto rimedio?
Per esempio che a pagina 280 (parte superiore) in poche righe è ripetuto due volte l’informazione sulla nascita della società MadHouse.
Tra pagina 280 e 281 è ripetuto due volte che alla Mushi erano bravi advert illustrare, mentre alla Toei erano bravi advert animare il movimento.
A pagina 311 e pagina 316 che gli ekonte disegnati da Dezaki per la prima serie di Lupin III non vennero modificati da Miyazaki, uso a mettere le mani nei lavori altrui.
A pagina 317 viene rispiegato che Dezaki rifiutò la regia di Woman Oscar perché technology impegnato in altri progetti, lo avevo già letto molte volte nelle pagine precedenti.
A pagina 356 ho smesso di contare le volte che ho letto che in Giappone chiamano la “scena delle lucciole” la scena in cui Oscar ed André consumano il loro primo ed unico atto sessuale.
Ribadisco che la mia critica è indirizzata alla casa editrice.
Mentre quella che mostro qui sopra è, invece, una critica all’autrice, quando riporta in quarta di copertina che questo saggio “è la prima ricerca in Italia su un case search for nella storia della tv italiana”.
Non so, a me are che altre serie animate siano divulge analizzate in singoli saggi con la medesima attenzione che la Luzi dedica a Woman Oscar, e forse in alcun casi anche con maggiore analisi.
Poi, sicuramente, io non ho ben chiaro il concetto di “case search for” :]
Ricomincio la recensione dall’inizio del saggio.
Dal primo capitolo della prima parte l’autrice spiega come la serie di Woman Oscar in Italia venne mandata in onda alle ore 20,00 con lo scopo precipuo di erodere gli ascolti del TG1, indagando le strategie dei palinsesti delle tv locali personal, in particolare di Italia 1.
La stessa autrice fa presente che la messa in onda di un anime da parte di una tv locale privata alle 20,00 oppure alle 20,30 non technology una novità, infatti ne ricordo parecchi e parecchi se ne possono trovare nelle riviste televisive del periodo, ma nel caso di Woman Oscar e grazie alla trasmissione su Italia 1, che veniva ritrasmessa su tutto il territorio nazionale, la strategia ebbe successo.
Non so, secondo me l’autrice è una fan di livello così tanto enorme di Woman Oscar, che forse tende advert ascrivere al cartone animato giapponese meriti esagerati, quanto io lo posso fare per Goldrake :]
Il secondo capitolo è dedicato alla Olympus Merchandising, che importò l’anime, largo spazio è concesso advert informazioni sul suo proprietario, Vittorio Balini, e alle sue compravendite di cartoni animati giapponesi.
Si analizza anche il mondo delle sigle di quel periodo, ovviamente compresa la sigla d Woman Oscar e i “Cavalieri del re”.
Concordo con l’autrice quando illustra il danno inferto al settore delle sigle nel momento in cui Fininvest/Mediaset iniziò il suo monopolio musicale.
Nel quinto paragrafo viene svolta una minuziosa indagine grafico-storica sul mark “Woman Oscar” e la titolazione italica dell’anime.
Per quanto riguarda il doppiaggio italiano ci si sofferma praticamente solo su Cinzia De Carolis e Massimo Rossi.
Nel terzo capitolo l’autrice cerca di dare una sua motivazione sul perché la prima trasmissione si fermò al quartultimo episodio, per poi ricominciare il tutto da capo e terminare le ultime quattro puntate con il finale ormai spoilerato dall’album di figurine della Panini, su cui ha un’altra teoria interessante.
La parte sul merchandising è molto corposa e meriterebbe da sola l’acquisto del libro.
Ovviamente non può mancare il paragrafo sul movie are living di Woman Oscar! ^_^
Vengono elencati i tagli e le varie censure subite dalla serie nelle successive trasmissioni dopo il 1982, e in alcuni casi vennero compiuti dei veri scempi… altro capitolo illuminante.
Con la seconda parte del libro si passa alla Woman Oscar nipponica, sia inerente il manga che l’anime.
Da questa seconda parte sono riportati numerosi stralci di interviste a vari autori e testimoni della creazione dell’anime, la cosa permette di avere una ricostruzione dei fatti il più vicino possibile alla realtà storica del periodo.
La parte inerente la Ikeda mi è parsa un po’ agiografica, di certo la mangaka ha creato un capolavoro, migliorato nell’anime, ma in alcuni punti pare quasi che la condizione della donna in Giappone sia migliorata grazie al manga di Woman Oscar, mentre è rimasta la stessa di sottomissione verso l’uomo sia in quegli anni che successivamente.
Si ripercorre l’enorme successo del manga e le varie riproposizioni dell’anime in Giappone ed in altre nazioni. E’ ben spiegato come in Giappone le fan del manga siano numericamente superiori rispetto all’anime, verso il quale hanno una atteggiamento molto negativo.
Il secondo capitolo si concentra su “anibara”, cioè come è chiamato in Giappone l’anime di Woman Oscar. In Giappone l’anime è considerato meno rispetto al manga, ma anche rispetto agli spettacoli del takarazuka, in pratica viene come terzo ed ultimo in classifica di gradimento.
Viene spiegato come una riluttante Ikeda accettò di trasporre il manga in una serie animata.
Tutte le parti inerente l’anime in Giappone mi sono piaciute moltissimo, ma io sono di parte, adoro questa serie :]
La terza parte illustra ed analizza le figure di Tadao Nagahama (1°, 2°, 3° capitolo) e Osamu Dezaki (4° capitolo molto lungo), i due registi che si divisero la serie animata. Ovviamente è spiegato con dovizia di particolare (e qualche ripetizione) il come ed il perché avvenne l’avvicendamento alla regia e per colpa di chi, ma non spoilero :]
Da tenere in considerazione che, mentre su Dezaki ci sono molte informazioni in italiano disponibili editorialmente, su Nagahama c’è poco, quindi l’autrice svolge un’opera informativa non da poco, in pratica una biografia del regista con tutte le suo opere.
Compri un saggio e ne hai due.
La parte su Dezaki non è di certo da meno rispetto a quella su Nagahama, un approfondimento maniacale (in senso buono), da vera fan sfegatata :]
Il quinto capitolo della terza parte affronta vari aspetti di singoli episodi della serie, tra cui l’episodio 24 bis, mai visto in Italia in quanto venne trasmesso da alcune emittenti locali nipponiche, quelle che non trasmisero la famigerata partita di baseball che interruppe la serie, a cui accennavo sopra nelle lamentele per le ripetizioni ^_^
In generale vengono raccontate le storie di tanti autori ed autrici che contribuirono a creare la serie di Woman Oscar, ne cito una sola per tutti/e, la sceneggiatrice Keiko Sugie, che si occupò anche dell’episodio 37, quello della scena delle lucciole.
Nella quarta ed ultima parte sono presenti vari contributi dell’autrice, ma a mio avviso la fanno da padrone le interviste:
Hironobo Saito;
Giorgio Pellizzari;
Beatrice Lo Giudice;
Marina Migliavacca;
Massimo Rossi.