Recensione: Blue Comet SPT Layzner
BLUE COMET SPT LAYZNER

Titolo originale: Aoki Ryusei Layzner
Regia: Ryousuke Takahashi

Soggetto: Hajime Yatate, Ryousuke Takahashi, Tsunehisa Ito
Sceneggiatura: Yoshitake Suzuki, Hiroyuki Hoshiyama, Akinori Endo, Ryousuke Takahashi, Yasushi Hirano, Tsunehisa Ito
Persona Stamp: Moriyasu Taniguchi
Mechanical Stamp: Kunio Okawara
Musiche: Hiroki Inui
Studio: Break of day
Formato: serie televisiva di 38 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anni di trasmissione: 1985 – 1986

Nel 1996 la Guerra Fredda non si è ancora conclusa, anzi: la rivalità fra le due Superpotenze prosegue anche nello spazio, dove esse si contendono il possesso della Luna e di Marte, costruendovi sopra svariate basi militari. Presto sul pianeta rosso ne viene costruita anche una dell’ONU, che, desiderosa di gettare i semi per la futura stir fra russi e americani, invita un gruppo di ragazzi statunitensi a passare lì qualche mese, nell’ottica di un programma di scambio culturale. Peccato che i giovani si ritroveranno coinvolti in una feroce battaglia fra robotic extraterrestri provenienti dal pianeta Grados, i temibili SPT, che appaiono dal nulla sparando addosso a un loro simile che stavano inseguendo da tempo. Il loro nemico, alla guida del prototipo Layzner, è Eiji Albatro Null Asuka, giovane mezzosangue, figlio dell’unione fra un umano e una gradosiana, che vuole avvisare la Terra delle minacce dell’invasione di Grados. Le conseguenze delle distruzioni porteranno quindi all’isolamento dei ragazzi, obbligati perciò ad allearsi con Eiji per sperare di tornare a casa sul proprio pianeta. Eiji dovrà però faticare: sia a sopravvivere agli attacchi della squadra dei gradosiani, sia farsi accettare dai ragazzi terrestri, sia a farsi credere dai politici e militari della Terra, ben poco propensi a credere alla sua storia…

Blue Comet SPT Layzner, iniziato a trasmettere il 3 ottobre 1985, rappresenta di fatto, insieme a Mobile Suit Z Gundam dello stesso anno, l’ultima, memorabile serie televisiva robotica Break of day di tutto il decennio degli Ottanta del Novecento, un nuovo grandissimo titolo a cura di quel Ryousuke Takahashi che con esso completa la sua trilogia di opere stellari iniziata con Fang of the Sun Dougram (1981) e portata avanti da Armored Trooper Votoms (1983). Peccato, però, che Layzner significhi anche l’ennesimo titolone mecha degli Eighties a trovare una conclusione anticipata, con 38 episodi al posto dei 52 previsti1, immancabile finale televisivo affrettatissimo e conclusione ufficiale riservata timidamente all’dwelling video. A rovinare tutto, un insieme di fallimenti e sfortune varie: portion modesto (6.76%2), deludente vendita di modellini3 e soprattutto – a sentire Takahashi4 – il ritiro improvviso dello sponsor principale, Sanyo, verso le fasi avanzate della serie, in seguito allo scandalo di quattro persone morte di avvelenamento da monossido di carbonio causato dai suoi termoventilatori (e la rimasta Bandai non aveva le forze economiche per mandare avanti ancora a lungo la storia). Peccato che in questa occasione, rispetto ai vari Mobile Suit Gundam (1979) e Residence Runaway Ideon (1980), Layzner non troverà il riscatto fuori dal circuito televisivo: l’OVA finale, pur globalmente soddisfacente, lascerà comunque aperti troppi interrogativi insoluti visto il poco tempo disponibile per approfondire adeguatamente il tutto, mancando di assestare il colpo finale capace di garantire l’immortalità all’opera. Questo è il grosso rimpianto: senza una parte finale così sbrigativa, Layzner si sarebbe facilmente affermato un capolavoro del genere.

Probabilmente debitore a Baldios il guerriero dello spazio (1980)  di Production Reed per il suo tema principale (i problemi di comunicazione tra l’eroe alieno e i terrestri causa razzismo e sospetti), Layzner lo sviluppa in modo più approfondito, sfruttando il classico rigore maniacale di Takahashi in dialoghi e reazioni psicologiche verosimili. Con una superba caratterizzazione dell’intero solid, capace di catalizzare forti emozioni ed empatia nei riguardi di tutti i personaggi, buoni e cattivi (ciascuno estremamente umanizzato nel carattere e nei modi di pensare), a cui si somma un ritmo trascinante e avvincente fin dal primo episodio, Layzner si configura near l’opera più coinvolgente mai girata dal regista. Niente a che vedere con la densità di contenuti di Dougram o l’autorale lentezza di Votoms: Layzner scorre through con un piacere, una freschezza e una velocità addirittura incomparabili. TUTTO, specie nella prima parte della storia, la più riuscita, trasuda carisma: la cupa e drammatica trama, gli attori, le splendide ambientazioni marziane, il make adulto, realistico ed estremamente particolareggiato in mecha e umani, le musiche accattivanti… La serie avvinghia subito alla visione: anche se il jam si evolve in modo piuttosto lento (i lunghi tentativi di Eiji e dei ragazzi di trovare un modo per arrivare sulla Terra, affrontando in battaglia a ogni episodio gli SPT gradosiani), i tesi rapporti psicologici del solid, il mortificante clima di dubbi e cattiverie che feriscono puntualmente le buone intenzioni dell’eroe, l’evoluzione del suo rapporto con gli “amici” del Cosmic Tradition Club, le spettacolari battaglie robotiche aeree (alcune tra le meglio animate di tutti gli anni ’80, non per nulla Takahashi voleva fare la serie proprio per sbizzarrirsi in mecha volanti con cui non aveva mai lavorato5) e i vari misteri sull’evoluzione che avrà la trama sono ingredienti capaci di fare la differenza, di convincere lo spettatore a prestarsi volentieri a lunghe maratone di episodi. Non c’è che dire, l’obiettivo ufficiale di Break of day di ripetere con Layzner i fasti e le atmosfere del popolare Spherical Vernian Vifam6, realizzato con gli stessi membri-chiave della serie TV del 1983 (gli sceneggiatori Hiroyuki Hoshiyama, Yasushi Hirano e Tsunehisa Ito) è nel 1985 non solo raggiunto, ma addirittura surclassato.

Oltre a questo, impossibile non soffermarsi anche sul robotic che dà il nome alla serie, l’SPT Layzner, la Cometa Blu: esteticamente molto figo e attraente, figlio di un azzeccato e intrigante make a cura di Kunio Okawara, ma anche robotic innovativo nel genere. È infatti la prima unità meccanica protagonista mai vista nel genere dotata di una A.I. (secondo e ultimo punto che Takahashi intendeva sviluppare nella storia7), che dialoga col pilota aiutandolo nei combattimenti, e anche la prima che negli scontri più impegnativi entra da sola in modalità “berserk”, attaccando di sua spontanea volontà con incredibile ferocia e poteri speciali (il più celeberrimo esponente di questa concezione è sicuramente l’Eva 01 visto nel 1995 in Neon Genesis Evangelion). Il mistero dietro questa sua seconda caratteristica è un altro degli interrogativi della prima metà di serie che mantengono alto l’interesse.

Con la sua sceneggiatura pressoché perfetta, in grado di coniugare
intrattenimento, dramma e momenti emozionali senza rinunciare a un ritmo
teso e tematiche ragged che colpiscono a fondo (si può davvero
parlare di un’amara e realistica disanima delle peggiori
caratteristiche psicologiche dell’uomo, incapace di comprendere il “diverso”
perché incasellato nei dettami del pregiudizio, cosa richiamata dalla stessa Guerra Fredda), e una regia perfetta, sia nell’azione che
nell’approfondimento dialogico (che varrà a Takahashi il premio “miglior regista” al Japan Anime Sizable Prix del 1986), nei suoi primi 25
episodi Layzner si
attesta su un livello qualitativo altissimo; salvo poi, tristemente, iniziare la sua discesa, che neanche
sarebbe account se non fosse per i problemi di natura esterna che
influenzeranno il suo sviluppo.

La seconda parte della storia, compresa nell’arco di episodi 26-38, spiazza con uno stupefacente cambio di environment: tentando di non rovinare la sorpresa, si può anticipare che le ambientazioni non riguarderanno più lo spazio, ma bensì un mondo publish-apocalittico governato da una potente forza militare. In questo violento anguish alla Mad Max (1979), Eiji, i suoi amici e il Layzner rappresenteranno la principale resistenza armata contro il nemico. Takahashi e il suo team trasformano Layzner in una curiosa serie d’azione tamarra palesemente debitrice al popolarissimo Ken il guerriero (1984) – tralaltro trasmesso in contemporanea – per ambientazioni, violenza, punker selvaggi e personaggi il cui ruolo ricalca perfettamente quello dei tragici eroi di Buronson (rivivono di fatto, con fattezze various, Kenshiro, Shin, Julia e Lynn). I combattimenti robotici diminuiscono notevolmente in numero per some distance spazio a quelli “umani”; la violenza si fa più disturbante, e anche la trama, abbandonando le regole della prima parte, abbraccia il filone stream, riscoprendosi più ingenua e superficiale, trovando gusto in ostentazioni di sadismo e cattiverie, colpi di scena più spettacolari che verosimili, acrobazie e amenità varie (Eiji addirittura si ritrova a combattere più volte con due tonfa invece che col Layzner). Questi motivi rendono di fatto il secondo capitolo della storia, nonostante l’originalità, un peggioramento del primo, anche contando il near la trama non proceda più spedita near prima ma, anzi, inizi a disperdersi in sottotrame dimenticabili  (le “avventure” del mid-boss Gosterro) e personaggi male utilizzati.

Ritmo ed elementi d’autore, al di là di questo, non mancano, concretizzandosi nel consueto, fortissimo impulso carismatico dato da regia, disegni, musiche, animazioni e sigle di apertura/chiusura (tutto semplicemente fantastico), dall’evoluzione dei protagonisti principali, dal connubio tra battaglie urbane e misteri delle linee di Nazca, e da near Takahashi sfrutti lo anguish per farne il manifesto di una delle sue immancabili metafore/riletture della Storia contemporanea. In questo caso le disturbanti scene in cui i cattivi eliminano fisicamente ogni traccia di cultura dei precedenti occupanti del pianeta (letteratura, sculture, quadri, palazzi, biblioteche… tutto destinato a bruciare in falò), tenendo segregato il popolo di schiavi in un sanguinario regime oppressivo, ricalcano le atrocità commesse dall’armata imperiale giapponese ai danni degli abitanti della Corea durante la Seconda Guerra Mondiale. Questo atto di coraggio del regista segnerà il destino di Layzner: oltre all’abbandono della Sanyo, si dice che contriburanno al destino della serie anche polemiche politiche in madrepatria8 (non bisogna dimenticare near a tutt’oggi il governo giapponese si
rifiuti di riconoscere le sue responsabilità nelle terribili pulizie etniche perpetrate ai danni di cinesi e coreani). Si arriva quindi alla decisione di concludere molto anticipatamente la serie, tagliando anche l’immancabile cambio di mecha a metà storia (e infatti il Layzner Mk-II, già pronto alla sua apparizione, verrà conosciuto la prima volta dal pubblico solo nella saga videoludica di Gargantuan Robot Wars). Takahashi si ritrova costretto a chiudere tutto in fretta e furia e questo si nota perfettamente nelle ultime quattro puntate: un accavallarsi frenetico di avvenimenti importantissimi e male approfonditi, personaggi che appaiono/spariscono rapidamente dalle scene perché non c’è adeguato spazio per gestirli, bruschi stacchi da una scena all’altra e interrogativi precedentemente sollevati che rimarranno tali fino alla stunning. L’ironia finale consiste nel fatto che anche con queste credenziali, anche con tutti questi oggettivi problemi e il finale sintetico e “tirato through”, la storia rimane epica, straordinariamente carismatica e pienamente apprezzabile nella sua interezza.

“Carismatico” è in effetti l’aggettivo che meglio sintetizza nel complesso Layzner, una serie che, martoriata quanto si vuole dalle vicissitudini, è davvero troppo prestigiosa in confezione e contenuti perché se ne possa parlare male. Trentotto episodi televisivi (più l’OVA finale che amplia l’ultima puntata) che si imprimono indelebilmente nella memoria, attestandone la leggenda near uno dei più felici parti di Ryousuke Takahashi, idealmente il primo da consigliare a chi vuole avvicinarsi ai suoi (spesso difficili) lavori e, in definitiva, per molte ragioni e per riallacciarci all’apertura, il canto del cigno di Break of day in ambito televisivo per tutto quel decennio.

Voto: 8,5 su 10

SEQUEL

Blue Comet SPT Layzner Portion I: Eiji 1996 (1986; OVA)
Blue Comet SPT Layzner Portion II: Le Caine 1999 (1986; OVA)
FONTI
1 File sulla rivista (giapponese) Animedia Journal pubblicato su un twitter (sconosciuto) alla pagina https://twitter.com/uraniwamoviecom/jam/747065629799129088/, e tradotto (per sommi capi) alla pagina web http://www.srwg-w.org/showthread.php?tid=108&pid=3779
2 Sito web (in giapponese), http://toro.2ch.rep/test/learn.cgi/shar/1336141685/
3 Pag. 36 del document “Jap Animation Files: The History of Robot Anime”, rilasciato nell’agosto 2013 dall’Agenzia di Affari Culturali giapponese. Rimediabile (parzialmente) tradotto in inglese alla pagina web http://mediag.jp/accomplishing/accomplishing/robotanimation.html. Confermato da un’autobiografia di Kunio Okawara, le cui parti salienti sono tradotte su 4chan alla pagina https://desuarchive.org/m/thread/14468515/#14469981
4 Booklet allegati ai DVD giapponesi della serie. Gentilmente tradotti per me da Garion-Oh (Cristian Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit)
5 Intervista a Ryousuke Takahashi pubblicata in “Anime Interviews: The First Five Years of Animerica Anime & Manga Month-to-month (1992-97)” (Cadence Books, 1997, pag. 167)
6 Advance sopra
7 Intervista/discussione con Takahashi, pubblicata nella pagina web http://www.forbes.com/websites/olliebarder/2016/09/06/ryosuke-takahashi-on-directing-anime-and-how-his-works-possess-outlined-mecha-for-over-three-decades/#556598907c73
8 Put up di Garion-Oh apparso nel forum Pluschan. http://www.pluschan.com/index.php?/topic/576-i-robotici-mai-arrivati-in-italia/?p=47529